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Artocarpus integer

Artocarpus integer

Il chempedak (Artocarpus integer (Thunb.) Merr.) è una specie arborea appartenente alla famiglia delle Moraceae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Plantae,
Divisione Magnoliophyta,
Classe Magnoliopsida,
Ordine Rosales,
Famiglia Moraceae,
Genere Artocarpus,
Specie A. integer.
È basionimo il termine:
– Radermachia integra Thunb..
Sono sinonimi i termini:
– Artocarpos macrocarpon (Thunb.) Dancer;
– Artocarpus champeden (Lour.) Spreng.;
– Artocarpus champeden (Lour.) Stokes;
– Artocarpus hirsutissimus Kurz;
– Artocarpus integrifolia L.fil.;
– Artocarpus jaca Miq.;
– Artocarpus pilosus Reinw.;
– Artocarpus pilosus Reinw. ex Miq.;
– Artocarpus polyphemus Pers.;
– Polyphema champeden Lour.;
– Saccus champeden (Lour.) Kuntze;
– Saccus integer (Thunb.) Kuntze;
– Sitodium macrocarpon Thunb..

Etimologia –
Il termine Artocarpus proviene dalle parole greche ἄρτος, artos, cioè pane e καρπός, carpos, cioè frutto, con riferimento al sapore dei frutti dopo cottura della specie Artocarpus altilis.
L’epiteto specifico integer viene dal latino integer, cioè intero, in riferimento ai margini della foglia.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
L’Artocarpus integer è una pianta originaria del sud-est asiatico, in particolare del Borneo, Brunei, Indonesia (Celebes, Irian Jaya, Java, Kalimantan, Moluccas e Sumatra), Malaysia Peninsulare, Nuova Guinea, Singapore e Thailandia.
Il suo habitat naturale è quello delle foreste pluviali dove, di solito si trova ad altitudini fino a 450 metri, occasionalmente fino a 1.200 metri, con clima caratterizzato da elevata piovosità distribuita nell’arco dell’anno ed eventuali periodiche inondazioni. In Thailandia si trova spesso sui pendii umidi.

Descrizione –
L’Artocarpus integer è un albero sempreverde, con una chioma densa e arrotondata, alto 5-20 m con un diametro del tronco fino a circa 50-60 cm, dalla corteccia grigio bruna; tutte le parti della pianta contengono un lattice bianco.
Le foglie sono portate su un picciolo lungo 1-3 cm; sono alterne, semplici, di forma ellittico-obovate con margine intero ed apice appuntito, di 5-25 cm di lunghezza e 3-12 cm di larghezza, coriacee, di colore verde intenso lucido superiormente, verde pallido e pubescenti inferiormente.
Le nuove foglie sono racchiuse da due stipole (appendici alla base della foglia che hanno lo scopo principale di proteggerla durante l’iniziale fase di crescita) caduche, oblungo-triangolari, di 6-9 cm di lunghezza, di colore verde scuro; ramoscelli, piccioli, stipole e foglie sono provvisti di irti peli bruni, lunghi fino a circa 3 mm.
Le infiorescenze sono solitarie unisessuali sulla stessa pianta, portate direttamente sul tronco o sui rami (caulifloria) su corti germogli fogliati; quelle maschili sono racemi cilindrici, di 3-5 cm di lunghezza e 1 cm di diametro, con minuscoli fiori giallastri, quelle femminili sono racemi globosi o ellissoidi con numerosi fiori tubolari.
L’antesi, generalmente, si ha nei periodi da febbraio ad aprile e poi di nuovo da agosto a ottobre nella Malesia meridionale, a differenza della parte occidentale di Giava, dove tendono a fiorire in luglio e agosto.
Il frutto è su un peduncolo lungo 7-10 cm; è un sincarpo (insieme di più frutti concresciuti e saldati tra loro) di forma da globoso a oblungo-cilindrico, di 20-40 cm di lunghezza e 10-15 cm di diametro, con la superficie coperta da corti tubercoli piramidali, di colore da giallastro a giallo arancio, che emana un intenso sgradevole odore a maturità, simile a quello del Durio zibethinus e dell’Artocarpus heterophyllus.
Ogni frutto può pesare da 600 a 3.500 g.
I semi sono 15-100 per frutto, di forma ovoidi, leggermente appiattiti, di colore bruno chiaro, di 2-3 cm di lunghezza e 1,5-2,5 cm di larghezza, circondati da un arillo carnoso di colore verdastro, giallo o arancio, edule.

