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In Europa aumenta il divario tra obiettivi al 2030 e uso di Pesticidi

In Europa aumenta il divario tra obiettivi al 2030 e uso di Pesticidi

Da quando nel 1996, con la Conferenza di Cork, l’Unione Europea prese coscienza della necessità di un nuovo percorso rurale è trascorso più di un quarto di secolo.
Eppure quel 9 novembre, dopo tre giorni di lavoro, si concluse con una consapevolezza nuova: “La consapevolezza che l’80 % del territorio europeo è un territorio rurale e che ospita il 25 % della popolazione richiede un’attenzione nuova e differente sulla sua gestione politica che deve coinvolgere l’intero territorio europeo che, pur nella sua variabilità, rappresenta un paesaggio di antica storia e tradizione su cui riorientare i sistemi sociali ed economici del futuro”.
Con la Conferenza di Cork inizia quel lungo percorso di speranze e nuove prospettive che è tutt’altro che terminato ma che sembra essersi arenato nelle difficoltà di uscire da un modello agroalimentare, e quindi anche ecologico e sociale, che assomiglia ad un gigante con i piedi impantanati in un enorme acquitrino di argilla.
Eppure con l’emanazione del Green Deal del 2019, soprattutto con le due Strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030, la speranza per una svolta epocale del modo di fare economia, con un cambio dei paradigmi culturali, sociali, scientifici e tecnici ha riacceso le aspettative di quanti, da anni, ci battiamo per portare la nostra civiltà verso una nuova terra promessa. Quella terra dove, rispettando tutti (dal più invisibile degli esseri viventi al più appariscente) sia possibile dar benessere a tutti.
Ed invece, come sottolineato da un rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente (EEA), emerge quanto il vecchio continente (non certo unico nel panorama mondiale) sia ancora ben lontano dagli obiettivi di riduzione del 50% dell’uso di pesticidi entro il 2030 che ci si è dati. Il rapporto sottolinea che: “Nel 2020, sono stati rilevati uno o più pesticidi al di sopra delle soglie di preoccupazione (un rischio per la salute umana) nel 22% di tutti i siti di monitoraggio in fiumi e laghi in Europa. In termini di inquinamento del suolo, l’83% dei terreni agricoli analizzati in uno studio del 2019 conteneva residui di pesticidi”.
Come se la notizia non bastasse per “allietarci l’esistenza” la condizione dell’Italia è addirittura tra le peggiori dell’UE. Nel Paese che, sottolineiamo, si trova al centro del Mediterraneo, e quindi in un ecosistema alquanto delicato, risulta che l’ inquinamento da imidacloprid (uno dei neonicotinoidi) e atrazina (benché bandita nel 1992) è preoccupante.
Il dato è che, in tutta Europa, ogni anno si vendono ancora 350mila tonnellate di pesticidi.
Il dato che, preso in assoluto, può non dire molto, se non per pochi addetti alle statistiche del settore, è invece inquietante se confrontato con una crisi ecologica senza precedenti (e non parliamo di cambiamenti climatici dove le questioni sono più complesse e meno oggettivabili); infatti l’ l’uso di pesticidi in Europa non solo non è diminuito negli ultimi 10 anni, ma in alcuni Paesi è addirittura aumentato.
A questo dato fanno, purtroppo, eco i dati ufficiali sulla diminuzione di flora e fauna e della biodiversità in generale, anche di un sistema suolo, sempre più arido.
Così le vendite dei prodotti fitosanitari nei 27 Paesi dell’UE sono rimaste su un valore di 350mila tonnellate l’anno tra 2011 e 2020, con un aumento maggiore per volumi assoluti in Germania e Francia e in termini relativi in Austria e Lettonia. Sono 11 i paesi dove i volumi venduti sono scesi, con Repubblica Ceca, Portogallo e Danimarca tra i più virtuosi. Germania, Francia, Spagna e Italia sono invece i Paesi, che all’interno della UE, vendono ed utilizzano più pesticidi.

Tra l’altro, se entriamo nel dettaglio dei dati, in Italia la situazione è preoccupante in gran parte delle acque superficiali del Nord e del Centro che registrano livelli di imidacloprid (insetticida neonicotinoide) ben superiori ai livelli di guardia stabiliti dall’Europa.
Gli altri hotspot dell’Europa più contenuti sono nella Catalogna, tra Belgio e Olanda e nella Repubblica Ceca.
Da sottolineare poi che l’area Nord-Ovest dell’Italia è quella che registra la peggiore situazione per i quantitativi di atrazina nelle acque di falda (nonostante che questo principio, che è un interferente endocrino, sia stato messo al bando in Italia 31 anni fa), cosa che dovrebbe già muovere le Procure e la Corte Europea per entrare nel merito della questione.
Questi dati che, ripetiamo, sono solo una punta dell’iceberg di quella incredibile emergenza planetaria in cui ci siamo impelagati, richiede, ovviamente un cambio di passo.
È necessario passare dagli obiettivi relativi ai pesticidi ed alla biodiversità stabiliti nelle strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030 a norme di attuazione, Paese per Paese, chiare ed inequivocabili, oltre ad assistere Ricercatori, Dottori Agronomi e Dottori Forestali, Agricoltori ed ogni operatore del settore ad una seria campagna di assistenza ed informazione che velocizzi il cambio di passo verso quel paradigma maggiormente produttivo e sostenibile dell’Agroecologia.
È questo il senso della dichiarazione finale dell’EEA che richiede alla Politica Comunitaria “ulteriori sforzi significativi”. In tal senso l’Agenzia europea per l’ambiente, conclude che: “Potremmo ridurre la nostra dipendenza dai pesticidi chimici per mantenere le rese dei raccolti e i volumi complessivi di utilizzo dei pesticidi passando a modelli alternativi di agricoltura, come l’agroecologia”.
Tuttavia dobbiamo concludere questo contributo segnalando che l’Italia, che si era mossa prima in questa direzione, si trova in una condizione paradossale.
A livello nazionale il DdL per la legge sull’Agroecologia si è arenato nelle pastoie di una confusione ideologica della politica, che coinvolge, ci dispiace dirlo, gran parte del Parlamento, di qualunque estrazione e ideologia.
La Sicilia, che è stata la Regione apripista, con la sua L.R. 21 del 29 luglio 2021, è ancora ferma per la mancata firma degli Assessori di turno che, in barba alla volontà politica dell’Assemblea Regionale Siciliana, non “riescono” ad apporre una semplice firma sul Decreto attuativo, già elaborato e ratificato dal competente Gruppo di Lavoro del Dipartimento Agricoltura della Regione.
Una “fatica immane” di questi Assessori che, forse, finite le fatiche degli impegni e delle promesse elettorali, non trovano più le “forze” per una semplice firma.
Tutto questo ci fa comprendere quanto sia forte lo scollamento tra le reali Ideologie Politiche del mondo della Cultura e della Ricerca e le piccole ideologie partitiche di chi oggi ci rappresenta.
Uno scollamento che rischia di incrinare le già deboli democrazie dei nostri Paesi e di una Identità Politica di un’Unione Europea, chiamata, più che mai, ad essere Stato tra gli Stati e Rappresentante di quelle Coscienze che la piccola politica dei partiti vorrebbe soffocare con la sua Babele di questo scorcio della Storia.

Guido Bissanti




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