Thymus vulgaris
Thymus vulgaris
Il timo maggiore o timo comune (Thymus vulgaris L.) è una specie perenne aromatica della famiglia delle Lamiaceae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Sottoregno Tracheobionta, Superdivisione Spermatophyta, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Sottoclasse Asteridae, Ordine Lamiales, Famiglia Lamiaceae, Tribù Mentheae e quindi al Genere Thymus ed alla Specie T. vulgaris.
Etimologia –
Il termine Thymus proviene dal greco θύμον thýmon (per bruciare) timo, nome usato già da Teofrasto. L’epiteto specifico vulgaris deriva da vúlgus volgo: molto comune, ordinario per la grande diffusione, banale.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il timo maggiore è una specie tipicamente mediterranea, con areale limitato alle coste mediterranee e corrispondente alla zona della crescita dell’Olivo. Lo si ritrova infatti nel bacino occidentale del Mediterraneo, dalla Liguria alla Spagna ed Algeria.
Il suo habitat è rappresentato da garighe, pendii aridi, dal livello del mare fino a 800 metri. E’ frequente lungo le colline aride delle coste mentre diventa più raro all’interno.
Descrizione –
Il Thymus vulgaris è una pianta frutice o suffrutice perenne, aromatica, alta da 10 a 60 cm, con fusti quadrangolari eretti, ramosissimi, che tendono a lignificare dopo 4 – 5 anni di vita, formando densi cespugli dall’aspetto grigiastro o verde bianchiccio; rami lignificati con corteccia bruna.
Le foglie sono dapprima revolute solo sul bordo, lanceolate larghe 3 mm e lunghe 7-9 mm, quindi revolute a tubo ed apparentemente lineari, opposte, sessili o brevemente picciolate, di colore grigio-verde, più chiaro nella pagina inferiore per la presenza di peli. i fiori sono raggruppati in una infiorescenza subsferica o allungata con brattee lanceolate simili alle foglie ma più piccole; il calice è lungo 3-4 mm, con 10-13 nervi e tubo convesso sul dorso, vellutato con due labbri cigliati di cui il superiore trifido a denti saldati su più di metà dell’ altezza, l’inferiore bifido a denti lanceolato-lesiniformi, separati da un seno profondo; la corolla è di colore roseo-biancastra, lunga 5-6 mm, con tubo sporgente e dritto, bilabiata, con labbro superiore diritto e smarginato, l’ inferiore trilobato; 4 stami sporgenti e divergenti, quasi eguali, con antere biloculari, ellissoidali; stilo bifido, a lacinie corte, divergenti.
Il frutto è uno schizocarpo composto da 4 nucule (tetrachenio) secche, con forme da ovoidi a oblunghe, con superficie liscia e glabra. L’endosperma è scarso o assente.
L’antesi è nel periodo che va da marzo ad Ottobre.
L’impollinazione è entomogama e avviene tramite insetti come i ditteri e gli imenotteri, raramente lepidotteri.
Il genere Thymus è uno dei più polimorfi della famiglia delle Lamiacee e include un centinaio di specie, per lo più concentrate nelle regioni meridionali dell’Europa, pur spingendosi fino alla Groenlandia, alla Kamchakta e a molte regioni dell’Asia occidentale.
Le specie del genere Thymus sono in generale difficilmente distinguibili tra di loro e spesso creano ibridi con caratteri diversi.
Thymus vulgaris L. subsp. vulgaris, unica sottospecie di Thymus vulgaris L. presente in Italia, è inconfondibile per le foglie revolute e l’aspetto di piccolo cespuglio.
Coltivazione –
Il timo maggiore viene coltivato a partire dalla semina che può essere effettuata su terriccio leggero e sabbioso. Quando le piantine sono sufficientemente sviluppate vanno trapiantate in vasi o terra piena, in zone soleggiate e prive di ristagni idrici. Le varietà orticole vengono riprodotte per talea o divisione dei cespi. Per quanto riguarda la raccolta e la conservazione, bisogna asportare le foglie e i rametti fioriti ed essiccarli in luogo ombroso e ventilato. Per i dettagli della tecnica di coltivazione si rimanda alla seguente scheda.
Usi e Tradizioni –
L’utilizzo di specie del genere Thymus sia per usi officinale che culinari si perde nella notte dei tempi.
