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Lobesia botrana

Lobesia botrana

La tignoletta dell’uva o tignoletta della vite (Lobesia botrana (Denis & Schiffermüller, 1775)), è un lepidottero appartenente alla famiglia dei Tortricidae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Animalia,
Sottoregno Eumetazoa,
Superphylum Protostomia,
Phylum Arthropoda,
Subphylum Tracheata,
Superclasse Hexapoda,
Classe Insecta,
Sottoclasse Pterygota,
Coorte Endopterygota,
Superordine Oligoneoptera,
Sezione Panorpoidea,
Ordine Lepidoptera,
Sottordine Glossata,
Infraordine Heteroneura,
Divisione Ditrysia,
Superfamiglia Tortricoidea,
Famiglia Tortricidae,
Sottofamiglia Olethreutinae,
Tribù Lobesiini,
Genere Lobesia,
Specie L. botrana.
Sono sinonimi i termini:
– Eudemis botrana (Denis & Schiffermüller, 1775);
– Lobesia botrana Jacquin, 1789;
– Lobesia vitisana Jacquin, 1788;
– Olindia rosmarinana Millière, 1866;
– Polychrosis botrana (Denis & Schiffermüller, 1775);
– Polychrosis flavosquamella Dufrane, 1960;
– Tortrix botrana (Denis & Schiffermüller) 1775.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
La Lobesia botrana è una specie polifaga, che crea particolari e, in alcuni casi, rilevanti danni ai vigneti e che vive su Vite, ed altre piante spontanee marginali ai vigneti. È stata segnalata, infatti, anche su specie dei generi Clematis, Crataegus, Ligustrum, Mirthus, Rhamnus, Ribes, Viburnum, Ziziphus, nonché su olivo e kiwi.
Sulla vite si manifestano le infestazioni economicamente più rilevanti e dove può svolgere tutto il suo ciclo.
La Lobesia botrana è stata segnalata per la prima volta alla fine del XIX secolo. Nonostante prediliga ambienti caldi-secchi è spesso presente anche nell’Italia settentrionale dove coesiste con Eupoecillia ambiguella.
In Italia è comunque diffusa in tutta la penisola, spingendosi fino ai paesi del mediterraneo.

Morfologia –
La Lobesia botrana è un lepidottero che allo stadio adulto è una farfalla con un’apertura alare di 10 – 15 mm, di colore grigio con variegature giallo-brunastre e azzurre che disegnano una livrea intensamente marmorizzata.
L’uovo di questa farfalla ha un diametro tra 0,6 e 0,7 mm; è di forma lenticolare, appiattita, sub rotonda. È di colore giallastro alla deposizione per poi divenire in seguito grigio chiaro e poi imbrunire da una parte nello stadio di “testa nera” ed annerire in prossimità della schiusura.
Le uova vengono deposte sui bottoni fiorali nella prima generazione, sugli acini nelle successive. Una femmina può deporre fino a un centinaio di uova.
Le larve neonate hanno una colorazione biancastra o nocciola chiaro; il capo è di colore tendente al bruno, mentre le larve mature, che misurano circa 9-10 mm di lunghezza, (V stadio) assumono una colorazione generalmente giallo – verdastra, anche se con elevata variabilità all’interno della specie. le crisalidi o pupe sono di colore bruno – rossastro; queste sono avvolte da un bozzolo sericeo biancastro. Le dimensioni, generalmente maggiori nelle femmine, variano da 4 a 6 mm.

