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Lagocephalus lagocephalus

Lagocephalus lagocephalus

Il capolepre (Lagocephalus lagocephalus Linnaeus, 1758) è un pesce di mare appartenente alla famiglia dei Tetraodontidae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Animalia,
Sottoregno Eumetazoa,
Superphylum Deuterostomia,
Phylum Chordata,
Subphylum Vertebrata,
Infraphylum Gnathostomata,
Superclasse Osteichthyes,
Classe Actinopterygii,
Sottoclasse Neopterygii,
Infraclasse Teleostei,
Superordine Acanthopterygii,
Ordine Tetraodontiformes,
Sottordine Tetraodontoidei,
Famiglia Tetraodontidae,
Genere Lagocephalus,
Specie L. lagocephalus.
Sono sinonimi i termini:
– Lagocephalus exilis Tanaka, 1916;
– Lagocephalus lagocephalus subsp. lagocephalus (Linnaeus, 1758);
– Lagocephalus lagocephalus subsp. nigridorsum Fowler, 1944;
– Lagocephalus lagocephalus subsp. oceanicus Jordan & Evermann, 1903;
– Lagocephalus oceanicus Jordan & Evermann, 1903;
– Lagocephalus pennanti Swainson, 1839;
– Tetraodon janthinus Vaillant & Sauvage, 1875;
– Tetraodon lagocephalus Linnaeus, 1758;
– Tetrodon lagocephalus Linnaeus, 1758;
– Tetrodon pennantii Yarrell, 1836;
– Tetrodon stellatus Donovan, 1804.
All’interno di questa specie vengono riconosciute le seguenti sottospecie:
– Lagocephalus lagocephalus lagocephalus (Linnaeus, 1758);
– Lagocephalus lagocephalus oceanicus (Jordan & Evermann, 1903).

Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il Lagocephalus lagocephalus è un pesce palla che si trova in tutti gli oceani tropicali e subtropicali, a profondità comprese tra 10 e 475 m. Sebbene sia originario degli oceani Pacifico, Atlantico e Indiano nonché del Mar del Giappone, negli ultimi anni è stata segnalata un’impennata nella sua distribuzione in tutto il Mar Mediterraneo.
In Italia è stato segnalato nel mar Ligure, Livorno, Palermo e altre località della Sicilia, ove capita di spiaggiare a causa delle correnti.
Il suo habitat è in acque aperte, mai troppo al largo però, né troppo lontano dal fondo.

Descrizione –
Il Lagocephalus lagocephalus è un pesce la cui lunghezza arriva fino a 61 – 65 cm, con il corpo colore ardesia o grigio azzurrastro sul dorso, bianco latteo nel ventre. Gli esemplari giovanili hanno macchiette nere sparse nella zona spinosa.
La livrea è caratteristica ed è il miglior criterio per distinguerlo da specie affini, il dorso è infatti di colore blu, i fianchi bruni ed il ventre bianco mentre le pinne sono tutte scure.
Il corpo è oblungo e fusiforme, ricoperto di pelle liscia senza placche o scudetti, ma dotato di spine corte e disposte in serie longitudinali nella regione ventrale, che è rigonfiabile e pieghettata in attitudine di riposo.
La linea laterale è marcata e suddivisa in rami che circondano l’orbita e rami trasversali, che si congiungono con la linea laterale o che si diradano verso la zona ventrale. La testa, robusta, ha occhi circolari di grandezza media e aperture nasali minuscole.
Ha una bocca piccola e i denti sono riuniti in due placche dentarie superiori e due inferiori. Può ingerire acqua o aria.
Possiede una sola pinna dorsale molto spostata indietro e con 13-16 raggi. Quella anale è simmetrica alla dorsale ed ha 11-13 raggi. La caudale (15 raggi) ha il margine posteriore incavato e il lobo inferiore più lungo di quello posteriore. Le pettorali sono alquanto robuste ed hanno 14-16 raggi. Le ventrali sono assenti.

Biologia –
Il Lagocephalus lagocephalus è un pesce la cui biologia è poco nota, così come anche la riproduzione ed i suoi aspetti e momenti.

Ruolo Ecologico –
Il nome Lagocephalus lagocephalus significa “testa di coniglio” ed è una specie pelagica che allo stadio giovanile staziona vicino agli estuari dei fiumi e da adulta preferisce acque tropicali o calde, a profondità tra i 10 e i 100 m, ma può scendere anche oltre i 450 m. Perlopiù si sposta grazie alle correnti.
Questo pesce se minacciato, si gonfia ingerendo aria o acqua, che trattiene contraendo gli sfinteri del piloro e dell’esofago e in modo da gonfiare lo stomaco, fino ad assumere una conformazione a palla.
Si nutre sia di detriti che di organismi animali (crostacei e molluschi).
Si cattura raramente con reti da circuizione e con lenze a terminale di acciaio.
Sebbene la sua tossicità non sia accertata numerose specie appartenenti allo stesso genere hanno carni, pelle e viscere altamente tossiche a causa dell’alto contenuto di tetrodotossina, veleno mortale per l’uomo. Inoltre può creare qualche rischio a causa della potente dentatura capace di provocare ferite anche gravi; tuttavia per i giapponesi è considerato una prelibatezza.
Si ritiene, comunque, che sia responsabile di avvelenamenti mortali e pertanto non dovrebbe essere mangiato.

Guido Bissanti

Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– GBIF, the Global Biodiversity Information Facility.
– Louisy P., 2016. Guida all’identificazione dei pesci marini d’Europa e del Mediterraneo. Il Castello Editore, Milano.
– Nikiforos G., 2008. Fauna del Mediterraneo. Giunti Editore, Firenze.

Fonte foto:
https://inaturalist-open-data.s3.amazonaws.com/photos/308127627/original.jpeg
https://www.gbif.org/occurrence/1265269343




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