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Legami tra agricoltura e fauna selvatica

Legami tra agricoltura e fauna selvatica

I dati sui censimenti delle popolazioni della fauna selvatica, ed in particolar modo dell’avifauna ci confermano, purtroppo, che in Europa si osserva un sensibile declino del numero e della varietà di specie animali presenti nei terreni agricoli, una tra le cosiddette “biodiversità nei terreni agricoli”.
L’Unione europea si era tuttavia impegnata ad arrestare la perdita di biodiversità entro il 2020. La Commissione aveva programmato di assegnare a questo obiettivo 66 miliardi di euro della politica agricola comune tra il 2014 e il 2020.
La Corte dei Conti europea ha esaminato se la politica agricola dell’UE abbia contribuito a mantenere e a rafforzare la biodiversità nei terreni agricoli. Ha riscontrato che la formulazione degli obiettivi relativi all’agricoltura perseguiti dalla strategia UE sulla biodiversità rende difficile misurarne i progressi; le modalità con cui la Commissione tiene traccia delle spese per la biodiversità finanziate dal bilancio dell’UE sono inaffidabili; l’impatto dei pagamenti diretti della PAC è limitato o non conosciuto; e la Commissione e gli Stati membri hanno privilegiato le misure di sviluppo rurale a minore impatto.
Senza entrare oltre negli aspetti di verifica delle politiche e degli effetti di queste nell’Unione Europea è evidente che, oramai, da molti anni, in Europa, si osserva un sensibile declino del numero e della varietà di specie che vivono nei terreni agricoli. Dal 1990, ad esempio, le popolazioni di uccelli nei terreni agricoli e delle farfalle nelle superfici erbose si sono ridotte di più del 30 %.
Per questo motivo la Corte ha raccomandato alla Commissione di:
– migliorare il coordinamento e la concezione della strategia UE sulla biodiversità post-2020 e, a tal fine, monitorare con maggiore precisione le spese;
– potenziare il contributo dei pagamenti diretti alla biodiversità nei terreni agricoli;
– accrescere il contributo dello sviluppo rurale alla biodiversità nei terreni agricoli e
– sviluppare indicatori affidabili per valutare l’impatto della PAC sulla biodiversità nei terreni agricoli.
Perché è importante la tutela dell’avifauna (questione che comunque vale per tutto il sistema faunistico) non solo negli ecosistemi naturali ma anche in quelli agricoli?
Consideriamo che gli uccelli svolgono un ruolo ecologico fondamentale nello scenario agricolo.
Gli uccelli, come ampiamente ribadito, hanno un’importanza essenziale per la biodiversità in quanto, attraverso il loro comportamento e le migrazioni sono in grado di facilitare lo sviluppo delle piante e la diffusione delle stesse.
Infatti, gli uccelli favoriscono la disseminazione dei semi e l’impollinazione delle diverse specie di piante.
Gli uccelli possono inoltre influenzare positivamente la crescita e la buona salute delle piante grazie alla loro alimentazione. Infatti, molte specie di uccelli, come colibrì, picchi, rondini, ecc., si cibano di insetti che spesso risultano dannosi per le piante, aiutando così a ridurre i problemi legati all’attacco di questi parassiti.
Altre specie invece, come i pappagalli, si nutrono di semi e frutti e una volta consumati, possono disperdere questi semi favorendo la crescita di nuove piante.
Inoltre questi animali piumati, rappresentano una componente cruciale nello sviluppo degli ecosistemi, svolgendo una vasta serie di funzioni ecologiche.
Tra i compiti più importanti che apportano benefici all’ecosistema, gli uccelli si occupano del controllo delle popolazioni di insetti e di altri piccoli animali, attraverso la loro dieta.
Questo comportamento ristabilisce l’equilibrio dell’ambiente ed evita che alcune tipologie di insetti, spesso dannose per la salute delle piante, diventino troppo numerose. Non per nulla negli ultimi tempi, in agricoltura, la lotta contro i fitofagi ha assunto proporzioni rilevanti, richiedendo un crescente fabbisogno di insetticidi.
Ad esempio, specie come le rondini ed i picchi, si nutrono di insetti che danneggiano gli alberi ed i raccolti, eliminando così la necessità di utilizzare veleni e pesticidi.
La loro alimentazione inoltre favorisce la tutela degli ecosistemi in quanto alcuni uccelli, come gabbiani e falchi, si nutrono di pesci ed animali, contribuendo al trasporto delle sostanze nutritive presenti nelle carcasse di questi animali, molto utili per il terreno.
Un esempio su tutti è quello del diminuito apporto di guano e di varie sostanze, tra cui i fosfati, legati agli escrementi degli uccelli, richiedendo un aumento consistente delle concimazioni fosfatiche di sintesi.
Gli uccelli sono parte integrante della catena alimentare in quanto regolano le popolazioni di altre specie e oltre ad essere predatori, gli uccelli diventano anche prede di altri animali, riuscendo a chiudere così il cerchio.
Purtroppo la forte diminuzione degli insetti nel paesaggio agricolo crea grossi problemi agli uccelli nidificanti insettivori. L’utilizzo di pesticidi e le tecniche agricole moderne sono tra le principali cause della scomparsa degli insetti. Nelle zone agricole, la diminuzione delle specie di uccelli insettivori è particolarmente pronunciata.
