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L’Agricoltura della morte

L’Agricoltura della morte

Quella che oggi definiamo agricoltura industriale, di fatto, non ha nulla a che vedere con le millenarie scuole di tutto il mondo, di una delle più antiche attività dell’uomo.
L’agricoltura industriale, è un modello di produzione invasivo, colonialista e basato su tecnologie di guerra. Questo sistema di produzione nasce in quell’epoca che sarà definita dai libri di storia, semmai qualcuno potrà leggere questa storia, come il grande Periodo Oscuro.
Un periodo nato ai primi del ‘900 e sancito tristemente il 6 agosto 1945 con la bomba atomica sganciata su Hiroshima. Un periodo che coincide con la massima espressione del modello colonialista dell’Occidente e che apre il sipario con le 80.000 vittime dell’atomica, con le decine di migliaia morte in seguito alle radiazioni nucleari e con le vittime innocenti dei campi di concentramento e dei composti chimici bellici.
Questo sipario apre quel palcoscenico che ben presto darà inizio all’industria chimica, gran parte derivata da quella bellica e postbellica, che continua a mietere vittime in gran parte inconsapevoli e che ci ricordano i famosi versi del poeta Giuseppe Giusti: Strumenti ciechi d’occhiuta rapina Che lor non tocca e che forse non sanno.
Da queste tecnologie, che nulla hanno a che fare con le leggi dell’ecologia ed i codici della natura, ha preso origine l’agricoltura industriale basata sulla chimica, che continua a uccidere milioni di specie, causando la sesta estinzione di massa. Tramite essa le specie viventi spariscono a un ritmo 1000 volte quello normale a causa del diffondersi di veleni tossici in ogni angolo del mondo, distruggendo antiche foreste ed habitat di tutto il Pianeta.
L’avvento di queste sostanze sta alterando per sempre gli equilibri tra le varie specie, sta conducendo ad una estinzione senza punto di ritorno, sta diminuendo la capacità dell’ecosistema di trasformare le energie cosmiche e planetarie, conducendo così i sistemi agricoli ad un impoverimento esponenziale.
Sono dati ufficiali che però quasi nessuno porta alla luce. Nella sola India 300.000 agricoltori si sono suicidati per le condizioni di povertà in cui sono stati trascinati da questo sistema e metà dei bambini sono oramai malnutriti, come risultato di terre sempre più aride, povere di biodiversità, da dove alla fine bisogna fuggire.
Così, in tutto il mondo, ogni 5 secondi muore un bambino sotto i 5 anni per fame. Ogni anno muoiono di fame 9 milioni di persone e, secondo la FAO, più di 1 miliardo di persone patiscono la fame, anche in paesi ricchi dove il cibo è abbondante. Tutto questo significa che una persona su sei sulla Terra non ha abbastanza cibo per una vita sana.

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A questi dati bisogna aggiungere che ogni anno 200.000 persone muoiono d’avvelenamento da pesticidi ed una morte su sei è dovuta al cancro, facendone la seconda causa di morte (seconda solo alle malattie cardiovascolari); ricordiamo che di questi solo 5% dei tumori è genetico; il resto è dovuto agli agenti tossici nell’ambiente e negli alimenti. Si stima che, solo nel 2017, 9,6 milioni di persone siano morte per le varie forme di cancro.
Per di più l’agricoltura industriale ha condotto l’umanità verso un sistema alimentare povero, di cui il 90% è costituito da riso, mais, soia e frumento, molti di questi oramai OGM, e quindi sotto il controllo di poche multinazionali, trascurando così gran parte delle coltivazioni che invece rappresentavano quella biodiversità agricola che tutelava l’umanità e l’ambiente.
All’impoverimento degli agro ecosistemi e dei sistemi alimentari mondiali si affianca l’altro impoverimento, per certi versi anche più grave del precedente, che è quello della perdita dei saperi millenari che le antiche civiltà contadine avevano accumulato unitamente alla biodiversità delle sementi.
Il risultato è quello di un sistema produttivo che si stima avere un rendimento energetico pari ad 1/10 di quello dei sistemi senza l’uso dei veleni e che vedono nelle varie forme di agroecologia, coltivazione biologica, permacultura, agricoltura biodinamica e altre scuole di coltivazione naturale l’unica speranza per la salvezza della civiltà.
Coloro che raccontano la solita bufala che l’agricoltura industriale è l’unica che possa sfamare il mondo oltre ad essere in mala fede non conoscono per niente le leggi dell’ecologia, dei sistemi energetici complessi, come quelli legati alla biodiversità che stanno alla base dell’agroecologia e delle altre forme di agricoltura naturale.
Insieme a questi paladini del cosiddetto cartello dei veleni fa riscontro una scuola di economia ed una parte del mondo della ricerca, spesso finanziata proprio da queste multinazionali, che continuamente sforna dati atti a confondere agricoltori e cittadini che in questo stato di cose rimangono frastornati e disorientati.
Eppure da anni le scienze ecologiche e naturalistiche hanno dimostrato questo grande bluff che però è difficile da smascherare perché per farlo serve conoscenza, consapevolezza, integrità morale, tutti dote che in questa fase della storia sono state avvelenate da questo sistema.
Per uscire da questa grande menzogna bisogna pertanto lavorare su tre fronti: su quello agroecologico, recuperando antiche dottrine, rialfabetizzando la gran parte degli agricoltori e degli operatori del settore, innestando quanto di buon la Scienza, quella sana, ha prodotto negli ultimi tempi; rieducando l’umanità ad un diverso sistema alimentare; ed infine, mettendo in correlazione prossima luoghi di produzioni con luoghi di consumo.
Abbiamo pochi anni per fare questa transizione ma non illudiamoci che tutto ciò sia semplice per il motivo che questa è la terza guerra mondiale, combattuta su un campo diverso e più vasto: da un lato i signori dei veleni, dall’altro tutta l’umanità. Se volgiamo vincerla dobbiamo metterci al fianco del grande nostro alleato: la Natura.

Guido Bissanti




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