Ceratitis capitata
Ceratitis capitata
La mosca mediterranea della frutta (Ceratitis capitata Wiedemann, 1824), è un insetto appartenente alla famiglia dei Tephritidae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Animalia,
Sottoregno Eumetazoa,
Ramo Bilateria,
Phylum Arthropoda,
Subphylum Tracheata,
Superclasse Hexapoda,
Classe Insecta,
Sottoclasse Pterygota,
Coorte Endopterygota,
Superordine Oligoneoptera,
Sezione Panorpoidea,
Ordine Diptera,
Sottordine Brachycera,
Coorte Cyclorrhapha,
Sezione Schizophora,
Sottosezione Acalyptratae,
Superfamiglia Tephritoidea,
Famiglia Tephritidae,
Sottofamiglia Dacinae,
Tribù Ceratitidini,
Genere Ceratitis,
Specie C. capitata.
Sono sinonimi i seguenti termini:
– Ceratitis citripeda Efflatoun, 1924;
– Ceratitis citriperda Macleay, 1829;
– Ceratitis hispanica Breme, 1842;
– Pardalaspis asparagi Bezzi, 1924;
– Tephritis capitata Wiedemann, 1824;
– Trypeta capitata (Wiedemann, 1824).
Distribuzione Geografica ed Habitat –
La Ceratitis capitata è un insetto fitofago la cui larva si sviluppa come carpofago e polifago all’interno della polpa di molti frutti.
È un insetto di probabile origine dell’Africa subsahariana o dell’Africa occidentale, da cui nell’arco di un secolo si è insediata nel bacino del Mediterraneo e poi diffusa in tutto il mondo. Attualmente è infatti una specie cosmopolita, presente tutto l’anno nelle regioni tropicali e subtropicali di tutti i continenti: Nordamerica, Sudamerica, Asia, Oceania. Nelle zone temperate la sua presenza è invece stagionale. È presente, inoltre negli Stati Uniti meridionali (California, Texas, Florida) e in Messico, dove era scomparsa nel Nordamerica, negli anni ottanta, per poi ricomparire in più riprese in California.
È invece scomparsa in Nuova Zelanda e nelle Hawaii.
Questa mosca è polifaga e vive soprattutto a carico di piante come Drupacee, Pomacee, Agrumi, Kaki, Fico, Actinidia, ecc..
Morfologia –
La Ceratisis capitata è una piccola mosca di 4-6 mm di lunghezza.
Presenta un capo caratterizzato da due occhi composti verdastri.
Il torace è di colore grigio-giallastro.
Le ali membranose e presentano caratteristiche macchie colore giallo ocraceo.
L’addome, è tondeggiante e termina a punta, è di colore giallo-arancio, con barrature trasversali grigio argentee.
Le larve sono biancastre, carpofaghe ed adattate in modo specifico alla vita endofitica.
Le larve sono apode, allungate, subconiche, ristrette verso il capo, di colore bianco-giallastro. Le larve neonate sono lunghe meno di un millimetro e sono percettibili con difficoltà ad occhio nudo. Quelle mature sono lunghe 7-9 mm.
Le pupe, derivano dalla muta delle larve mature e sono protette all’interno del pupario, da una capsula ellittica formata da una trasformazione dell’esuvia dell’ultima muta larvale, di colore rossastro. Il pupario è lungo 4-5 mm. In alcuni ceppi i pupari da cui sfarfalleranno le femmine sono di colore bianco, quelli da cui sfarfalleranno i maschi sono invece bruno-rossastri.
Le uova sono allungate e leggermente ricurve e misurano 1,0 x 0,2 mm circa; sono di colore bianco lucente, con area micropilare sporgente.
Attitudine e Ciclo biologico –
Nelle regioni a inverno mite la Ceratisis capitata sverna soprattutto allo stadio di pupa nel terreno, ad alcuni centimetri di profondità. Nelle zone agrumicole sverna anche come adulto o come larva negli agrumi. Temperature inferiori ai 2 °C per una settimana provocano la morte delle pupe. Nelle regioni tropicali le generazioni si susseguono ininterrottamente per tutto l’anno.
In Italia lo sfarfallamento degli adulti si ha nel mese di maggio-giugno.
La femmina depone le uova preferibilmente su frutti ad alto tenore in zuccheri, a basso grado di acidità e con polpa tenera. Questa preferenza fa si che gli attacchi siano in funzione del tipo di frutto e di stagione. Nell’Italia meridionale, in piena estate, gli attacchi s’indirizzano preferibilmente sul pesco, sull’albicocco, sul fico e sulle varietà precoci di pero, mentre in genere è evitato il susino. Nella tarda estate gli attacchi si estendono anche ad altre varietà di pero, al melo, talvolta al susino e all’uva, ma soprattutto al fico d’India e alle varietà precoci di kaki. In autunno gli attacchi proseguono sul fico d’India e sul kaki per passare infine agli agrumi, in particolare il clementine e gli aranci precoci del gruppo Navel (Naveline).
