Dalla Giustizia alimentare a quella sociale ed ecologica
Dalla Giustizia alimentare a quella sociale ed ecologica
Il nostro mondo, e la sua storia, sono arrivati, oramai, alla resa dei conti.
Non stiamo parlando di una resa dei conti apocalittica ma di quella nuova luce che pian piano si va manifestando per rischiarare le tenebre di uno dei periodi più oscuri della storia umana.
Un periodo che si era preannunciato come liberatore per l’umanità e portatore di benessere generale. Un periodo che tra colonialismo, liberismo e spregiudicate politiche economiche, è andato avanti finché, raggiunta la globalizzazione dei fattori, non ha dovuto fare i conti con la realtà di un mondo, e della sua Natura, che viaggiano su principi e regole totalmente differenti.
Anzi, la globalizzazione, da più parti vista come obiettivo da raggiungere e da altri come fattore negativo da osteggiare, è quella dimensione che sta resettando gradualmente tutte le illusioni e falsità storiche. Ovviamente ci vuole tempo, stiamo parlando di processi storici e, quindi, di cambiamenti in scale medio-lunghe.
Un periodo che ha portato a paradossi e a squilibri colossali: tra ingiustizie sociali sempre più evidenti e disastri ecologici sempre più manifesti.
Tra questi quello che, spesso, passa troppo inosservato (ma che ha ricadute sociali ed ecologiche tra le più rilevanti): stiamo parlando dello Spreco Alimentare.
Spreco Alimentare –
Lo Spreco Alimentare, anzi, è uno dei paradossi più manifesti ma anche più sottovalutati e taciuti.
A tal proposito va sottolineato che, soprattutto di recente, a causa della guerra in Ucraina, le solite note multinazionali e le lobby (della disinformazione) si sono riaffrettate a dichiarare che le nuove frontiere dell’agroecologia e del’agricoltura biologica (che non sono sinonimi) affameranno il mondo e che solo aumentando le produzioni (cioè intensificando la già insostenibile agricoltura cosiddetta convenzionale, basata sulle monocolture, elevati apporti di chimica di sintesi, meccanizzazione, energie, ecc.) si può sfamare il mondo: che benefattori!
Il paradosso sta proprio nel fatto che, intanto, con questo modello agroalimentare (quindi nono solo come produciamo ma come organizziamo anche la distribuzione, la logistica, ecc.), a livello globale, produciamo cibo in abbondanza, tanto da poter sfamare l’intera popolazione mondiale.
C’è di più, se convertissimo tutto il sistema agroalimentare con sistemi estensivi (non parliamo nemmeno di agroecologia e biologico) potrebbero nutrirsi circa 30.000.000.000 (trenta miliardi) di persone (vedi la stima) ma, ovviamente come detto in quest’analisi, non con questo paradigma economico altamente energivoro e insostenibile.
In tale contesto attuale (produciamo più cibo di quello che serve) e potenziale (potremmo sfamare trenta miliardi di persone) la fame resta ancora un grave problema per molti. Ma c’è di peggio: stiamo erodendo ad una velocità impressionante le risorse del pianeta: suolo in primis e biodiversità a seguire.
Tornando allo spreco alimentare, ogni anno 1,6 miliardi di tonnellate di cibo, per un valore stimato di circa 1200 miliardi di dollari, vengono persi o sprecati. Il dato economico, già di per sé enorme, non tiene conto, come detto, dello spreco di suolo e acqua coinvolti nella produzione di cibo che finisce nel cestino. Basti pensare ortaggi e frutta sprecati ogni anno da soli richiedono oltre 73 milioni di metri cubi di acqua per essere prodotti. A questo dobbiamo aggiungendo lo spreco di lavoro e quello di energia.
Proprio in tale direzione Agenda 2030, con i suoi 17 obiettivi (e 169 traguardi) riunisce più di un obiettivo per percorrere le corrette soluzioni.
Le cause di questo spreco sono svariate ma alla base c’è un errato paradigma socioeconomico. Certo, la sovrapproduzione è una delle principali.