Coltivazione –
L’Artocarpus integer è un albero a crescita rapida che ha una varietà di usi, ma è particolarmente apprezzato per i suoi frutti commestibili. A volte viene coltivato per questo frutto, in particolare in Giamaica e in Kenya ma anche piantato in selvicoltura e talvolta coltivato come ornamentale.
Questa pianta è una coltura importante in Malesia ed è anche comunemente coltivato nel sud della Thailandia e in parti dell’Indonesia, e ha il potenziale per essere utilizzato in altre aree. Attualmente è limitato nel sud-est asiatico, con alcuni alberi in Australia e Hawaii.
Questi alberi sono normalmente piantati in terreni non erosi e ben drenati, sebbene possano tollerare inondazioni temporanee. Possono crescere dal livello del mare a 1.200 metri di altitudine a temperature comprese tra 13–47 °C e con precipitazioni annuali di 1.250–2.500 millimetri.
In Malesia viene solitamente coltivato con altri alberi da frutto in sistemi di frutteti misti di piccoli agricoltori e occasionalmente in grandi piantagioni di frutta.
Questa pianta si adatta ai climi tropicali umidi di pianura e preferisce un terreno fertile profondo e ben drenato.
Le giovani piante hanno bisogno di un po’ d’ombra, ma hanno bisogno di livelli di luce crescenti man mano che maturano.
La pianta preferisce una falda abbastanza alta e può sopravvivere, come detto, a periodiche inondazioni anche con acque acide di palude. Dal punto di vista pedologico preferisce un pH nell’intervallo 4,5 – 6, tollerando 4 – 6,5.
L’albero di solito fruttifica in modo prolifico ed è capace di rese molto elevate.
I capolini femminili si trovano solo sui germogli cauliflori; la maggior parte delle teste maschili si forma sui germogli alla periferia della chioma. Questo può facilitare l’impollinazione da parte del vento, anche se il polline è appiccicoso. Gli insetti visitano le profumate infiorescenze maschili, non quelle femminili, prive di nettare.
Gli alberi iniziano a dare frutti a 3-6 anni per gli alberi piantati per seme e a 2-4 anni per gli alberi clonali.
Dalla fioritura alla maturazione dei frutti ci vogliono circa 2-4 mesi.
Il momento della raccolta è fondamentale per garantire la qualità dei frutti. Uno dei modi più affidabili per determinare la maturità è toccare il frutto e ascoltare un suono cupo e sordo. Il colore della buccia può anche essere un indicatore di maturità, poiché le bucce mature passano dal verde a un colore più giallo. I frutti vengono raccolti idealmente prima della caduta per evitare danni, perdita di durata e maturazione prematura. Il frutto raccolto produce un essudato di lattice, e viene lasciato scolare nel campo prima di essere spostato dal frutteto. Il frutto ha una breve durata di conservazione di 2-3 giorni.
Gli alberi vengono normalmente propagati mediante innesto di gemme per mantenere i tratti genetici desiderati. Anche la propagazione per seme viene utilizzata ma i semi si deteriorano rapidamente dopo essere stati rimossi dal frutto, quindi devono essere piantati subito dopo la pulizia.