Per esempio in Svizzera, dove sono state effettuate alcune ricerche, il 40 % circa delle specie nidificanti si nutre quasi esclusivamente di insetti. Un altro 25 % ha una dieta mista, ma alleva i suoi piccoli prevalentemente con insetti. Il bisogno di insetti idonei e facili da predare è quindi elevato.
Anche se, in tutta l’Europa centrale, abbiamo a disposizione soltanto uno scarso numero di dati, sappiamo che, rispetto a decenni fa, oggi ci sono meno insetti. Ciò è dimostrato almeno in Germania per diverse regioni nelle quali, negli ultimi 27 anni, la biomassa degli insetti è diminuita del 75 %. In Svizzera non esiste quasi nessuna serie di dati che documenti la riduzione della biomassa di insetti. Georg Artmann-Graf ha constatato un netto calo delle cavallette nella regione di Olten SO negli ultimi 30 anni. I macchinisti più anziani concordano inoltre sul fatto che, ancora negli anni 60’, dopo ogni viaggio dovevano pulire il parabrezza della loro locomotiva da una massa di insetti morti, mentre oggi la pulizia è necessaria solo a intervalli molto più lunghi (il cosiddetto effetto parabrezza, ben noto agli scienziati).
I motivi della diminuzione degli insetti sono molteplici. In particolare, grava pesantemente la perdita di habitat a loro favorevoli (prati secchi e semi-secchi, zone umide, specchi e corsi d’acqua vicini allo stato naturale): soprattutto in questi ambienti erano infatti presenti numerosi grandi insetti come cavallette, libellule e farfalle. Molte tecniche moderne di gestione hanno un impatto negativo sugli insetti. Spesso le scarpate ferroviarie e stradali vicine allo stato naturale vengono falciate durante il periodo di fioritura principale. Per la produzione di insilato, sui prati da sfalcio l’erba viene imballata e portata via subito dopo il taglio, assieme a buona parte degli insetti. I prati vengono falciati fino a sei volte l’anno e spesso vengono utilizzati macchinari (falcia condizionatrici) che schiacciano l’erba subito dopo lo sfalcio, in modo che asciughi più rapidamente. Questi macchinari causano una perdita di api europee sette volte maggiore (fino a 90 000 api morte/Ha) rispetto a uno sfalcio senza condizionatrice.
Inoltre (e non certo ultimo) l’impiego di pesticidi riduce la diversità e la frequenza di artropodi. Gli erbicidi pregiudicano la base alimentare di molti insetti. Gli insetticidi decimano tutti gli insetti, non soltanto i fitofagi e, sterilizzando spesso il suolo, creano un ambiente inospitale ed interrompono le relazioni con gli insetti ad altri organismi terricoli.
Infatti gli insetticidi difficilmente degradabili penetrano nel suolo e in parte anche nelle acque di falda. Negli anni ’70, il DDT, ora largamente vietato, essendo un insetticida liposolubile si era accumulato lungo la catena alimentare, portando a un drammatico declino dei rapaci in tutto il mondo. Oggi i neonicotinoidi, difficilmente degradabili e idrosolubili, vengono spesso utilizzati come profilassi e in Svizzera sono stati rilevati anche in specchi e corsi d’acqua, come pure su superfici per la promozione della biodiversità. Anche nei giardini privati l’uso di pesticidi è considerevole. Nei Paesi Bassi, nelle zone con maggior presenza di neonicotinoidi nelle acque superficiali gli uccelli insettivori sono diminuiti in maniera più marcata rispetto a zone meno inquinate. L’uso di medicamenti nella lotta contro i parassiti del bestiame comporta una minore colonizzazione del letame e dei liquami da parte degli insetti e quindi una loro ulteriore diminuzione.
Tra le tecniche agricole, sviluppate negli ultimi decenni, riportiamo la maggiore concimazione (soprattutto con concimi di sintesi); numerosi prati e colture sono oggi molto più densi di una volta. In Engadina (Svizzera), ad esempio, in soli 20 anni i prati radi e poveri di nutrienti sono diminuiti del 20 %, mentre nello stesso periodo la percentuale di prati molto densi è fortemente aumentata. I campi di cereali sono più densi a causa delle nuove varietà e della concimazione. Nelle colture e nei prati densi, la cattura degli insetti è più difficile.
Tutti questi aspetti stanno conducendo l’avifauna ad un pericoloso collasso.
Non sorprende, infatti, che le specie esclusivamente insettivore delle zone agricole (ad es. Allodole, Prispolone, Averla piccola, Sterpazzola, Stiaccino) siano in notevole calo. Specie delle zone agricole meno dipendenti dagli insetti per la loro alimentazione (ad es. Cicogna bianca, Nibbio reale, Gheppio, Cesena, Zigolo giallo), tutto sommato non sono invece influenzate da questo declino. In generale, gli insettivori che vivono nei boschi (ad es. Picchi, Cince, Capinera, Pettirosso) e quelli che cacciano in volo (ad es. Rondone maggiore, Gruccione) non mostrano questa tendenza negativa. L’inquietante situazione degli insettivori delle zone agricole è probabilmente una conseguenza dell’uso massiccio di pesticidi, delle tecniche agricole moderne e delle bonifiche fondiarie.