In questa società dove una parte del mondo vive nell’abbondanza e iper consumismo ed un’altra non ha nemmeno i vestiti per coprirsi (figuriamoci il cibo per alimentarsi) siamo di fronte al grande (e disumano) paradosso di chi compra di più e spreca di quanto non riesca a consumare.
Purtroppo lo spreco non si limita solo all’ultima fase della filiera agroalimentare.
Esistono infatti differenti tipi di spreco, che si manifestano in diversi momenti nel tragitto dai campi al consumatore (e a cui la strategia UE Farm to Fork sta cercando di porre rimedio).
Oltre al cosiddetto “food waste”, cioè lo spreco alimentare in oggetto e a cui ci si riferisce comunemente, causato dalla vendita al dettaglio e dai consumatori, la FAO sottolinea anche l’esistenza del meno considerato “food loss”, cioè la perdita di cibo che si manifesta ancora prima. Si tratta di una perdita legata alle fasi iniziali del processo produttivo, di raccolta, trasformazione, trasporto e vendita.
Qui entrano in gioco, in queste due tipologie, le vere cause del fenomeno.
Guarda il video sull’argomento ed iscriviti al canale YouTube
Infatti secondo l’ultimo Stato dell’Alimentazione e dell’Agricoltura 2021 (SOFA), a livello globale si hanno i seguenti dati e considerazioni:
– oltre il 14% degli alimenti si perde o si spreca dopo il raccolto e ancor prima di arrivare alla vendita al dettaglio, nel corso delle operazioni svolte nelle aziende agricole, in fase di stoccaggio e durante il trasporto.
– bisogna rendere i sistemi agroalimentari più resilienti agli shock e ai fattori di stress, come quelli osservati in occasione della pandemia, che mettono a rischio la sicurezza alimentare globale.
Interessante, in tal senso, sono poi i dati derivanti da alcuni approfondimenti dell’ISPRA, che con un approccio sistemico affrontano la questione legata alla prevenzione e alla riduzione strutturale.
Nello studio si tiene conto di tutti i fattori che entrano a far parte del sistema agrolimentare, non tralasciando quindi anche il cibo usato per alimentare gli animali per produrre altro cibo che verrà poi sprecato o – altro fattore non indifferente – il cibo mangiato in eccesso rispetto al nostro fabbisogno. A tal proposito i dati FAO sull’aumento dell’obesità nel mondo sono allarmanti e non si possono trascurare: oltre 672 milioni di adulti e 124 milioni di giovani tra i 5 e i 19 anni (mentre oltre 820 milioni di persone soffrono la fame).
Incrociando questi dati ed elaborandoli in maniera sistemica si scopre che nel mondo lo spreco raggiunge almeno il 44% delle calorie prodotte, considerando rifiuti, sovralimentazione e allevamenti. A ciò si associa un’impronta ecologica che consuma almeno il 32% delle risorse naturali generate ogni anno (biocapacità). Mentre in Italia si arriva al 63% di spreco consumando almeno il 50% delle risorse, in buona parte generate altrove (vedi l’importazione massiccia di grano, soia, mais per i mangimi oppure all’olio di palma).
Timidi segnali, secondo il Waste Watcher (osservatorio sugli sprechi creato da Last Minute Market) si sono manifestati tuttavia, per la prima volta negli ultimi dieci anni, in Italia, dove lo spreco alimentare domestico è in calo: dopo gli aumenti dal 5 al 10% degli anni precedenti, l’inizio del 2020 ci ha regalato una riduzione del 25% rispetto allo scorso anno con un “risparmio” di 1,5 miliardi di euro.
Tra l’altro questo fenomeno assume proporzioni differenti a seconda delle diverse categorie alimentari che si prendono in considerazione. Tra tutte, la produzione ortofrutticola (radici, tuberi, cereali, ortaggi e frutta) sembra essere quella che incide in misura maggiore sullo spreco mondiale.
