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Tursiops truncatus

Tursiops truncatus

Il tursìope troncato e semplicemente tursìope (Tursiops truncatus, Montagu, 1821) è un cetaceo appartenente alla famiglia dei Delphinidae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Animalia,
Phylum Chordata,
Subphylum Vertebrata,
Infraphylum Gnathostomata,
Superclasse Tetrapoda,
Classe Mammalia,
Sottoclasse Theria,
Infraclasse Eutheria,
Superordine Laurasiatheria,
Ordine Artiodactyla,
Sottordine Odontoceti,
Famiglia Delphinidae,
Genere Tursiops,
Specie T. truncatus.
È basionimo il termine:
– Delphinus truncatus Montagu, 1821.
Sono sinonimi i termini:
– Delphinus compressicauda Lesson, 1828;
– Delphinus (Tursio) cymodoce Burmeister, 1867;
– Delphinus erebennus Cope, 1865;
– Delphinus metis Gray, 1846;
– Delphinus nesarnack Lacépède, 1804;
– Delphinus nesarnak Reichenback, 1846;
– Delphinus parvimanus Lutken, 1887;
– Delphinus troncatus F.Cuvier, 1836;
– Delphinus tursio Bonnaterre, 1789;
– Delphinus tursio Gunnerus, 1768;
– Delphinus tursio subsp. obtusus Schlegel, 1862;
– Phocoena compressicauda (Lesson, 1828);
– Tursio compressicauda (Lesson, 1828);
– Tursio cymodice Figueira, 1894;
– Tursio cymodoce Gray, 1868;
– Tursio metis Gray, 1868;
– Tursio truncatus Gray, 1843;
– Tursiops coerulescens Giglioli, 1889;
– Tursiops communis Fitzing, 1846;
– Tursiops compressicauda (Lesson, 1828);
– Tursiops dawsoni Lydekker, 1909;
– Tursiops eurynome Gray, 1846;
– Tursiops gillii Dall, 1873;
– Tursiops gillii Scammon, 1874;
– Tursiops maugeanus Iredale & Troughton, 1934;
– Tursiops nesarnack (Lacépède, 1804);
– Tursiops nuuanu Andrews, 1911;
– Tursiops parvimanus Van Beneden, 1886;
– Tursiops ponticus Barabash-Nikiforov, 1940;
– Tursiops subridens Flower, 1884;
– Tursiops truncantus Montagu, 1821;
– Tursiops truncatus (Gray, 1866);
– Tursiops truncatus subsp. gillii Dall, 1873;
– Tursiops truncatus subsp. gillii Tomilin, 1957;
– Tursiops tursio Bonnaterre, 1789;
– Tursiops tursio Gervais, 1855;
– Tursiops tursio Ihering, 1892;
– Tursiops tursio subsp. obtusus (Schlegel, 1862).
All’interno di questa specie vengono riconosciute le seguenti sottospecie:
– Tursiops truncatus subsp. gephyreus Lahille, 1908;
– Tursiops truncatus subsp. ponticus Barabash-Nikiforov, 1940;
– Tursiops truncatus subsp. truncatus;
– Tursiops tursio subsp. cymodoce Trouessart, 1898;
– Tursiops tursio subsp. tursio.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il Tursiops truncatus è un delfino che vive negli oceani temperati, subtropicali e tropicali di tutto il mondo. La popolazione mondiale è stata stimata a 600.000. Alcune popolazioni tursiopi vivono più vicino alla costa (popolazioni costiere) mentre altre vivono più al largo (popolazioni offshore). Generalmente, le popolazioni offshore sono più grandi, più scure e hanno pinne e becchi proporzionalmente più corti. Le popolazioni offshore possono migrare fino a 4.200 km in una stagione, ma le popolazioni costiere tendono a spostarsi meno. Tuttavia, alcune popolazioni costiere effettuano lunghe migrazioni in risposta agli eventi di El Niño.
La specie è presente fino a 50° nord nelle acque del Pacifico orientale, probabilmente a seguito delle correnti di acqua calda. I delfini costieri sembrano adattarsi alle acque calde e poco profonde. Ha un corpo più piccolo e pinne più grandi, per manovrabilità e dispersione del calore. Si possono trovare nei porti, nelle baie, nelle lagune e negli estuari. I delfini d’altura, tuttavia, sono adattati alle acque più fresche e profonde. Alcune qualità nel loro sangue suggeriscono che sono più adatti alle immersioni profonde. Il loro corpo considerevolmente più grande li protegge dai predatori e li aiuta a trattenere il calore.
