Un Mondo Ecosostenibile
Ambiente in Diretta

Bestiario del Capitalocene

Bestiario del Capitalocene

L’essere umano, con le sue incessanti attività di estrazione delle risorse e creazione di scarti, sta avendo un impatto mai visto prima sugli ecosistemi del nostro pianeta. L’influenza dell’uomo è talmente profonda da segnare la nostra era a livello quasi geologico: strati di materiale di origine umana (plastica, ma anche ossa di gallina) si stanno sovrapponendo agli strati geologici del passato per segnare una nuova era della storia del pianeta.
È sorta la necessità di dare un nome a questa nuova era.
“Antropocene” è il termine entrato nell’uso comune. Il concetto era stato espresso per la prima volta nel 1800 dallo scienziato Antonio Stoppani, che uso il termine “era antropozoica”. Il termine antropocene venne usato da scienziati russi negli anni ‘60 per indicare il Periodo Quaternario, mentre fu Eugene F. Stoermer a iniziare a usarlo negli anni ‘80 nel senso attuale. L’antropocene è definito dall’Enciclopedia Treccani come “Periodo geologico caratterizzato dalla funzione centrale dell’essere umano nella modificazione dell’ambiente terrestre.”
L’impressione di molti, io tra questi, è che questo termine non renda giustizia a quello che sta veramente succedendo. Pone l’essere umano al centro di tutto, ma non è così: se lo fosse veramente non staremmo distruggendo i nostri sistemi ecologici e sociali. Da questa constatazione altri autori hanno proposto altri termini: plasticene, tecnocene, ecc.
Il termine da me preferito è Capitalocene. Il termine è stato proposto da Jason W. Moore nel suo libro “Antropocene o Capitalocene?”, e pone l’accento sulle conseguenze del Capitalismo e del Libero Mercato, selvaggi e predatori, nei confronti della natura e della società.
Sono circa 20 anni che giro il mondo, osservo gli ecosistemi, prendo appunti, note, osservazioni su quello che gli esseri umani stanno facendo al nostro pianeta.
La cosa che mi ha sempre colpito di più in questo processo dove l’attività umana si sovrappone a quella “naturale”, è la nascita di strane creature, ibridi tecno-naturali coscientemente ingegnerizzati dalla nostra mente oppure nati dall’incrocio casuale dell’umano con il naturale.
E uso il termine naturale con una certa cautela. Il Carso circonda la mia città natale, Trieste, e i suoi boschi di pini neri sono luoghi di escursioni e contatto con la natura. Peccato che siano costrutti artificiali, piantati nel 1800 per trasformare una landa pietrosa in una riserva di legna per le navi dell’Impero Austro–Ungarico. Anche il luogo più selvaggio che circonda la città è un prodotto della mano dell’uomo.
Mi sono quindi trovato con una bella mole di appunti da organizzare. E mi sono chiesto: come usarli per creare una mappa mentale del mondo? Una mappa che non sia solo geografica ma che includa anche e soprattutto informazioni di carattere scientifico, naturale, ideologico, culturale, storico, economico e politico?

Nel medioevo si usavano bestiari, dove il regno animale veniva rappresentato da un’immagine, un nome, una breve descrizione e la lezione morale che quel animale rappresentava. I bestiari, che si accompagnavano a erbari e lapidari, includevano creature esistenti e immaginarie, erano basati sulla tradizione greco–romana (principalmente l’anonimo autore de Il Fisiologo e la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio) e non sull’osservazione e conoscenza diretta delle voci inserite.
Nel Rinascimento, con il cambio di mentalità in Europa Occidentale, si assiste alla nascita delle prime Kunst– e Wunderkammer, raccolte di oggetti notevoli (per valore, rarità o curiosità) appartenenti a vari regni, animale, minerale o artistico. Le Wunderkammer avevano i loro modi di classificare gli oggetti in mostra.
La Galleria delle Metamorfosi di Vincenzo I Gonzaga, per esempio, è divisa in quattro stanze corrispondenti a ciascun elemento classico: acqua, fuoco, terra e aria.
Altre classificazioni dividevano gli oggetti in Artificialia, creati dalla mano dell’uomo; Naturalia, creati da Dio e comprendente anche pietre, animali impagliati, disegni di piante; Mirabilia, mostruosità, mutazioni, anormalità, insolite o sorprendenti; Scientifica, ovvero strumenti usati per gli esperimenti e le misure fisiche e matematiche; Vanitas, oggetti che ricordavano ai visitatori la loro mortalità e l’importanza di seguire la religione cristiana; Exotica, se originava da fuori dell’Europa.
Le distinzioni spesso non erano nette. E così, ad esempio, una coppa ricavata da una noce di cocco intagliata e montata in oro riesce a essere allo stesso tempo Terra (la pianta di cocco) e Fuoco (l’orefice che ha fuso l’oro), Naturalia, Exotica e Artificialia.
Nei secoli successivi le Wunderkammer divennero Musei, i bestiari vennero sostituiti dai Manuali, fino ad arrivare alle moderne Wikipedie compilate dal basso.
Ispirato dalla creatività medievale e rinascimentale, ho sistemato i miei appunti nelle 27 voci di un Bestiario del Capitalocene. Le voci non includono solo entità che si potrebbero classificare come “animali” o “bestie”, ma anche appartenenti ad altri regni, dove il fattore in comune è l’essere stati toccati dal Capitale – una fluidità di appartenenza e molteplicità di significati che mi sono stati ispirati dalle Wunderkammer.
Il Bestiario del Capitalocene è uscito quest’anno per le Edizioni Delos nella collana non-aligned objects, collana di saggi che analizzano il mondo contemporaneo.

Lorenzo Davia

Link dove trovare il libro:
https://www.amazon.it/Bestiario-del-Capitalocene-Lorenzo-Davia-ebook/dp/B0CJ696BGJ/
https://delos.digital/9788825426106/bestiario-del-capitalocene




Un pensiero su “Bestiario del Capitalocene

  • Consoli Antonino

    Sono d’accordo con il termine Capitalocene, definisce chiaramente la civiltà consumistica che stiamo attraversando

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *