Vaniglia
Vaniglia
La vaniglia o vainiglia è una spezia ricavata dai frutti di un’orchidea originaria del Messico (Vanilla planifolia Jacks. ex Andrews, 1808).
Origini e Storia –
La vaniglia viene considerata una delle più rinomate e deliziose tra tutte le spezie.
Questa spezia si ricava attraverso un processo di fermentazione e lavorazione dei baccelli della pianta che viene coltivata in molte regioni tropicali.
L’uso della vaniglia è molto antico. Gli Aztechi usavano le stecche di vaniglia per aromatizzare il loro “cibo degli dei”, il cioccolato, ed in seguito alla scoperta delle Americhe gli Spagnoli introdussero l’aroma di questa orchidacea in Europa.
La vaniglia provocò una vera e propria infatuazione in Europa. Fu sempre più apprezzata nella corte di Francia, dove Madame Montespan la adoperava per profumare l’acqua del bagno. Re Luigi XIV, avendone subìto lo charme, decide di tentare seriamente di introdurla sull’Isola Bourbon (oggi Riunione), ma i diversi tentativi non andarono a buon fine.
Per più di due secoli, nel XVII secolo e XVIII secolo, il Messico, e in particolare la regione di Veracruz, conservò il monopolio della vaniglia. I Totonachi (antica popolazione Amerinda) rimasero i primi produttori fino alla metà del XIX secolo. Tutti i tentativi di far riprodurre questa orchidea al di fuori del proprio habitat naturale fallirono. Fino al XIX secolo infatti si ignorava che le api melipona giocano un ruolo fondamentale per la fecondazione e la formazione del frutto.
La prima impollinazione artificiale dei fiori di vaniglia fu effettuata nel 1836 nel Giardino Botanico di Liegi da parte del naturalista belga Charles Morren poi, nel 1837, da parte dell’orticultore francese Joseph Henri François Neumann. Non è un caso se nel 1841 un giovane schiavo di Bourbon di dodici anni, Edmond, mise a punto il procedimento pratico tuttora utilizzato. Questo metodo d’impollinazione, la cui paternità viene ingiustamente rivendicata dal botanico francese Jean Michel Claude Richard, fa dell’isola di Bourbon il primo centro “vanigliero” del pianeta, qualche decennio dopo l’introduzione dell’orchidea sul suo suolo nel 1819. Con l’abolizione della schiavitù, nel 1848, a Edmond venne dato il patronimico “d’Albius”, correlato al colore bianco del fiore di vaniglia.
Furono poi i coltivatori della Riunione che nel 1880 introdusseo in Madagascar la coltura della vaniglia. Le prime piantagioni vennnero create sull’isola di Nosy Be. Successivamente presero piede anche nelle regioni orientali della grande isola, soprattutto in quelle di Antalaha e di Sambava con un clima umido favorevole. La produzione aumentò velocemente e superò le 1.000 tonnellate nel 1929, è più di dieci volte quella di Riunione. Il mercato tuttavia, senza alcun criterio di controllo, andò incontro a cicliche crisi di sovrapproduzione, con relativo crollo dei prezzi.
Oggi, malgrado la concorrenza di altri paesi tropicali come l’Indonesia e l’emergenza delle nuove produzioni, come quella indiana in Kerala, il Madagascar conserva ancora il suo ruolo di primo esportatore mondiale.
La vaniglia è stata anche coltivata sulla Guadalupa e la Martinica, ma con la preferenza per la produzione agricola della canna da zucchero e della banana, è praticamente scomparsa, come numerose altre specie sostituite dalle piante importate.
Storicamente, una volta introdotta nei paesi europei, ben presto alla vaniglia vennero attribuite virtù afrodisiache, sia per le origini esotiche che esponendo altre tesi. Alcuni seguaci della teoria della “segnatura”, identificarono l’efficacia afrodisiaca della pianta nell’assimilarne la forma dei bulbi ai testicoli maschili; altri invece misero in relazione il termine spagnolo “vainilla”, dal significato di “fodero”, con l’organo sessuale femminile.
Fu intorno al ‘700 che la vaniglia si affermò come nutrimento eccitante, quando con la cioccolata divenne di gran moda.
Nel secolo successivo, gli studiosi ne identificarono le proprietà stimolanti ed antisettiche che agivano su stomaco e organismo.
Proprio in quel periodo il farmacologo francese Barbier gli dedicò un’apologia appassionata dove affermava: “… è un potente afrodisiaco perché fa partecipare il sistema genitale all’eccitazione generale …”
Ancora all’inizio del Novecento, i medici consigliavano l’essenza per superare la frigidità sessuale, e una ricerca condotta sugli operai che lavoravano la vaniglia avrebbe dimostrato come tra gli effetti collaterali della malattia professionale del “vanillismo” ci fosse anche l’incessante eccitazione sessuale, coronata da numerosa prole.
Descrizione –
La vaniglia è una specie di orchidea i cui frutti, detti baccelli, sono lunghi fino a 30 centimetri e maturano dopo sei mesi circa dalla loro fecondazione.
I baccelli si formano da fiori, in gruppi di otto o dieci, che formano dei piccoli bouquet. Di colore bianco, verdastro o giallo pallido, hanno una struttura classica di un fiore d’orchidea malgrado un’apparenza alquanto regolare. La fecondazione necessita l’intervento d’un ausilio specializzato: in natura, nelle regioni d’origine è effettuato grazie a degli insetti del genere Melipona, un genere di api senza pungiglione. Dopo la fecondazione, l’ovario che serve da picciolo alla base del fiore si trasforma in grosso “baccello” pendente lungo da 12 a 25 centimetri. I baccelli freschi e ancora inodori hanno un diametro da 7 a 10 millimetri. Contengono migliaia di semi minuscoli che vengono liberati per esplosione dei frutti maturi. La raccolta dei baccelli si fa a frutti immaturi
I baccelli di vaniglia vengono fatti fermentare ed essiccati; solo allora acquisiscono il colore marrone e l’aroma che troviamo nei baccelli che acquistiamo per aromatizzare le nostre pietanze.
Principi attivi –
Il principio attivo che caratterizza l’aroma della vaniglia è la vanillina, un’aldeide fenolica. Nell’industria alimentare sono impiegate prevalentemente sostanze aromatiche artificiali dalla struttura analoga, come l’etilvanillina e la metilvanillina. L’etilvanillina è più costosa ma è decisamente più intensa.
Il baccello di vaniglia contiene molti composti differenti. Il più tipico e abbonante (nonché oggetto di estrazione) è la vanillina (4-idrossi-3-metossibenzaldeide). I semi della vaniglia ne contengono dall’1,5 al 4%.
Un altro componente minore, comunque abbastanza rilevante nell’olio essenziale di vaniglia, è il piperonale (eliotropina), che contribuisce a strutturarne l’aroma specifico del baccello.
Oltre alla vanillina, che come detto è il principale componente aromatico, la vaniglia contiene un centinaio di principi attivi che influenzano l’intensità e la qualità dell’aroma: zuccheri, grassi, fibre insolubili sotto forma di cellulosa e sali minerali.
Proprietà ed Usi –
La vaniglia cresce negli stati della fascia equatoriale, dove il clima è caldo e umido. La più diffusa è la vaniglia Bourbon, che viene dal Madagascar e dall’isola Reunion, ma la più pregiata viene da Thaiti.
La vaniglia, a livello mondiale, proviene soprattutto da tre aree:
– Vaniglia Bourbon Madagascar: la vaniglia Bourbon è una specie di orchidea che cresce in Madagascar e nell’isola Reunion (dove è considerata più pregiata). Ha una forma stretta e poco carnosa, a differenza della vaniglia proveniente da altre regioni. Le bacche sono lunghe 16-20 cm.
– Vaniglia Tahiti: ha un bacello molto carnoso e spesso, più corto della vaniglia Bourbon (15-18 cm), il profumo è più delicato e caldo, con una nota fruttata. La produzione è limitata (15 tonnellate / anno) e per questo il prezzo è molto alto.
– Vaniglia Tahitensis: prodotta in Papua Nuova Guinea, è considerata tra le migliori vaniglie al mondo. Ha un bacello carnoso, spesso, di colore scuro, con una lunghezza di 18-20 cm. Il suo aroma è speziato e caldo, con una nota di anice. speziato, caldo, con un nota di anice.
La vaniglia viene utilizzata per aromatizzare dolci, zucchero, latte e altre preparazioni di pasticceria, ma anche nei piatti salati, soprattutto nelle cucine orientali e africane, anche se attualmente la troviamo sempre di più anche nella cucina italiana. È anche possibile estrarre l’olio essenziale dai baccelli, e utilizzarlo direttamente nelle preparazioni.
È una sostanza che l’uomo è in grado di produrre sinteticamente. Si stima che la produzione annua sia di 12000 tonnellate, contro le circa 40 tonnellate dell’estratto naturale ricavato dalle 2000 tonnellate di semi raccolti ogni anno.
La vanillina si trova in commercio sottoforma di cristalli bianchi o giallastri (se poco pura), oppure di estratto liquido. È molto comoda poiché si utilizza come lo zucchero (quella cristallizzata) oppure dosandola goccia a goccia, con l’unica avvertenza di non esagerare poiché per insaporire un dolce ne basta davvero poca. Il rischio è quello di far diventare stucchevole il dolce e soprattutto di renderlo amaro.
Oggi, l’essenza di vaniglia è disponibile in due forme ben distinte: estratto reale di vaniglia (complicata mistura di molecole quali: acetaldeide, acido acetico, acido esanoico, 4-idrossibenzaldeide, eugenolo, cinnamato metilico e acido isobutirrico) ed essenza sintetica (vanillina ed etanolo), prodotta da varie materie prime, ad esempio dal guaiacolo.
Rispetto alla vaniglia naturale, la vanillina ha un ventaglio di aromi più ristretto: infatti l’aroma della vaniglia naturale è composto da decine di sostanze, la principale delle quali è la vanillina. Il risultato della miscela di queste sostanze è un buoquet di aromi più ampio, che dà la sensazione di essere più elegante, meno stucchevole, meno “finto”. Per evitare la sgradevole sensazione di finto di molti dolci industriali in cui l’aroma di vaniglia è prevalente e fastidioso, bisogna semplicemente utilizzarla con parsimonia e soprattutto abbinarla ad altre spezie che ne smorzino la stucchevolezza, come ad esempio l’anice stellato.
Alcuni studi hanno dimostrato che la differenza tra vaniglia naturale e vanillina non si riesce a discriminare (se ben dosata) nel prodotti cotti al forno come le ciambelle, le torte e nella pasta frolla, mentre la differenza è tangibile quando la vaniglia viene messa in infusione e utilizzate nelle creme e nei composti da mangiare al cucchiaio in genere. Il problema della difficoltà di dosaggio comunque rimane.
La vaniglia si trova in commercio sotto forma di baccelli. È piuttosto costosa (un baccello costa più di un euro) e di non facile utilizzo, poiché va lasciata in infusione per diversi minuti in un liquido caldo o bollente, affinché rilasci il suo aroma. Successivamente i baccelli si possono riutilizzare, anche se la successiva infusione dovrà essere protratta più a lungo per rilasciare lo stesso aroma. Esistono altri metodi per estrarre il massimo dell’aroma dai baccelli di vaniglia, per poi conservarli sotto forma di sciroppo o di zucchero aromatizzato.
Per aromatizzare un dolce senza dover mettere in infusione il baccello di vaniglia lo si può aprire in due parti per il lungo ed estrarne la polpa interna, e unirla direttamente agli altri ingredienti.
Oggi gli chef più ispirati non esitano ad utilizzare la spezia nei modi più diversi, non solo per aromatizzare cacao, torte, creme e liquori.
La vaniglia di Tahiti è molto apprezzata per le sue note fruttate e speziate, che secondo alcuni ricordano ciliegia e anice.
La spezie del Madagascar è per noi la più conosciuta, mentre quella messicana è più speziata e ricca, con note di terra.
La vaniglia è ancora oggi fondamentale per la produzione del cioccolato, ma è anche il gusto più apprezzato nei gelati, un aroma sempre più usato per i piatti salati, mentre è una splendida nota di fondo per dessert e liquori.
I baccelli interi tendono a cedere il sapore più puro, ma anche estratto liquido, polvere e paste sono molto comodi e garantiscono risultati deliziosi.
La vaniglia naturale è costosa, per via anche del lavoro che richiede la sua produzione, tanto che per incontrare l’enorme domanda creata dai produttori di dolci, biscotti, gelati, pasticceria, bevande analcoliche e alcoliche, si produce, come detto, forma sintetica in quantità decisamente maggiori rispetto a quella naturale: il 97% dell’aroma di vaniglia utilizzato è di natura sintetica.
La vanillina, il principale composto aromatico dell’essenza e dell’estratto di vaniglia, fu isolato per la prima volta nel 1858. Nel 1874 divenne uno dei primi sapori a essere sintetizzato, usando materiale preso dalle conifere.