Questo cetaceo è diffuso in tutti i mari del mondo, ad eccezione delle zone artiche ed antartiche e ne esistono, come detto, due popolazioni distinte, una costiera ed una di mare aperto.
Sono state censite popolazioni nell’oceano Pacifico, dove è diffuso dal Giappone alle Filippine e dal golfo di California fino alla Nuova Zelanda e al Cile; nell’oceano Atlantico, dove si trova dalla Scozia e dalla Norvegia fino alla Patagonia; nell’oceano Indiano, a partire dalla costa orientale dell’Africa fino all’Australia.
Nell’ovest dell’Atlantico è comune lungo le coste degli Stati Uniti fino al Golfo del Messico; è diffuso anche nel mar Nero e nel mar Mediterraneo, dove è il cetaceo più comune. In Italia sono frequenti lungo le coste siciliane, nell’Adriatico e in alcune porzioni del Santuario dei Cetacei. Quest’ultimo, denominato ora Santuario Pelagos, è un tratto di mare compreso tra Liguria, Toscana, Sardegna settentrionale e Francia meridionale in cui sono presenti dodici specie di cetacei, otto regolari e quattro occasionali. In quest’area marina il tursiope risulta soprattutto frequente lungo le coste della Toscana, dell’Arcipelago Toscano e della Liguria orientale.
Per quanto riguarda l’habitat marino, alcune popolazioni vivono in ambiente pelagico, soprattutto quelle che si trovano in prossimità delle isole oceaniche, mentre altre vivono nelle zone costiere, in acque calde che non superano la profondità di 30 m. Esistono quindi due ecotipi di tursiopi. Il tursiope può compiere migrazioni che sembra siano talvolta dovute a cambiamenti nella temperatura delle acque ed all’abbondanza e distribuzione delle prede. È stato osservato come a volte le acque costiere vengano utilizzate come area di nursery.
Tuttavia, nonostante sia una specie per lo più costiera, la si può trovare anche in altri habitat, dalle acque della piattaforma continentale, lagune e mari chiusi, ad acque che circondano isole e arcipelaghi. Meno frequente, ma comunque presente, in acque più profonde e in zone pelagiche (Bearzi et al. 2009).

Descrizione –
Il Tursiops truncatus è un delfino, come tutti i Cetacei, quasi completamente privi di peli e misura da 2,5 a 3,8 metri di lunghezza, per un peso fino a 650 kg.
Ha circa 100-120 denti tutti uguali che vengono usati solo per afferrare la preda ma non per masticarla perché la ingoiano intera facendola scivolare sulla lingua; sono presenti da 18 a 26 paia di denti conici su ogni mascella.
Come risultato di una convergenza evolutiva, i tursiopi presentano un corpo fusiforme simile a quello dei pesci che assicura loro una grande idrodinamicità, riducendo l’attrito con l’acqua.
I tursiopi pelagici hanno corpo più grande e robusto rispetto a quelli costieri e, come detto, vi sono differenze anche nella composizione dell’emoglobina del sangue. Queste differenze sembrano essere dovute al fatto che i tursiopi pelagici compiono immersioni più profonde rispetto a quelli costieri.
Hanno, tuttavia, colorazione pressoché identica in entrambe le popolazioni e appare di colore grigio con varie sfumature sul dorso e bianco sul ventre. Sui fianchi il grigio diviene più chiaro. Questa colorazione fa sì che i delfini siano difficilmente identificabili sia se osservati dal basso verso l’alto, sia se osservati dall’alto verso il basso.
Sul capo di questo cetaceo è presente un melone (organo di forma ovale formato da tessuto adiposo) pronunciato e la mascella e la mandibola allungate formano un rostro corto e tozzo, lungo circa 8 cm.
Il muso è caratterizzato dalla presenza di una specie di “sorriso” dovuto al fatto che l’animale è impossibilitato a muovere le mascelle in altra posizione. Sulla porzione apicale del capo è presente lo sfiatatoio, attraverso cui il tursiope espelle l’aria respirata e la cui apertura e chiusura è dovuta a muscolatura volontaria. Quando lo sfiatatoio è aperto, è possibile osservare il setto nasale.