Attitudine e Ciclo biologico –
La Lobesia botrana è un lepidottero che, di norma, compie 3 generazioni annue ma in alcune regioni, come in Italia (Puglia, Lazio, Sardegna) o in Grecia e in Portogallo è possibile osservare una 4ª generazione. Eccezionalmente, in annate particolari, si sono avute 4 generazioni anche in Nord Italia.
La farfalla sverna come crisalide protetta da un bozzolo sericeo nascosto sotto il ritidoma della vite o di altre piante ospiti.
Il primo sfarfallamento si ha a partire dalla seconda metà di aprile e per tutto il mese di maggio, quando si può notare il primo volo degli adulti dotati di prevalente attività crepuscolare.
Trascorsi dai 3 ai 4 giorni, le femmine fecondate ovidepongono sui bottoni fiorali o su altre parti dell’infiorescenza. Ogni femmina può deporre da 40 a 100 uova.
Dopo 7 – 10 giorni si ha la fuoriuscita delle larve che sgusciano dall’uovo e penetrano all’interno dei boccioli fiorali nutrendosene e avvolgendoli con fili sericei formando dei glomeruli. La prima generazione larvale viene detta antofaga.
Trascorsi circa 20 – 30 giorni le larve si incrisalidano per 10 – 15 giorni sotto le cortecce o nei glomeruli da loro stesse creati e verso metà giugno – inizio luglio si ha lo sfarfallamento degli adulti del 2° volo che ovidepongono sugli acini ben formati, dando origine alle larve di 2ª generazione (le cosiddette larve carpofaghe). Questa generazione vive a spese degli acini, dove gli adulti ovidepongono. Dopo un’incubazione di 4 – 5 giorni le larve iniziano la loro attività trofica nutrendosi dell’uva, penetrando nell’acino da una parte ed uscendo dall’altra per entrare nell’acino successivo.
Di norma si ha anche una terza generazione con gli adulti che compaiono nella seconda metà di agosto e in settembre con possibilità di un ulteriore generazione in Italia meridionale e in condizioni climatiche favorevoli.
Successivamente le larve della terza o quarta generazione, dopo aver esercitato attività trofica sugli acini in maturazione, si incrisalidano in un anfratto della corteccia dove trascorrono l’inverno avvolte da un bozzolo sericeo.
La biologia di questo lepidottero è legata alle condizioni climatiche. Gli adulti hanno un’attività prevalentemente crepuscolare, favorita da temperature superiori ai 15 °C con un optimum intorno ai 25 °C, mentre per lo sviluppo embrionale sono sufficienti 9 °C. si è notato che le femmine hanno un incremento dell’attività di volo e dell’ovideposizione con valori di umidità relativa compresi tra il 40 e il 70%; al di sotto del 40% la percentuale di uova schiuse diminuisce notevolmente.
In condizioni di elevate presenza della Lobesia botrana si possono avere notevoli danni daterminati dallo stadio larvale. Le larve della prima generazione attaccano i grappolini fiorali (generazione antofaga), si nutrono dei singoli bottoni fiorali costruendo anche dei nidi sericei; questi sono visibili nella parte interna del grappolo; questa generazione non è molto dannosa sia perché il danno ai singoli fiori è sopportabile (per alcune varietà a grappolo serrato potrebbe anche essere un bene), sia perché l’attacco generalmente non è mai massiccio.
Rappresentano una soglia di pericolosità molto maggiore le larve della seconda generazione, in quanto queste si nutrono degli acini (generazione carpofaga), entrandovi e svuotandoli.
L’attacco si evidenzia in quanto gli acini avvizziscono ed imbruniscono; ad un esame più attento si notano i fori di entrata o di uscita ed eventualmente anche le larve che si riparano in ricoveri sericei biancastri, più o meno lassi, costruiti all’interno del grappolo. In alcune regioni settentrionali si hanno solo 2 generazioni ma, come detto, nella maggior parte dei casi questo lepidottero compie anche una terza ed, a volte, una quarta generazione; queste larve si comportano come la precedente, attaccando gli acini.
In questi casi queste generazioni si hanno a fine estate, quando gli acini sono in fase di maturazione, e sono ancor più pericolose per le complicanze di natura fungina (Botrite e Marciume acido) che si possono instaurare sulle ferite provocate dalle larve.

