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Dioscorea elephantipes

Dioscorea elephantipes

Il piede d’elefante (Dioscorea elephantipes (L’Hér.) Engl., 1908) è una specie arbustiva appartenente alla famiglia delle Dioscoreaceae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Plantae,
Classe Liliopsida,
Ordine Liliales,
Famiglia Dioscoreaceae,
Genere Dioscorea,
Specie D. elephantipes.
È basionimo il termine:
– Tamus elephantipes L’Hér..
Sono sinonimi i termini:
– Dioscorea elephantopus Spreng.;
– Dioscorea montana (Burch.) Spreng.;
– Dioscorea testudinaria R.Knuth;
– Rhizemys elephantipes (L’Hér.) Raf.;
– Rhizemys montana (Burch.) Raf.;
– Testudinaria elephantipes (L’Hér.) Burch.;
– Testudinaria elephantipes (L’Hér.) Dickson;
– Testudinaria elephantipes Lindl.;
– Testudinaria elephantipes f. montana (Burch.) G.D.Rowley;
– Testudinaria montana Burch..

Etimologia –
Il termine Dioscorea è in onore del medico, botanico e farmacista Pedanio Dioscoride Anazarbeo (di Anazarbo, Asia Minore), vissuto nel I secolo d.C., noto principalmente come autore del trattato Sulle erbe mediche.
L’epiteto specifico elephantipes è in riferimento alla somiglianza di parte della pianta con la zampa di elefante.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
La Dioscorea elephantipes è una pianta originaria dell’interno arido del Sud Africa.
Di recente è stata rinvenuta in un’area della provincia del Capo settentrionale da una spedizione che raccoglieva semi per il progetto Millennium Seed Bank.
Il suo habitat naturale sono le aride regioni interne del Capo, che si estendono dal centro del Capo Settentrionale (dove si trova intorno allo Springbok), a sud fino all’area di Clanwilliam e Cederberg, e ad est attraverso i distretti di Graaff Reinet, Uniondale e Willowmore, come fino a Grahamstown, dove cresce tra 150 e 1.200 metri sul livello del mare, nelle regioni aride del karroide. Si rinviene su rocce esposte alle intemperie, su pendii sassosi e aridi, sotto la protezione dei cespugli spinosi e succulenti come Carissa haematocarpa (Eckl.) A. DC. assieme a diverse specie appartenenti ai generi Gymnosporia, Rhus, Aloe e Crassula.
In quest’area è più comune sui pendii rocciosi esposti a nord e ad est, in terreni a base di quarzo o scisto.

Descrizione –
La Dioscorea elephantipes è una pianta dioica, arbustiva, rampicante, decidua, che cresce molto lentamente ma spesso raggiunge dimensioni considerevoli, spesso superiori a 3 m di circonferenza con un’altezza di quasi un metro dal suolo e un peso massimo stimato in 365 kg.
Presenta un fusto bombato ed emisferico (tubero detto caudice) parzialmente interrato, non ramificato, legnoso, di consistenza dura ma succulenta all’interno e coperto all’esterno da una spessa corteccia grigio-marrone, che con l’età diventa profondamente screpolata in piastre poligonali prominenti.
Negli esemplari giovani la superficie del tubero assomiglia al carapace di tartaruga mentre nelle piante adulte si divide in pezzi irregolari, simili al sughero, e nella sua interezza assomiglia a un piede di elefante.
Dal tubero di questa pianta si sviluppano i fusti aerei volubili che possono raggiungere i 10 m di altezza con foglie alterne, aventi lamine da intere a lobate (a forma di cuore) di colore verde lucido.
I fiori sono formati da sei elementi uguali (tepali) molto piccoli e di colore giallo-verde, raggruppati in infiorescenze racemose a spiga e compaiono, nell’habitat naturale, normalmente a maggio o a giugno.
I fiori femminili hanno tepali color senape e presentano un ovario infero triloculare.
I fiori maschili hanno stami lunghi quasi quanto i tepali, in numero di 6, con antere oblunghe o globose, color giallo chiaro portate da filamenti filiformi.
L’impollinazione è entomofila per opera di api e bombi.
L’ovario a maturità produce una capsula di 2,5 cm di colore marrone chiaro contenente fino a sei semi con ala membranacea.
I semi vengono liberati a settembre e ottobre. La pianta nel suo ambiente naturale va in riposo durante l’estate calda e secca e cresce nei mesi invernali e primaverili.