La pinna dorsale, di forma triangolare e ricurva, è alta circa 23 cm mentre le pinne pettorali, chiamate flipper, sono lunghe circa 30–50 cm. La pinna caudale, suddivisa in due lobi (flukes), è larga circa 60 cm. Pinna dorsale e pinna caudale sono entrambe costituite da tessuto connettivo, e al loro interno non sono presenti né ossa né muscoli. Le pinne pettorali presentano invece delle ossa omologhe a quelle dei Mammiferi terrestri da cui i Cetacei si sono evoluti circa 50 milioni di anni fa.
Tuttavia, non è una specie particolarmente facile da identificare. Può essere confuso con il delfino comune e con la stenella striata, altri due cetacei che non superano i 4 m. Essi possono essere distinti grazie alla colorazione; il tursiope infatti non presenta striature bianche sui fianchi. Le stenelle sono inoltre mediamente più piccole.
Può essere confuso con la specie costiera Sotalia guianensis nel sud dell’oceano Atlantico.
I ricercatori, per effettuare gli studi su questi animali e poterli riconoscere facilmente utilizzano la tecnica della fotoidentificazione, che consiste nel fotografare la pinna dorsale dei Cetacei ed annotare poi le informazioni riguardanti la presenza su di essa di cicatrici o altri segni distintivi.

Biologia –
La riproduzione del Tursiops truncatus è abbastanza nota.
I maschi presentano due aperture nella parte inferiore del corpo, una nasconde il pene e l’altra costituisce l’ano. La femmina invece presenta una sola apertura genitale, che accoglie sia la vagina sia l’ano. Di fianco ad ogni lato dell’apertura genitale, sono presenti le fessure mammarie laterali che nascondono le ghiandole mammarie per l’allattamento dei piccoli.
Le femmine raggiungono la maturità sessuale intorno ai 6-12 anni, mentre i maschi intorno ai 10-13 anni.
La gestazione dura 12 mesi e le nascite avvengono in estate. I tursiopi partoriscono di norma un solo piccolo, lungo circa 1 m, che resterà in contatto con la madre per circa 6 anni. Lo svezzamento completo avviene dopo circa 18 mesi e comunque termina prima della nascita di un secondo piccolo. Nei tursiopi si assiste al fenomeno del babysitting: i piccoli vengono accuditi da una sola femmina, mentre le altre madri vanno a caccia. Si riproducono ogni 2 o 3 anni, cambiando ogni volta partner, ma se il primo piccolo muore alla nascita, la femmina può riprodursi dopo un anno.
Come in tutti i Cetacei, i piccoli nascono dalla coda e sono già in grado di nuotare per seguire la madre che dopo la nascita accompagna il piccolo verso la superficie per farlo respirare e in questa operazione talvolta è coadiuvata da altre femmine, generalmente imparentate con lei e che sono state chiamate “zie” (Herman e Tavolda, 1988).
Durante la stagione degli amori, i maschi combattono tra di loro per le femmine e di solito stabiliscono una gerarchia basata sulla taglia. Le coppie si formano quando un maschio mostra una certa preferenza nel nuotare accanto ad una femmina e resta con lei per un dato periodo di tempo. Successivamente, il maschio si pone di fronte alla femmina arcuando la parte posteriore del corpo, “accarezzandola” e strofinandosi su di lei. L’atto sessuale è rapido, dura circa 10-30 secondi, ma viene ripetuto diverse volte con un intervallo di qualche minuto tra ognuno e avviene sott’acqua: i delfini nuotano pancia a pancia, con la femmina che rivolge il dorso verso il basso; il maschio estende il suo pene, che viene inserito all’interno della vagina della femmina.
Si ricorda, inoltre, che in cattività sono nati degli ibridi da incroci tra tursiopi ed altri Delfinidi.

Ruolo Ecologico –
Il Tursiops truncatus è un animale sociale che vive in branchi, chiamati pod, composti generalmente da 2-6 individui. Tuttavia non è raro osservare individui solitari, generalmente maschi. Infatti i pod sono costituiti da un gruppo di femmine con i loro piccoli e i maschi vi si uniscono solo per un breve tempo. Alcuni tursiopi vivono insieme ad altre specie di Cetacei.