Gli antichi Egizi conoscevano le proprietà del Timo e lo utilizzavano per imbalsamare i loro defunti. Gli antichi Greci lo bruciavano come incenso aromatico, da cui deriva il nome della parola greca per bruciare “thymòn”. I Romani lo associavano alla forza e al coraggio. I soldati prendevano un bagno di Timo prima di entrare in guerra. Questa superstizione ha avuto lunga vita e ancora nel Medioevo: le nobildonne ricamavano il timo sugli emblemi dei loro cavalieri.
Il timo era molto apprezzato presso i Greci per il suo miele ricavato dai fiori di “herpèllon”, una specie di Timo che cresceva sui monti vicino ad Atene ed al timo riconoscevano proprietà miracolose nelle “malattie di petto”, così come affermato da Galeno, medico e filosofo greco che, oltre a consigliarlo in polvere a chi soffriva di disturbi articolari, lo considerava il più potente antisettico conosciuto. Era considerato il migliore nella Grecia classica (miele del Monte Imetto).
Successivamente anche i Romani cominciarono ad introdurre il timo in cucina ed a profumare con esso vini e formaggi tramandandolo così ai posteri. Nel Medioevo le dame lo donavano al cavaliere del cuore affinché fosse da esso protetto in battaglia. Prima dell’invenzione del frigorifero il timo veniva usato per conservare gli alimenti vista la notevole concentrazione di olio essenziale ad azione antiputrida.
Esistono alcune leggende legate a questa pianta. una di queste narra che nel 1630, nella città di Tolosa, durante un’epidemia di peste, vi erano quattro ladri che immuni da qualsiasi contagio saccheggiavano le abitazioni e depredavano i cadaveri senza alcun problema. Una volta presi dovettero svelare la pozione misteriosa che li rendeva immuni alle malattie: “mettete a macerare in aceto Timo, Lavanda e Rosmarino, strofinatevi bene tutte le parti del corpo e passerete immuni attraverso tutte le epidemie che il diavolo vi manda…”. Per questo motivo tale ricetta passò alla storia con il nome appunto dell’aceto dei quattro ladri.
Il suo impiego alimentare è dovuto non solo alle sue proprietà aromatiche ma anche a quelle antisettiche che facilitano la conservazione dei cibi.
La ricerca scientifica ha dimostrato che il Timo ha un effetto antisettico talmente forte da poter uccidere i bacilli in 40 secondi.
Il timo contiene un olio essenziale (in diverse percentuali a seconda della specie) il cui costituente principale è il timolo. Sono presenti, inoltre: glicosidi flavonici e flavoni, tannini, triterpeni, saponine con proprietà antibiotiche.
Al Timo vengono riconosciute proprietà antisettiche, antispastiche, aperitive, bechiche, carminative, antibiotiche, antifungine, deodoranti, diuretiche, vermifughe, antiputrefattive intestinali, balsamiche. Inoltre il timo è considerato una sostanza eccitante e tonificante, raccomandato in caso di problemi respiratori, cattiva digestione, coliti, cistiti. Un infuso dà sollievo al mal di testa, nervosismo, tosse, influenza e aiuta contro l’acne dall’interno.
Il timo viene utilizzato sia in campo cosmetico come rinforzante dei capelli ed anche in preparazioni veterinarie per uso interno o esterno.
Inoltre il timo è una buona pianta mellifera, molto visitata dalle api che ne ricavano un ottimo miele, ma poco comune in quanto le aree con presenza di timo, negli ultimi tempi, sono diminuite a causa dell’agricoltura intensiva e dell’erosione degli habitat tipici di questa pianta.
Modalità di Preparazione –
Il timo, oltre ad aromatizzare le carni, viene utilizzato per insaporire brodi, ripieni, minestre. Si sposa bene con il pesce e le verdure (peperoni e patate) ma anche con il manzo e l’agnello, il pollo ed i piatti di cacciagione che richiedono una cottura lenta con aglio e vino. Viene spesso aggiunto ai burri aromatici.
Il timo viene molto usato anche per aromatizzare oli e aceti aromatici. Si usa anche per preparare liquori e vini aromatici.
Per questo scopo si raccolgono i fiori e le foglie che vengono usati, appunto, per insaporire minestre e carni.
Guido Bissanti
Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.