Coltivazione –
La Dioscorea elephantipes è una pianta che prende il nome per via del suo grande fusto tuberoso, parzialmente sepolto. Questo è ricco di amido, da cui anche il nome di pane degli Ottentotti, ed è ricoperto all’esterno di lastre spesse, dure e sugherose.
È una pianta dioica, cioè a sessi separati, i cui fiori maschili e femminili sono prodotti su piante diverse.
È una pianta di facile coltivazione, tuttavia richiede un terreno estremamente grossolano, ben drenato e annaffiature scarse.
Per la sua coltivazione fuori dal suo areale bisogna avere un substrato con sabbia e granulato di argilla. Siccome questa pianta cresce naturalmente in cespugli su pendii rocciosi, richiede un terreno estremamente ben drenato, con una grande componente minerale (almeno il 50%).
La pianta, durante la stagione di crescita, va innaffiata quando il substrato è asciutto e quest’operazione va fatta in giornate luminose e calde per ridurre al minimo il rischio di marciume. Bisogna evitare assolutamente di far entrare acqua nel punto da cui crescerà il nuovo germoglio.
Se le foglie sono assenti, durante il periodo di riposo estivo, le innaffiature vanno ridotte al minimo o sospese. La concimazione di norma va fatta mensilmente, ma in estate con una quantità maggiore di azoto e minore di potassio.
Essendo una pianta a crescita invernale, non si deve dare acqua sino a quando inizia a dare i primi cenni di ripresa vegetativa. Il caudice va tenuto in ombra o mezz’ombra, mentre le foglie possono stare in piena luce in modo da favorire la fotosintesi clorofilliana.
Se le temperature si mantengono sopra i 5 °C, non è necessario ricoverare la pianta. Durante il periodo vegetativo se la temperatura sale, la pianta rischia di rientrare in dormienza con la perdita dei germogli aerei. Nelle località a clima freddo le piante vanno tenute all’aperto da metà maggio a fine settembre e poi messe in serra con temperatura di 12-15 °C, e non oltre, affinché l’ambiente sia il più fresco possibile per mantenere il controllo sulle popolazioni di parassiti come cocciniglie, acari rossi e tripidi.
Questa pianta si propaga per seme e può esser coltivata in vasi di terracotta per consentire la presenza di più ossigeno nella miscela d’invasatura e anche per garantire un migliore drenaggio.
I semi, che sono alati, vanno interrati in contenitori a fondo basso, possibilmente su bancali riscaldati, a una profondità al massimo di 4-5 cm. La germinazione è agevolata dalla luce indiretta.

Usi e Tradizioni –
La Dioscorea elephantipes è una pianta conosciuta con alcuni nomi, tra cui si riportano: elephant’s foot, Hottentot bread (inglese); pane degli Ottentotti, zampa di elefante, pianta tartaruga (italiano); pied d’éléphant (francese).
Il tubero di questa pianta contiene livelli molto elevati di saponine steroidee di valore commerciale come la diosgenina che si utilizza come molecola base per la sintesi commerciale di steroidi come il cortisone, il pregnenolone, il progesterone e altri prodotti di natura steroidea (es. pillole anticoncezionali).
Le piante selvatiche, in passato, sono state soggette a massiccia raccolta da parte di collezionisti senza scrupoli o da parte dalle popolazioni indigene “khoikhoi” dell’Africa meridionale, dagli Olandesi chiamati Ottentotti, sia per uso medicinale sia alimentare. Quest’ultimo uso però ha bisogno di una lunga lavorazione per rimuovere i composti tossici e pertanto adesso i tuberi si consumano solo in tempi di carestia.

Modalità di Preparazione –
La Dioscorea elephantipes è una pianta che viene utilizzata, nel suo areale naturale, sia per uso medicinale che alimentare.
In passato i tuberi venivano mangiati dagli indigeni del Sud Africa, dopo un’importante lavorazione per rimuovere i composti tossici. A causa del grande sforzo richiesto per ottenere materiale commestibile, oggigiorno tali tuberi vengono normalmente consumati solo in tempo di carestia.

Guido Bissanti

Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– GBIF, the Global Biodiversity Information Facility.
– Useful Tropical Plants Database.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore.

Fonte foto:
https://inaturalist-open-data.s3.amazonaws.com/photos/57493767/original.jpeg

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.




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