Studi effettuati da Wells in Sarasota, Florida, e da Smolker nella Shark Bay, Australia, hanno mostrato come le femmine della comunità sono collegate o direttamente o attraverso delle associazioni mutuali secondo uno schema sociale di “fissione-fusione”. Gruppi di associazioni più forti sono chiamati “bande” e la loro composizione può rimanere stabile per anni. Ci sono prove genetiche che i membri delle bande possono essere imparentati, ma queste bande non sono necessariamente limitate ad una singola linea matriarcale. Le femmine si associano principalmente per la protezione dei piccoli da predatori e conspecifici e non ci sono prove che le bande competano le une con le altre.
Nelle stesse aree di ricerca, così come a Moray Firth in Scozia, i maschi formano forti associazioni di due o tre individui. Questi gruppi di maschi sono noti come “alleanze” e i membri di esse mostrano dei comportamenti, come respirazione, salti e breaching, sincronizzati. La composizione dell’alleanza è stabile per decine di anni e può portare dei benefici nella ricerca delle femmine per l’accoppiamento. Una volta trovata la femmina, i maschi la circondano o la inseguono, e non sono rari i casi di aggressione nei suoi confronti. Connor riferisce che le alleanze possono unirsi temporaneamente ad altre alleanze, formando delle “super-alleanze” o “alleanze di secondo ordine” principalmente con lo scopo di ottenere femmine che sono insidiate da altre alleanze. Per esempio, l’alleanza A è costituita da due individui, la B da tre e la C anch’essa da tre individui. Tutte e tre le alleanze competono per la stessa femmina, così la formazione della super-alleanza tra A e B, formata da cinque individui dà un vantaggio numerico nella competizione con la C, formata da soli tre individui.
Ricercatori dell’Istituto per la ricerca applicata sui delfini – BDRI hanno invece dimostrato come la struttura sociale dei tursiopi residenti nella costa nordorientale della Sardegna varia in funzione del comportamento trofico e del bisogno di collaborare tra loro. La distribuzione e presenza dei tursiopi è stata correlata all’alimentazione di tipo opportunistico nelle vicinanze di un allevamento ittico che ha provocato dei cambiamenti nella distribuzione e concentrazione delle prede facilitando così l’alimentazione dei tursiopi e rendendo inutile la cooperazione per la caccia.
In queste condizioni le associazioni non variano in funzione del sesso degli individui, ma in relazione al comportamento trofico. È stato dimostrato come i delfini si associno, indipendentemente dal sesso, con esemplari con cui condividono le stesse preferenze alimentari. Gli impianti di acquacultura quindi sono in grado di interferire nei comportamenti e nella struttura sociale di questi mammiferi.
Per quanto riguarda i loro movimenti ed acrobazie questi delfini sono in grado di compiere delle acrobazie fuori dall’acqua, il cui significato non è ancora chiaro. Tra queste le più comuni sono:
– leaping: saltare completamente fuori dall’acqua;
– tailspinning: “camminare” all’indietro sull’acqua utilizzando la coda come perno;
– lobtailing: sbattere la pinna caudale sulla superficie dell’acqua;
– bow: saltare verticalmente completamente fuori dall’acqua;
– bowriding: nuotare sulle onde lasciate dalla prua delle imbarcazioni;
– breaching: effettuare dei “tuffi” fuori dall’acqua.
In riferimento alle loro caratteristiche alimentari sono animali predatori e spesso mostrano dei comportamenti aggressivi che comprendono combattimenti tra maschi per le femmine e aggressioni nei confronti di altri piccoli delfini.
Comunque è una specie opportunista, nutrendosi principalmente di Pesci (acciughe, sgombri, cefali, etc.) e Cefalopodi, in particolare specie costiere (calamari, seppie e polpi), ma non disdegna all’occorrenza i crostacei. Studi effettuati sui contenuti stomacali hanno evidenziato come nel Mediterraneo i Tursiopi si nutrano principalmente di naselli, pesci sciabola, gronghi e calamari. I denti conici sono utilizzati per afferrare il cibo, non per masticarlo.
Spesso i tursiopi cooperano tra di loro per cacciare e sono note anche cooperazioni tra delfini e pescatori. Inoltre frequentemente i tursiopi seguono i pescherecci per nutrirsi degli scarti o delle perdite dei pescatori.
