Il concetto di alimentazione sostenibile contempla il consumo di cibo nutrizionalmente sano, con una bassa impronta ecologica, in termini di uso di suolo e di risorse idriche impiegate, con basse emissioni di carbonio e azoto, attento alla conservazione della biodiversità e degli ecosistemi, ricco di cibi locali e tradizionali, equo e accessibile per tutti.
Tale concetto non può pertanto prescindere da basse percorrenze dei prodotti agroalimentari, dalla stagionalità alimentare e dal principio della sovranità alimentare.
contrariamente, infatti, ai notevoli “progressi” dell’agricoltura negli ultimi trent’anni, appare evidente come gli attuali sistemi alimentari continuino ad essere insostenibili. Se da un lato, infatti, al mondo vi è ancora un miliardo di persone che soffre la fame, molte di più sono le persone in sovrappeso o obese, per un totale di oltre due miliardi di persone complessivamente mal nutrite. I sistemi di produzione e consumo alimentare attuali dovranno, quindi, subire delle radicali trasformazioni, puntando sull’incremento di domanda e offerta di alimenti salubri, rispettosi dell’ambiente, poco elaborati dal punto di vista industriale e coltivati nelle zone di provenienza tradizionale, nel rispetto della biodiversità e delle risorse disponibili.
La nozione di “dieta sostenibile” era inconcepibile solo 300 anni fa, quando si otteneva la maggior parte degli alimenti dai propri ecosistemi e le conoscenze e le pratiche agricole assicuravano la conservazione e l’utilizzo sostenibile della biodiversità sia selvatica sia agricola.
L’agricoltura e le diete sono cambiate drasticamente negli ultimi decenni, al punto che ora il concetto di “dieta sostenibile” sembra una novità. Nei primi anni Ottanta, con “dieta sostenibile” si intendevano raccomandazioni alimentari per rendere l’ambiente e le persone più sani. Successivamente, l’agricoltura moderna e la globalizzazione hanno diminuito l’attenzione verso la sostenibilità a favore dell’intensificazione e dell’industrializzazione dei sistemi agricoli.
Ne è risultato un aumento vertiginoso della produzione globalizzata di alimenti, senza tuttavia portare miglioramenti a livello globale in campo nutrizionale. Il risultato sconcertante di oggi è che il numero di persone denutrite è arrivato a oltre un miliardo e al contempo l’obesità, e i disturbi cronici ad essa associati, hanno raggiunto cifre analoghe. Se si associano questi dati all’allarmante rapidità con cui gli ecosistemi si stanno deteriorando e la biodiversità si sta perdendo, un riesame delle diete risulta imprescindibile.
Per ovviare pertanto a questo disastro sociale ed ecologico, appare evidente rivedere, anzi affermare ex novo il concetto di alimentazione sostenibile, come nuova frontiera e principio di base su cui rimodulare e rivedere tutte le politiche connesse: da quelle agricole a quelle agroindustriali fino a quelle alimentari e sanitarie.
La direzione intrapresa dalle moderne politiche agricoli e di mercato va infatti in un’altra direzione e, prima che il processo diventi irreversibile, è necessario che le comunità locali, prima ancora delle politiche centrali ne prendano coscienza e determinazione.
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