Ruolo Ecologico –
La Lobesia botrana è un lepidottero noto per i gravi danni che arreca nutrendosi degli acini dell’uva e, insieme alla Eupoecilia ambiguella, costituisce una delle principali avversità entomologiche della vite.
La lotta contro questa farfallina si è effettuata fino ad ora con tecniche di lotta guidata che si basavano sul monitoraggio eseguito o con le tecniche di campionamento o con l’uso di trappole sessuali. Si possono inoltre seguire le indicazioni dei bollettini di lotta integrata provinciali o zonali.
Purtroppo le specializzazioni colturali dei vigneti, soprattutto in ampi comprensori, la diminuzione della biodiversità, anche all’interno dei vitigni, di intere aree, la mancanza di luoghi rifugio degli antagonisti naturali, legati a pratiche agricole intensive (concimazioni, lavorazioni, uso della chimica) ha aggravato notevolmente il rapporto tra questo fitofago e la vite.
La prima tecnica per compensare questo squilibrio è quella dell’introduzione di regole e principi agroecologici, molti dei quali vanno pensati ancor prima dell’impianto del vigneto.
Attualmente la Lobesia botrana è il fitofago più temibile per la viticoltura italiana.
In vigneti, e meglio ancora comprensori, coltivati a vite, i principi dell’agricoltura biologica ed ancor di più dell’agroecologia possono prestarsi ad un controllo molto più efficace di questo lepidottero.
In questo senso possono svolgere un ruolo importantissimo alcune pratiche agronomiche e gli insetti utili. Ragni (aracnidi), forficule (dermatteri), neurotteri crisopidi, ditteri sirfidi e tachinidi, imenotteri, ed altri insetti che sono buoni predatori di larve e uova di tignoletta.
Ma questi organismi hanno bisogno, per poter vivere e divenire, pertanto, antagonisti di un ecosistema adeguato. Così un vigneto dove si pratica l’inerbimento favorisce la presenza di questi insetti antagonisti.
Per eliminare la Lobesia botrana con la lotta biologica, si parte da un suo attento monitoraggio.
Si dovranno così piazzare, all’interno dei vigneti, delle trappole di cattura attivate con il feromone di aggregazione sessuale.
Le trappole di monitoraggio devono essere poste nel vigneto a partire dagli inizi di aprile e sostituite seguendo le indicazioni di scadenza del feromone. In genere, si usano due trappole per ettaro di vigneto, quindi il loro costo è sostenibile.
La trappola permette di capire quantitativamente la presenza della tignoletta, così da organizzare gli interventi. Si sottolinea che, di norma non s’interviene sulle larve di prima generazione.
In viticoltura biologica il prodotto più efficace nel controllo della tignoletta della vite è il bacillus thuringiensis.
In tal senso si usa solo la varietà kurstaki, in quanto le altre varietà di bacillus sono inefficacii su questo parassita. Si tratta di un insetticida bio molto selettivo, ed è efficace sulle larve di lepidotteri nei primi stadi di vita. Agisce per ingestione, per cui deve raggiungere le larve della L. botrana prima che entrino negli acini. Per questa ragione è usato per le larve di seconda e terza generazione.
Per le larve di seconda generazione il bacillus thuringiensis viene irrorato sulle piante due volte: la prima a 7-9 giorni dal momento della fase crescente di cattura nelle trappole; la seconda dopo 15-16 giorni (7 giorni dopo il primo trattamento).
Per contrastare le larve della terza generazione si interviene una volta sola, dopo 14-21 giorni dall’inizio delle catture con le trappole di monitoraggio. Per migliorare l’efficacia del bacillus nei confronti di questa farfallina si consiglia di aggiungere circa 1 kg di zucchero ogni 100 litri d’acqua.
Per riepilogare, quindi, i campionamenti devono essere eseguiti in tre epoche prestabilite che corrispondono più o meno alle tre generazioni; in particolare alla fioritura (la generazione), dalla mignolatura alla pre-chiusura del grappolo (2a generazione) e dalla invaiatura alla prima metà di settembre (3a generazione). Con il campionamento le soglie di intervento sono:
– 1° generazione: 35-50% di grappoli infestati;
– 2° generazione: si può intervenire ai primi attacchi sugli acini, nelle zone a rischio; oppure con una soglia del 5% di grappoli infestati da larve oppure in presenza di uova o con fori di penetrazione;
– 3° generazione: si interviene ad una soglia del 5% di grappoli infestati.
Inoltre sono in sperimentazione dei preparati a base di virus e di funghi (lotta microbiologica), che sembrano dotati di attività contro alcuni Tortricidi fra cui anche la Lobesia, e tecniche di confusione sessuale.

Guido Bissanti

Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– GBIF, the Global Biodiversity Information Facility.
– Russo G., 1976. Entomologia Agraria. Parte Speciale. Liguori Editore, Napoli.
– Pollini A., 2002. Manuale di entomologia applicata. Edagricole, Bologna.
– Tremblay E., 1997. Entomologia applicata. Liguori Editore, Napoli.
Fonte foto:
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