Una particolare tecnica di caccia utilizzata da alcuni tursiopi è la strand-feeding o beach hunting, una tattica simile a quella usata dalle orche: i delfini radunano prima i pesci verso le coste sabbiose, nuotando paralleli ad esse, poi li spingono sulla sabbia e se ne nutrono spiaggiandosi parzialmente o completamente. Infine tornano al mare, con un movimento ad U. La strand-feeding è una tecnica piuttosto pericolosa, per questo viene praticata generalmente nei periodi di alta marea. Può essere praticata da individui solitari o da gruppi di delfini che collaborano per la cattura dei pesci. È un comportamento che si sviluppa solo nei tursiopi nati da altri beach-hunters, ma studi effettuati sul DNA mitocondriale hanno portato ad escludere una trasmissione genetica di questa tecnica di caccia, per cui si pensa che i delfini la imparino osservando le loro madri.
Inoltre è sicuramente il delfino più conosciuto e studiato; alcune abilità di questo animale si sono rivelate molto utili. Per esempio gli eserciti di Stati Uniti d’America e Russia addestrano i tursiopi per ricercare mine e subacquei nemici.
Inoltre l’interazione diretta con i tursiopi è usata nella terapia di molti adulti e bambini portatori di handicap e molti ritengono che ciò abbia degli effetti altamente positivi, soprattutto nel trattamento della depressione o dell’autismo.
Tuttavia i tursiopi possono però anche essere dannosi, in particolare per i pescatori, di cui lacerano le reti per cibarsi dei pesci in esse intrappolati.
Inoltre è una delle rare specie di delfini che sopportano la cattività; anche a causa di ciò è il più studiato e il più comune nei delfinari.
Importante è anche la produzione dei suoni.
Senza dubbio il senso più sviluppato dei tursiopi è l’udito, unito alla grande capacità di emettere suoni di frequenze diverse, divisi in tre categorie:
– Click, costituiti da una serie di suoni ad alta frequenza;
– Fischi (Whistles);
– Scricchiolii (Barks), simili all’abbaiare dei cani.
I click sono utilizzati per l’ecolocalizzazione, mentre gli altri suoni per la comunicazione. Ogni tursiope ha un suo fischio caratteristico, una sorta di “firma” (signature whistle), che lo rende identificabile immediatamente dai suoi conspecifici. Sono privi di corde vocali, per cui si ritiene che i suoni a bassa frequenza vengano generati mediante la laringe e per mezzo di sei sacche aeree poste vicino allo sfiatatoio.
Poiché il suono si propaga meglio in acqua che in aria i tursiopi, come tutti i Cetacei, sono privi dei padiglioni auricolari. Questo consente loro di avere una maggiore idrodinamicità. L’orecchio interno è inserito in un osso separato dal cranio mentre l’orecchio medio è altamente vascolarizzato. Quando il cetaceo si immerge, questo tessuto lo aiuta a compensare la pressione subacquea e ad evitare quindi lesioni al timpano.
Per quanto concerne l’ecolocalizzazione, i tursiopi sono in grado di riconoscere gli ostacoli e di ricercare il cibo per mezzo dell’ecolocalizzazione. Quando le onde sonore prodotte dall’animale, i click, raggiungono un ostacolo o una preda, rimbalzano e tornano indietro. I click sono prodotti da tre sacche aeree poste sulla testa. L’aria, per la contrazione dei muscoli dello sfiatatoio passa prima nella sacca superiore, poi in quella intermedia e infine in quella inferiore, producendo uno schiocco che viene poi amplificato dal melone, una massa di tessuto adiposo presente sulla testa. L’eco di ritorno viene captata dal delfino mediante la mascella inferiore e viene trasferito attraverso una sorta di olio fino all’orecchio interno.
Importante è anche lo studio dei comportamenti di questo cetaceo per determinarne il grado di intelligenza.
Il cervello dei tursiopi è piuttosto grande e raggiunge dimensioni paragonabili a quello di una scimmia antropomorfa. Come nell’uomo è costituito da due emisferi, ma presenta una corteccia più sottile, sebbene più grande del 40% e con una complessità quasi equivalente a quella degli umani. Il suo sviluppo si completa in circa 10 anni.
Tutti i mammiferi, inclusi i delfini, durante il sonno attraversano una fase detta REM. Il delfino è un respiratore volontario, anche mentre dorme, e ciò rende impossibile per i veterinari praticargli l’anestesia, che li porterebbe alla morte per asfissia. L’elettroencefalogramma ha mostrato come i delfini utilizzino solo un emisfero cerebrale alla volta per il sonno probabilmente per controllare il sistema di respirazione volontaria.
