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Gli Akan e l’agricoltura

Gli Akan e l’agricoltura

Agli Akan appartiene una popolazione etnico-linguistica in cui si riconoscono una serie di popolazioni affini. Queste parlano lingue del ramo Kwa del gruppo Niger-Congo ed occupano le regioni centro-meridionali del Ghana e quelle centrali e sud-orientali della Costa d’Avorio. Ne fanno parte, tra gli altri, Ashanti, Agyi, Nzema, Fanti e Baule.
Queste popolazioni sono basate su famiglie patriarcali di molti componenti raggruppati in clan sia matrilineari sia patrilineari; le diverse tribù sono rette da un capo elettivo ed erano raggruppate in federazioni oggi sciolte.
Hanno una religione animista anche se molto diffusi sono i riti sincretismi e il cristianesimo; in questo territorio sono presenti società segrete, sia maschili che femminili, che occupano tutt’oggi gran spazio nel sociale.
Queste popolazioni, pur essendosi in parte trasformate per l’acquisizione delle moderne tecnologie e conoscenze europee, hanno un’organizzazione sociale e culturale basata su un sistema di insediamento ancora molto presente nelle campagne e nei villaggi.
Gli Akan hanno un economia agricola, nota importanza hanno le piantagioni di palme.
Tuttavia, la diffusione delle piantagioni specializzate, lo sfruttamento forestale e la nascita dell’industria stanno provocando un crescente esodo verso le città costiere dove oggi sorgono estese bidonvilles in cui vivono centinaia di migliaia d’individui in stato di paurosa miseria e che hanno ormai perso ogni identità etnica.
Il sistema economico degli Akan, pur se con i grandi stravolgimenti degli ultimi decenni, è complesso ed integrato, da oltre quattro secoli, nel sistema mercantilistico mondiale, basato sull’agricoltura.
Questa era fondata, fino al termine del 19° secolo, su una coltivazione itinerante della foresta e in cui a partire dai primi anni del secolo 20° vennero introdotte piantagioni commerciali: cacao, palma da olio, gomma, palma da cocco.
A queste si aggiungono il commercio, le attività estrattive e la pesca (costiera, fluviale e di laguna).
All’interno del gruppo etnico Akan ricordiamo anche gli Ashanti (o Asante) che sono una popolazione residenti principalmente nella regione del Ghana.
Le popolazioni migrate dal Nordafrica tra il XIII e il XIV secolo adottavano quale attività principale la coltivazione della terra, pur conducendo uno stile di vita seminomade. Nei secoli successivi, passati a fondare insediamenti stabili, gli Ashanti versavano ai Denkyira (potente nazione Akan che fiorì nella penisola dell’Ashantiland dagli anni ’20 del Seicento, in quello che nel ventunesimo secolo è il Ghan) un tributo composto da legname, fibra di plátano e argilla rossa. I tre beni erano legati all’attività femminile: l’argilla rossa era utilizzata dalle donne per decorare le abitazioni, mentre il legname e la fibra – destinate rispettivamente ad essere arse ed alla cura dell’igiene personale – erano direttamente raccolte dalle stesse.

Dal XVIII secolo, ottenuto l’affrancamento dai Denkyira e fondato il proprio Impero, gli Ashanti si dedicarono a floridi scambi di oro, cola ed altre merci con gli Europei stanziatisi sulla costa, attraverso rotte commerciali che giungevano dal nord, anche dall’area del Sahe. L’impero sostenne l’egemonia sugli scambi commerciali grazie a continue guerre con le popolazioni vicine ed ebbe un ruolo attivo nella tratta atlantica degli schiavi africani.
Tra il XX e il XXI secolo la regione di Ashanti ha contribuito in modo significativo all’economia ghanese: è infatti la principale area di produzione alimentare – in particolare di banane, cacao, cassava, igname e plátani – nonché di quelle aurifera e di legname.
Tutte queste popolazioni, residenti in questi territori, hanno dovuto subire purtroppo l’avvento di un’agricoltura intensiva, portata da grandi gruppi esteri, che ha generato, insieme agli sfruttamenti minerari e di altre risorse un degrado ambientale e sociale.
Così il cambiamento climatico negli ultimi vent’anni ha raggiunto livelli allarmanti per cui è necessaria un’azione urgente e globale per minimizzare l’impatto sulle popolazioni, specialmente le comunità più vulnerabili di questo Paese.
Secondo il Report 2019 del Gruppo Intergovernativo sul clima e la terra, al capitolo sesto, una gestione migliore delle terre coltivate, delle aree agroforestali e forestali ha la possibilità di mitigare l’impatto del cambiamento climatico. Per affrontare questo degrado ambientale e le sfide relative al clima, si stanno portando avanti alcuni progetti al fine di ottenere, tra gli altri, una filiera sostenibile del cacao e il miglioramento delle condizioni di vita.
Uno di questi progetti chiamato “Alleanza per Sankofa“, affronta problemi cruciali come la deforestazione e si propone di ridurre l’impronta di carbonio, assicurando diverse fonti di guadagno ai contadini e riconoscendo che, per essere veramente sostenibile, l’azione sull’ambiente si deve accompagnare allo sviluppo sociale ed economico. Sankofa è una parola della lingua locale Akan che significa “tornare indietro alle nostre radici per ritrovare quello che abbiamo lasciato lungo la strada“. Il progetto Sankofa è iniziato nel 2018 e finirà entro il 2022 con l’obiettivo di piantumare 400 ettari di appezzamenti agroforestali, puntando alla biodiversità delle coltivazioni e alla piantumazione di alberi ad alto fusto, creando impatto indiretto su 2400 persone.

Guido Bissanti




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