Soluzioni e vie d’uscita –
Per ovviare ad un modello agroalimentare che ha cambiato sistemi rurali, centri urbani, catene di distribuzione, stili di vita, ecc. la risposta è contenuta nel sistema delle filiere corte, agroecologiche, biologiche e locali che abbattono dal 60% al 25% i livelli di perdite in tutte le fasi precedenti al consumo finale.
Tra l’altro, alcune ricerche dimostrano che i sistemi agroecologici e di piccola scala producono da 2 a 4 volte meno sprechi rispetto ai sistemi agroindustriali (che moltiplicati su scala globale si tradurrebbero in numeri eclatanti), consumando molte meno risorse, grazie anche ad una rigenerazione interna e quasi-circolare delle stesse. Le pratiche agroecologiche sono di fatto molto più resistenti di fronte a malattie o avversità climatiche, poiché basate su una produzione diversificata e sostenibile. La gestione agroecologica dei suoli garantisce inoltre la loro fertilità per periodi più lunghi rispetto ai metodi convenzionali e, quindi, una produzione maggiore e più stabile nel medio-lungo periodo.
Inoltre il modello agrecologico, contrariamente a quanto si pensi (e si affermi), assicura rendimenti produttivi più elevati ed energeticamente sostenibili, oltre che circolari, garantendo un recupero della fertilità dei suoli, della biodiversità, ecc.
Siamo di fronte ad un bivio della Politica agroalimentare mondiale, che richiede anche una totale ristrutturazione della governance di settore.
In Europa PAC, PSR, ecc. sono avvisati e con loro politici, amministratori, burocrati, agricoltori, cittadini, prossime generazioni.
Ma non basta, se è vero che l’80% dello spreco avviene nelle fasi che precedono il consumo finale, è anche vero che siamo noi consumatori a influenzare il sistema alimentare con le nostre scelte.
Il modo di nutrirci diventa scelta ed indirizzo politico.
Per questo il contrasto allo spreco alimentare e le sue conseguenze ambientali, oltre che sociali, è una delle missioni più importanti della nostra epoca.
Se amiamo il nostro pianeta e tutti gli esseri che lo abitano dobbiamo operare, anche con un impegno diverso e capillare, nuove scelte, coraggiose, in linea con quei principi e regole della Natura che, stiamone certi, è Madre.
Guido Bissanti
Fonti e bibliografia:
https://antropocene.it/2017/11/30/quanti-abitanti-possono-vivere-sulla-terra/
http://www.fao.org/publications/sofa/en/
https://www.bcg.com/publications/2018/infographic-why-is-one-third-world-food-being-lost-wasted.aspx
http://www.isprambiente.gov.it/files2019/pubblicazioni/rapporti/RAPPORTOSPRECOALIMENTARE_279_2018.pdf
https://link.springer.com/article/10.1007/s10113-016-1027-y
https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/03066150.2020.1782891
https://www.sprecozero.it
Bel commento ma la soluzione, le soluzioni non sono date.
Dica l’inizio del processo ma dica anche chi lo deve fare. Quanti domattina lasceranno l’auto in garage, andranno a piedi o in bici al lavoro, rifiuteranno di utilizzare fossili per scaldarsi e puliranno senza detergenti ogni cosa ci simera no tre litri a testa di acqua al giorno come massimo faranno viaggi collettivi ogni cinque anni e spegneranno i PC o i cellulari rinunciando alla connessione
L’obiettivo è questo ma essere ideologicamente talebani non porterà a nulla, educate alla assuefazione consapevole non all’odio ideslista.
Altro che non ci sono le soluzioni. Si chiama agroeoloogia: in Sicilia abbiamo già la legge (L.R. 21/2021), le aziende che da tempo hanno iniziato questo percorso. Sistema di produzione circolare, con maggiore produttività, minore sprechi. Abbiamo già organizzato gruppi di acquisto tra aziende e cittadini. Sistemi di formazione ed aggiornamento. Un sistema virtuoso senza più l’ausilio della chimica di sintesi. Altro che talebani; ci venga a trovare e vedrà che stiamo riscrivendo (ma ovviamente è un processo graduale) l’intera impalcatura tecnica-politica degli ultimi 60-70 anni.