Soluzioni possibili –
La soluzione a tutto ciò rientra nei cosiddetti dettami dell’agroecologia, una tecnica di produzione agricola (e non solo) perfettamente sincrona con le regole ed i principi dell’ecologia.
La situazione può essere infatti migliorata con semplici misure:
– sui prati estensivi e da strame lasciare intatto ad ogni sfalcio un minimo del 10 % della superficie deve diventare la norma. L’effetto positivo di queste superfici residue sugli insetti è dimostrato.
– l’uso di pesticidi dev’essere fortemente limitato e non deve avvenire a scopo preventivo, ma solo a partire da una determinata soglia di danno. È già stato dimostrato che, di regola, una riduzione dei pesticidi attorno al 42 % non provoca perdite nei raccolti.
– mediante azioni d’informazione, la disponibilità dei consumatori ad acquistare alimenti prodotti con pochi pesticidi va ulteriormente incrementata.
– nelle coltivazioni specializzate, la grande maggioranza delle superfici verdi vengono sistemate in modo poco naturale e «curate» in maniera intensiva; per gli insetti non sono attraenti.
– infine i professionisti del giardinaggio e i proprietari di giardini dovrebbero essere motivati a creare giardini vicini allo stato naturale e a misura d’insetto, concorrendo all’incremento dei corridoi ecologici.
La diminuzione delle risorse alimentari delle specie di uccelli insettivori è un grande problema la cui entità è troppo poco conosciuta, mal affrontato dalla PAC (Politica Agricola Comunitaria) che ne ha sintetizzato eccessivamente gi aspetti, attraverso l’applicazione di ecoschemi che poco o nulla possono fare in tal senso.
Le stesse strategie Farm to Fork e Biodiversity 2030, nonostante gli obiettivi tracciati, non trovano (esclusione fatta per la L.R. 21/2021 della Regione Siciliana) un quadro normativo e formativo atto a modificare conoscenze, modelli, tecniche e sistemi che orbitano intorno al mondo della produzione agricola.
In termini concreti la soluzione consiste nel far transitare le aziende agricole al sistema aroecologico, permettendo anche una perdita iniziale di produzione alimentare (in quanto il raggiungimento di un nuovo equilibrio in un sistema agroecologico richiede alcuni anni) e risarcendo gli eco-agricoltori per i mancati redditi, uscendo da questo pasticcio degli ecoschemi che hanno gettato nello sconforto e spesso nella confusione agricoltori e tecnici e che non pochi problemi stanno causando soprattutto nei sistemi produttivi dei climi mediterranei.
Ovviamente questa transizione agroecologica, va affidata alla supervisione di un Ente di Stato (qualiad esempio il CREA che, attraverso una fitta rete di Assistenza Tecnica, deve approvare le transizioni agroecologiche aziendali e seguirne l’evoluzione nel medio-lungo periodo. In Sicilia, ripetiamo, avremmo anche la norma (L.R. 21/2021), ci vuole solo la volontà politica per attuarla.
Intanto il tempo trascorre, i nostri amici volatili pagano un caro prezzo, ma il conto corrente più salato sarà costretto a pagarlo l’intera umanità se non modifichiamo rapidamente il nostro modo di affrontare l’intera questione.

Guido Bissanti




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