La femmina, in genere vengono deposte 4-6 uova per puntura, fino ad un massimo di una decina. Una femmina può praticare anche diverse punture sullo stesso frutto, perciò si possono deporre anche diverse decine di uova in un solo frutto. Nel corso della sua vita una femmina può deporre da poche centinaia fino ad un migliaio di uova, pertanto può attaccare centinaia di frutti.
Alla prima generazione, conseguente alle prime ovideposizioni ne possono seguire 5-6 nel corso dell’anno; le prime generazioni si sviluppano sulle Drupacee, poi, l’insetto passa sulle Pomacee e, al Sud, sugli Agrumi nelle generazioni di fine estete-autunno.
Queste ultime generazioni sono quelle che comportano la massima densità della popolazione del fitofago.
In generale la Ceratisis capitata compie anche 6-7 generazioni all’anno, nell’Italia centro-meridionale e 3-4 generazioni in quella settentrionale.
La durata del ciclo di sviluppo, dalla deposizione dell’uovo allo sfarfallamento dipende dalla temperatura e varia da un minimo di 2 settimane (a 29 °C in laboratorio), ad un massimo di 3 mesi (10-12 °C). In condizioni ordinarie, la durata di una generazione estiva è dell’ordine di 20-30 giorni. Sotto i 9 °C l’attività biologica si arresta completamente.
Subito dopo la fuoriuscita dall’uovo le larve si sviluppano all’interno della polpa provocandone il disfacimento. A maturità fuoriescono dal frutto, si lasciano cadere e s’impupano nel terreno. Contrariamente alla mosca dell’olivo, lo stadio di pupa si svolge sempre fuori dal frutto attaccato.
La dinamica di popolazione di questo insetto varia secondo la regione geografica e secondo le annate.
La dinamica è determinata da tre condizioni: il decorso termico stagionale, con particolare riferimento alla stagione fredda, la disponibilità alimentare, il potenziale riproduttivo della specie. Dal momento che il potenziale biologico aumenta di generazione in generazione, la pericolosità della specie dipende dal numero di generazioni che si ripetono nell’arco dell’anno e dalla rapidità con cui si sviluppa la prima generazione. Per questo motivo la pericolosità della specie è strettamente legata alla latitudine.
Ruolo Ecologico –
La mosca mediterranea della frutta è una delle avversità economicamente più rilevanti a carico della frutta estiva prodotta in ambiente mediterraneo.
Questo insetto polifago interessa oltre 250 specie agrarie.
In Italia è particolarmente dannosa su alcune drupacee (pesco e albicocco), sul fico, sul fico d’India e sul caco. In annate di gravi infestazioni gli attacchi si riversano anche sulle pomacee (melo, pero, nespolo del Giappone), sulla fragola, sul kiwi. Sugli agrumi gli attacchi si sono in genere rivelati di minore gravità rispetto ad altri fruttiferi, grazie all’azione inibente esercitata dall’olio essenziale contenuto nel flavedo, ma negli ultimi anni i danni si manifestano di maggiore entità, probabilmente per una maggiore diffusione di tipi genetici ad ovopositore più lungo, in grado di deporre le uova più in profondità. In ogni modo gli agrumi sono gli ospiti fondamentali per le generazioni tardive nei Paesi del bacino del Mediterraneo.
I danni si verificano sui frutti e sono provocati:
– dalle punture di ovideposizione che determinano la comparsa di aree zonate e mollicce (Agrumi) soggette, successivamente, a marcescenza;
– dall’attività delle larve che si sviluppano in modo gregario dentro ai frutti; esse si nutrono della polpa provocando anche il disfacimento molle della polpa stessa che successivamente viene attaccata anche da agenti di marciumi fungini, determinando la completa degenerazione del frutto.
I frutti colpiti sono soggetti a cascola.
La lotta contro la Ceratitis capitata è in continua evoluzione e come per altri insetti risentirà notevolmente della applicazione di tecniche agro ecologiche verso una minore specializzazione degli impianti arborei e di specie più resistenti.
Fino a pochi anni fa la lotta contro la Mosca della frutta è stata di tipo chimico, con criteri di lotta guidata ed integrata; attualmente si stanno sperimentando alcuni mezzi biotecnologici che hanno dimostrato un certo successo nel controllare le popolazioni di Ceratisis capitata.
Prima di intervenire nella lotta è opportuno comunque fare il monitoraggio per stabilire la soglia di intervento utile.
In generale i metodi di lotta contro la Ceratitis capitata sono i seguenti:
– lotta chimica guidata ed integrata;
– lotta biologica;
– lotta biotecnica.
La lotta chimica ed integrata richiede l’impiego di principi attivi ad azione citotropica, in grado di penetrare nel frutto e svolgere la loro azione preventiva o curativa nei confronti delle larve neonate. Di nessuna utilità è il trattamento larvicida nei confronti delle larve che hanno già intrapreso lo sviluppo in quanto il danno si è ormai già verificato.
La lotta a calendario, utilizzata soprattutto un tempo, prevede la protezione dei frutti ripetendo il trattamento in prossimità dello scadere dell’intervallo di carenza. Questo approccio è poco efficace e di notevole impatto ambientale ed economico.