Gli europei consumano più volentieri la vaniglia naturale, in particolare Germania e Francia (75% della varietà Bourbon), contro gli Stati Uniti che consumano più gli estratti della vaniglia.
La domanda di vaniglia è molto differenziata per:
– industrie agro-alimentari, che rappresentano l’80-85% della domanda mondiale, con i cioccolatieri industriali, i gelatieri industriali come la Nestlé o la Unilever e le industrie di bibite. Così la sola decisione di Coca-Cola di proporre la sua bevanda gassata aromatizzata alla vaniglia (la Coca-Cola Vaniglia, detta Coca-Cola Vanille in Francia o Vanilla-Coke nei paesi anglofoni, che in Italia non è mai stata commercializzata) ha suscitato un aumento del 10% della domanda mondiale;
– privati, artigiani cioccolatieri, gelatieri e cuochi;
– industrie cosmetiche, per la produzione di profumi e altri prodotti per la persona.
La vaniglia, oltre ad avere un ruolo importante come aromatizzante, secondo studi recenti agirebbe anche da antidepressivo per la presenza di molecole molto affini ai feromoni umani.
Di per sé, la vaniglia non contiene alcuna molecola tossica o nociva per l’organismo, ma ciò non significa che sia un prodotto da considerare del tutto sicuro, soprattutto nel caso del suo estratto.
In certi casi, la vaniglia può nuocere gravemente alla salute umana. Tale circostanza non è imputabile al profilo chimico del baccello originale di Vanilla, bensì all’intervento dell’uomo su certi derivati. È il caso dell’estratto di vaniglia messicana, in particolare quella venduta in loco (Vaniglia Originale). In base a quanto accertato dagli enti di controllo, non è raro che (per diminuire i costi ed aumentare i profitti) tali prodotti vengano tagliati con l’estratto di “fava tonka”. Ebbene, quest’ultima pianta contiene cumarina (1-benzopirano-2-one, molecola aromatica), nota per il suo effetto nocivo per la salute. È infatti dimostrato (sulle cavie) che la cumarina possiede un effetto notevolmente tossico verso le cellule del fegato, pertanto, in America la sua presenza negli alimenti è del tutto vietata. Parallelamente, in Europa (Svizzera e Germania) è accettata una “dose massima giornaliera tollerabile” di cumarina pari a 0,1mg/kg di peso corporeo, in quanto reputata non del tutto sicura per l’uomo. Ricordiamo che tutti gli alimenti di importazione extra europea sono severamente controllati e sottoposti ad analisi chimiche sistematiche, ragion per cui gli estratti di vaniglia acquistabili in Italia non dovrebbero contenere tracce di “fava tonka”.
Preparazioni –
La vaniglia naturale è disponibile in commercio in 4 forme ben distinte:
– Baccello intero;
– Polvere di vaniglia (bacca secca polverizzata e miscelata a zucchero, amido ed altri ingredienti);
– Estratto di vaniglia (in soluzione alcolica o eventualmente di glicerolo, almeno il 35%);
– Zucchero vanigliato (nient’altro che zucchero ed estratto di vaniglia).
La funzione aromatizzante della vaniglia negli alimenti può essere ottenuta con l’aggiunta dell’estratto specifico oppure addizionando il baccello intero nella cottura dei prodotti liquidi. L’effetto della vaniglia è potenziato dall’apertura longitudinale del baccello o estraendo totalmente la polpa coi semi. La vaniglia naturale, essendo di color bruno, conferisce una tonalità marrone alle preparazioni che la contengono. Sebbene quella di qualità ne richieda molto poca, come spesso accade, a livello industriale si predilige l’utilizzo degli estratti chimici (meno costosi).
Tra le preparazioni più note che prevedono l’utilizzo della vaniglia ricordiamo: il gelato alla vaniglia, la crema catalana, gli yogurt alla vaniglia, cioccolato o caramello o caffè vanigliati ecc.
Un mix di spezie per dolci particolarmente gradevole è quello vaniglia, anice stellato e cannella, che può essere utilizzato anche per piatti salati a tendenza dolce, come il risotto alla zucca. Ovviamente nei piatti salati, dove l’aroma delle spezie deve essere molto in sottofondo, bisogna ridurre le quantità rispetto ai dolci.
Guido Bissanti
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