Usi e Tradizioni –
L’Artocarpus integer è una pianta conosciuta con vari nomi comuni anche in considerazione dell’areale dove cresce allo stato spontaneo.
Viene chiamata: chempedak, small jackfruit (inglese); banturug manuk, chempedak, mengkahai, nakan, pulutan, temedak (Borneo); atibrhatphala, chakka, kathal, kathar, panasa, panasapandu (India); akam-akam, anaane, campedak, cempedak, cempeudak, cimpedak, cubadak, nangka, tambura, tawerak, temedak (Indonesia); baroh, bankcong, deko, menelang (Malaysia); sonekadat (Myanmar); chempedak, champada (Thailandia); mít tố nữ (Vietnam).
IL frutto di questa pianta è ricercato per la sua polpa commestibile e polposa, di colore tipicamente giallo/arancione e ricca di beta-carotene. Ha un sapore dolcemente unico, simile a quello del durian e del mango.
Il frutto è normalmente consumato nelle zone dove viene coltivato e può essere consumato fresco o cotto. I grandi frutti vengono spesso tagliati a pezzi per la vendita. I semi possono essere fritti, bolliti o grigliati, quindi sbucciati e mangiati con sale. Il sapore dei semi è simile alla Eleocharis dulcis. Il giovane frutto può essere usato come verdura; in questo caso, il giovane frutto viene sbucciato, affettato e bollito, quindi a volte condito o aggiunto come ingrediente ad altri cibi, come il curry. Nel Kalimantan meridionale e orientale, in Indonesia, le persone storicamente consumano la buccia interna fermentata con batteri lattici di cempedak, tradizionalmente chiamata dami o mandai. La buccia può essere lavorata sbucciando il frutto finché non appare bianco, quindi fermentando la buccia interna. Il mandai viene solitamente consumato dopo la frittura.
I frutti immaturi sono consumati anche cotti in latte di cocco come ortaggio, la polpa (arillo) che circonda i semi dei frutti maturi, di sapore gradevole, dolce, meno acidula e fibrosa di quella del jackfruit, viene consumata sia cruda che cotta o variamente preparata. I semi sono ricchi di carboidrati, proteine, fibre e minerali, vengono consumati bolliti in acqua salata e pelati, arrostiti o fritti; anche la farina ha un alto valore nutritivo e può sostituire in parte quella di grano nella preparazione del pane.
Foglie e frutti vengono utilizzati nella alimentazione animale.
Varie parti della pianta vengono utilizzate nella medicina tradizionale delle popolazioni indigene per diverse patologie; dalle foglie è stato ricavato un idrocarburo, stilbene, con proprietà antimalariche.
Il legno è di buona qualità, resistente e durevole, e viene utilizzato come materiale da costruzione per l’arredamento della casa o delle barche.
Il legno appartiene a un gruppo di legni noto come keledang.
Il durame va dal giallo-marrone al rosso-arancio, da scuro a bruno dorato; è nettamente delimitato dalla fascia di alburno larga 5 – 7 cm. La tessitura è grossolana; la fibratura dritta o intrecciata; c’è un aspetto brillante, simile a un nastro. Il legno è abbastanza pesante, abbastanza duro, durevole, essendo moderatamente resistente ai funghi e resistente alle termiti e alle piralidi del legno secco. Stagiona un po’ lentamente con un alto rischio di distorsione e un leggero rischio di spuntatura; una volta asciutto è da moderatamente stabile a stabile in servizio. Ha un effetto smussante piuttosto elevato sugli utensili, si consigliano punte in stellite e carburo di tungsteno; la superficie è fibrosa e si consiglia il riempimento; prende male viti e chiodi; incolla correttamente. Il legno è usato per mobili, edilizia, torneria, carpenteria leggera, falegnameria e pannellature interne, scatole e casse, barche, ecc. Inoltre viene usato per fabbricare bare di alta classe in Malesia.
La corteccia fibrosa può essere utilizzata per realizzare corde.
Una tintura gialla può anche essere prodotta dal legno; questo colorante giallo viene utilizzato per colorare il saio dei monaci buddisti.
Non sono infine da sottovalutare le sue caratteristiche ornamentali.
Tra gli altri usi si ricordano quelli agroforestali.
L’albero si presta bene per progetti di rimboschimento in associazione con altre specie.
Una resina ottenuta dall’albero viene utilizzata come materiale verniciante.
Il lattice ottenuto dalla pianta non ha alcun valore ma può essere usato per fare la calce.
L’albero è una buona legna da ardere; il potere calorifico del durame privo di umidità è di 5369 kcal/kg di legno.

Modalità di Preparazione –
L’Artocarpus integer è un albero noto soprattutto per i suoi frutti che vengono consumati crudi o cotti. La polpa del frutto maturo è di colore giallo oro, è piuttosto viscida e fortemente odorosa, quasi come quella del durian ed ha un sapore dolce, simile al durian e al mango. Si consuma fresco, fritto con la farina o trasformato in una specie di budino.
Il frutto acerbo si usa come verdura cotta o si aggiunge alle zuppe.
I semi maturi vengono arrostiti o bolliti e mangiati come una prelibatezza; sono ricchi di amido ed hanno per alcuni un sapore di nocciola.
Le foglie giovani vengono cotte e usate come verdura.

Guido Bissanti

Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– GBIF, the Global Biodiversity Information Facility.
– Useful Tropical Plants Database.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore.

Fonte foto:
https://inaturalist-open-data.s3.amazonaws.com/photos/156026937/original.jpeg

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.




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