Riproduzione della Ginestra dell’Etna
Riproduzione della Ginestra dell’Etna
La ginestra dell’Etna (Genista aetnensis (Raf. ex Biv.) DC.) è una pianta della famiglia delle Fabaceae, endemica di Sicilia e Sardegna ma introdotta anche altrove.
Habitat idoneo di riproduzione –
La ginestra dell’Etna è una pianta che cresce spontaneamente in Sicilia, endemica dei versanti collinari e montani dell’Etna, talora in associazione con Adenocarpus bivonii, e nella Sardegna orientale.
Questa pianta è stata introdotta, per rimboschimento, sul Vesuvio, in Molise e sui monti Peloritani con alcuni problemi ecologici.
Il suo habitat è quello dei suoli poveri e rocciosi in aree spesso in pendio in presenza di cespuglieti e boscaglie su suoli calcarei o cristallini come in Sardegna, oppure lavici come in Sicilia.
Propagazione –
La Genista aetnensis è una pianta con una straordinaria capacità di adattarsi e prosperare in condizioni davvero estreme del substrato. Infatti si sviluppa anche in suoli vulcanici, quindi molto giovani e pedologicamente immaturi.
In quanto specie endemica il suo areale di diffusione è estremamente limitato geograficamente, il che non impedisce di “esportarla” altrove anche se con particolare attenzione, visti alcuni problemi generati come sul Vesuvio.
Dal punto di vista altimetrico vegeta tra i 100 e i 2000 metri sul livello del mare, e pare prediligere i versanti orientali dei pendii su cui si sviluppa. Richiede un’esposizione in pieno sole ed è una pianta pienamente rustica. Non tollera però la salinità.
La propagazione avviene per seme. La semente deve essere raccolta alla fine dell’autunno (novembre-dicembre) a partire da piante già completamente sviluppate e in ottime condizioni vegetative. I legumi già secchi vengono raccolti dalla pianta e se ne estraggono i due (o quattro) semi che vengono conservati all’asciutto per tutta la stagione invernale. La semina va effettuata in aprile e va preceduta dalla scarificatura meccanica con carta vetrata oppure, ma di solito viene sconsigliata, da quella chimica (30 minuti in acido solforico). In ogni caso dopo la scarificatura il seme viene posto in pieno campo o in contenitore, curando l’umidità del substrato per tutta la prima stagione vegetativa pena il disseccamento delle giovani piantine. In alternativa si può procedere per talea o innesto. Nel giro di 2-3 settimane raggiunge la sua dimensione definitiva.
Il trapianto va fatto in pieno campo l’anno successivo nel periodo primaverile avendo cura di assistere la pianta dal punto di vista irriguo per il primo anno nel periodo estivo.
Ecologia –
La ginestra dell’Etna è una pianta che è particolarmente adatta in aree marginali, difficili ed in suoli ancora poco strutturati. Inoltre, dato che attira api e insetti impollinatori, è ideale nei giardini naturali dove contribuisce a mantenere elevata la biodiversità della microfauna con conseguente miglioramento dell’equilibrio ecologico complessivo.
In Sicilia, fino alla creazione del Parco dell’Etna, è stata utilizzata per ottenere carbone. È infatti possibile notare in alcune zone la crescita tipica delle piante da ceduo.
La sua introduzione fuori dal suo habitat originario va valutata con molta attenzione.
Questa pianta è stata introdotta sul Vesuvio dopo il 1906 per imboschimenti e, pertanto, in Campania è da considerare aliena.
Negli ultimi decenni, negli ecosistemi vesuviani di maggior interesse naturalistico, si è assistito ad una rapida della Genista aetnensis con evidente alterazione del naturale dinamismo della vegetazione e compromissione del paesaggio.
I dati rilevati hanno dimostrato che in poco meno di 40 anni questa specie aliena per l’areale del Vesuvio è in grado di modificare profondamente la qualità dei suoli vesuviani interferendo sui processi pedogenetici. Il rapido accumulo di C organico e N totale sotto la sua chioma è da mettere in relazione con l’abbondante produzione di lettiera e alla relativa lenta degradazione della stessa. Al contempo è stata riscontrata un’elevata idrofobicità nei suoli sotto chioma che ha ripercussioni sull’idrologia del substrato.
Inoltre questa specie ha avuto un impatto rilevante sulla struttura e sulla biodiversità dell’ecosistema vesuviano. L’intensità delle alterazioni indotte da questa pianta è però diversa a seconda dello stadio ontogenetico considerato.
Al momento sono ancora in corso studi per comprendere le influenze di questa pianta sulla evoluzione dell’ecosistema, evidenziando, ancora una volta che, l’introduzione di specie aliene in un territorio nuovo andrebbe sempre sottoposta a centri di ricerca che ne valutino la potenziale interferenza ecologica.