Infatti l’impossibilità di individuare le infestazioni sul nascere costringe ad iniziare i trattamenti con un congruo anticipo con conseguente aumento del numero di interventi.
In definitiva la lotta a calendario comporta un sensibile aumento dei costi, un maggiore impatto sull’entomofauna utile a causa dell’impiego di insetticidi a largo spettro d’azione, un maggiore rischio sulla salute dei consumatori, aspetti negativi che non sono controbilanciati da un’adeguata efficacia.
Un passo avanti in difesa della natura è avvenuto con la lotta guidata che è un approccio più razionale, fermo restando che la sospensione dei trattamenti in prossimità della raccolta non garantisce l’incolumità della produzione. Per l’impossibilità di individuare l’inizio delle infestazioni, la lotta guidata si può praticare solo con il monitoraggio degli adulti, impiegando trappole cromotropiche o, meglio, trappole innescate con attrattivi chimici. Dato il notevole potenziale biologico di questa specie, la soglia d’intervento è molto bassa.
Nella lotta chimica è eseguita con principi ad attività citotropica nei confronti sia delle larve che degli adulti.
È eseguibile anche il trattamento adulticida con l’uso delle esche proteiche avvelenate. Questo effettuato su grandi superfici ha sempre offerto risultati migliori dei trattamenti larvicidi. In questo caso s’interviene con irrorazioni localizzate (ad esempio a filari alternati su parte della chioma) di prodotti a base di proteine idrolizzate ed un insetticida (estere fosforico o piretroide). Gli adulti sono attirati dall’attrattivo alimentare e vengono uccisi prima della riproduzione.
C’è da sottolineare però che la lotta con le esche si rivela efficace se condotta su grandi superfici e molto precocemente, alla comparsa dei primi adulti (le soglie d’intervento vanno secondo il contesto da valori minimi da 1 a 3-4 adulti fino a massimi di 20-40 adulti per trappola a settimana in condizioni favorevoli alla proliferazione del fitofago). Il contenimento delle ovideposizioni della prima generazione permette di mantenere basso il livello delle infestazioni.
La lotta biologica non ha, ad oggi, sortito molto successo. Questa mosca, pur avendo diversi antagonisti naturali, ha un potenziale biologico molto alto e solo in contesti particolari gli ausiliari possono esercitare un’efficace azione di controllo. Fra questi è citato nella lettura il controllo biologico nelle isole Hawaii per diversi decenni con specie di Opius introdotte da Filippo Silvestri nel 1913.
La lotta biologica potrà avere più successo con la biodiversificazione delle colture all’interno delle aziende agricole e dei comprensori ma in condizioni di specializzazione colturale è praticamente poco applicabile.
Inoltre nel bacino del mediterraneo non esiste un vero e proprio antagonista ausiliario che possa svolgere un ruolo significativo nella lotta biologica. Contribuiscono al contenimento delle popolazioni alcuni microrganismi e alcuni predatori occasionali. Fra i parassitoidi è stata segnalata l’azione di Opius concolor (Hymenoptera Braconidae) e di Pachyneuron vindemmiae (Hymenoptera Pteromalidae) nel Nordafrica e in Medio Oriente. La prima specie è stata peraltro impiegata in programmi di lotta biologica.
Negli utlimi tempi sta venendo in soccorso al contenimento della Ceratitis capiata la lotta biotecnologica.
Questa tecnica di lotta è quella dell’autocidio, basata sull’allevamento di grandi quantità di insetti che vengono sterilizzati nei laboratori e quindi immessi in ambiente.
Questa operazione deve essere ripetuta più volte tenendo conto che una competizione di almeno 1:1, cioè un insetto sterile lanciato nell’ambiente ed un insetto fecondo, riduce il potenziale riproduttivo della specie del 50% (un rapporto 9:1 lo riduce al 10%).
La sterilizzazione viene fatta mediante radiazioni oppure con sostanze chemiosterilizzanti.
In ogni caso il successo della tecnica è direttamente proporzionale all’entità della superficie interessata dall’intervento, alla densità della popolazione iniziale, al numero degli insetti lanciati ed alla competitività dei maschi sterili rispetto a quelli fecondi.
In conclusione va detto che l’approccio agroecologico è la vera ed unica soluzione al contenimento di questo insetto. Questo approccio pretende però che l’intervento inizi nella fase di progettazione delle coltivazioni evitando sesti troppo fitti, eccessiva specializzazione delle parcelle o dei comprensori produttivi, introduzione di consociazioni, inerbimenti e tecniche che permettano l’insediamento dei parassito idi di questo insetto e così via.
La proliferazione di molti insetti, come nel caso della Ceratitis capitata avviene perché le condizioni dell’agroecosistema sono molto lontane da quelle di equilibrio ecologico a cui l’insetto, in qualche modo, reagisce.
Guido Bissanti
Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Russo G., 1976. Entomologia Agraria. Parte Speciale. Liguori Editore, Napoli.
– Tremblay E., 1997. Entomologia applicata. Liguori Editore, Napoli.