Secondo alcuni autori, la grandezza del cervello del delfino è sinonimo di intelligenza (anche se ancora ad oggi non esiste una definizione generalmente accettata di intelligenza) e di potenziali capacità di linguaggio, mentre secondo altri la maggior parte del cervello viene utilizzata dal tursiope per il nuoto e per l’udito.
Tra i predatori del Tursiops truncatus ci sono le grandi specie di squali, quali Galeocerdo cuvier, Carcharodon carcharias e Carcharhinus leucas.
Alcune orche si nutrono dei delfini, ma questo sembra essere piuttosto raro. Infatti mentre alcune orche che si nutrono di altri mammiferi predano i delfini, altre sono state osservate nuotare insieme ai delfini. Nuotare in branco permette ai delfini di meglio difendersi dai predatori, inoltre essi usano delle complesse strategie evasive per sfuggirgli. I tursiopi aiutano i loro simili feriti tenendoli fuori dall’acqua per respirare, un comportamento talvolta osservato anche nei confronti di subacquei in difficoltà.
Per quanto riguarda lo stato di conservazione di questa specie, viene classificata come “a rischio minimo” (LC) dalla lista rossa IUCN perché è molto comune e ha un areale molto ampio. Tuttavia ci sono diversi pericoli che ne minacciano soprattutto le popolazioni locali.
Le popolazioni del Mare del Nord, del Baltico, del Mediterraneo e del Mar Nero del delfino tursiope comune sono elencate nell’Appendice II della Convenzione sulla conservazione delle specie migratrici degli animali selvatici (CMS) della Convenzione di Bonn, poiché hanno un carattere di conservazione sfavorevole status o trarrebbero notevoli benefici dalla cooperazione internazionale organizzata mediante accordi su misura.
La specie è inclusa nell’Appendice II della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES), il che significa che il commercio internazionale (incluso quello di parti/derivati) è regolamentato.
La specie è coperta dall’Accordo sui piccoli cetacei del Baltico, dell’Atlantico nordorientale, dei mari d’Irlanda e del Nord (ASCOBANS), dall’Accordo sulla conservazione dei cetacei nel Mar Nero, nel Mar Mediterraneo e nell’area atlantica contigua (ACCOBAMS), dal Memorandum d’intesa per la conservazione dei cetacei e dei loro habitat nella regione delle isole del Pacifico, e il memorandum d’intesa riguardante la conservazione dei lamantini e dei piccoli cetacei dell’Africa occidentale e della Macaronesia.
Uno dei pericoli principali è la caccia: in Giappone e nelle Isole Fær Øer i tursiopi, insieme ad altre specie di delfini come le stenelle, sono oggetto di caccia per scopi alimentari o per la vendita ai delfinari. I delfini vengono accerchiati con delle barche e i pescatori sbattono sott’acqua delle barre d’acciaio allo scopo di creare una barriera sonora che spinge i tursiopi verso la spiaggia, dove vengono poi intrappolati per mezzo delle reti. Alcuni delfini vengono selezionati per la vendita ai delfinari, mentre gli altri vengono portati a riva dove vengono uccisi e inviati ai mercati alimentari. Anche in Italia, prima che la loro caccia fosse proibita, i tursiopi venivano uccisi per la preparazione del “musciame”, un piatto costituito da filetti di delfino essiccati al sole. Oggi la carne del delfino è stata sostituita dalla ventresca del tonno. Ancora abbastanza comuni sono invece le catture accidental.
Il numero dei tursiopi nel mar Nero è in diminuzione, così come nel Mediterraneo, sebbene essi rappresentino la specie di Cetacei più abbondante in quest’ultimo mare.
Le altre minacce sono in parte dovute alla pesca, che porta a una diminuzione del cibo disponibile per i tursiopi, e in parte ad altre attività umane, che causano inquinamento acustico e inquinamento dell’acqua, particolarmente dannoso per gli esemplari più giovani. Inoltre l’inquinamento dei mari e la presenza di scarichi di sostanze tossiche e metalli pesanti sembrano tra le potenziali cause di minaccia di questa ed altre specie marine.

Guido Bissanti

Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– GBIF, la Facilidad Global de Información sobre Biodiversidad.
– Gordon Corbet, Denys Ovenden, 2012. Guida dei mammiferi d’Europa. Franco Muzzio Editore.
– John Woodward, Kim Dennis-Bryan, 2018. La grande enciclopedia degli animali. Gribaudo Editore.

Fonte foto:
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