Diversità, Creatività ed Evoluzione
Diversità, Creatività ed Evoluzione
Il secolo trascorso (e molte speculazioni filosofiche, scientifiche e politiche) si è fondato sulla convinzione che il raggiungimento di una maggiore efficienza sociale, economica e produttiva passava dalla unificazione, uniformazione ed omologazione del tutto.
Lo sviluppo della società vedeva nella diversità un ostacolo a molte conquiste e così dalla biologia alla filosofia la presenza di diversità (culturali, ambientali, sociali ecc.) era considerata un ostacolo al “progresso” dell’umanità.
Senza enunciare le vergogne dei genocidi in nome della perfezione di una razza su un’altra e senza elencare i tentativi di emarginazione del “diverso”, cosa purtroppo sempre presente, il tentativo di standardizzare cose, culture o persone aveva come progenitrice l’ideologia del controllo o del dominio su qualcuno.
Che tale ideologia sia stata di potere politico o di mercato poco conta, come avrebbe detto il Machiavelli: “il fine giustifica i mezzi”.
In un sistema molto differenziato infatti il fluire dei saperi, delle energie, dei modelli e delle culture è molto più complesso, in pratica poco controllabile. Ma la molteplicità delle forme e delle sostanze (Aristotele, 384-324 a.C.) attribuisce al Sistema maggiore solidità, in quanto la trasmissione delle energie avviene a livelli più bassi e più frazionati.
Un sistema polidiverso è in definitiva la base di una solida democrazia sociale oltre che di un equilibrato modello di distribuzione di masse ed energie.
La natura fonda la sua stabilità proprio su questo principio, tant’è che la biodiversità è diventato uno dei principi fondamentali su cui costruire un futuro sostenibile.
La sostenibilità del nostro futuro non è pertanto basata su aspetti tecnologici o semplicemente energetici; è un errore in cui cadono molti scienziati e politici. Essa è fondata sulla necessità di comprendere, e quindi promuovere, la diversità di ogni forma e sostanza presente sul nostro pianeta.
Quando in nome della politica o del mercato promuoviamo uniformità e omogeneità costruiamo sistemi poco stabili e per questo destinati a crollare rovinosamente.
Le guerre sono i modelli antropici di questi sistemi e la vera pace dell’umanità può nascere solo in presenza di diversità.
Promuovere questa equivale a promuovere la pace. Le marce e le manifestazioni per ottenerla sono belle e coreografiche ma servono a ben poco se non promuoviamo una cultura della diversità
Nel 2001, lo stesso UNESCO ha ampliato il concetto di sviluppo sostenibile indicando che “la diversità culturale è necessaria per l’umanità quanto la biodiversità per la natura (…) la diversità culturale è una delle radici dello sviluppo inteso non solo come crescita economica, ma anche come un mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale, morale e spirituale”.
Il riconoscimento e lo sviluppo della cultura locale, della lingua locale, delle tradizioni locali. È il metodo per valorizzare le potenzialità e la figura degli esseri umani e dell’ambiente in cui sono ad operare. (Art. 1 e 3, Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, UNESCO, 2001). In questa visione, la diversità culturale diventa il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile, accanto al tradizionale equilibrio delle tre E.
Purtroppo e spesso i detentori del potere non amano la diversità perché con essa non si può scendere a compromessi; la diversità è l’effetto della Vita e chi ostacola essa ostacola la stessa Vita.
Senza enunciare le vergogne dei genocidi in nome della perfezione di una razza su un’altra e senza elencare i tentativi di emarginazione del “diverso”, cosa purtroppo sempre presente, il tentativo di standardizzare cose, culture o persone aveva come progenitrice l’ideologia del controllo o del dominio su qualcuno.
Che tale ideologia sia stata di potere politico o di mercato poco conta, come avrebbe detto il Machiavelli: “il fine giustifica i mezzi”.
In un sistema molto differenziato infatti il fluire dei saperi, delle energie, dei modelli e delle culture è molto più complesso, in pratica poco controllabile. Ma la molteplicità delle forme e delle sostanze (Aristotele, 384-324 a.C.) attribuisce al Sistema maggiore solidità, in quanto la trasmissione delle energie avviene a livelli più bassi e più frazionati.
Un sistema polidiverso è in definitiva la base di una solida democrazia sociale oltre che di un equilibrato modello di distribuzione di masse ed energie.
La natura fonda la sua stabilità proprio su questo principio, tant’è che la biodiversità è diventato uno dei principi fondamentali su cui costruire un futuro sostenibile.
La sostenibilità del nostro futuro non è pertanto basata su aspetti tecnologici o semplicemente energetici; è un errore in cui cadono molti scienziati e politici. Essa è fondata sulla necessità di comprendere, e quindi promuovere, la diversità di ogni forma e sostanza presente sul nostro pianeta.
Quando in nome della politica o del mercato promuoviamo uniformità e omogeneità costruiamo sistemi poco stabili e per questo destinati a crollare rovinosamente.
Le guerre sono i modelli antropici di questi sistemi e la vera pace dell’umanità può nascere solo in presenza di diversità.
Promuovere questa equivale a promuovere la pace. Le marce e le manifestazioni per ottenerla sono belle e coreografiche ma servono a ben poco se non promuoviamo una cultura della diversità
Nel 2001, lo stesso UNESCO ha ampliato il concetto di sviluppo sostenibile indicando che “la diversità culturale è necessaria per l’umanità quanto la biodiversità per la natura (…) la diversità culturale è una delle radici dello sviluppo inteso non solo come crescita economica, ma anche come un mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale, morale e spirituale”.
Il riconoscimento e lo sviluppo della cultura locale, della lingua locale, delle tradizioni locali. È il metodo per valorizzare le potenzialità e la figura degli esseri umani e dell’ambiente in cui sono ad operare. (Art. 1 e 3, Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, UNESCO, 2001). In questa visione, la diversità culturale diventa il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile, accanto al tradizionale equilibrio delle tre E.
Purtroppo e spesso i detentori del potere non amano la diversità perché con essa non si può scendere a compromessi; la diversità è l’effetto della Vita e chi ostacola essa ostacola la stessa Vita.
Guido Bissanti