Comisana
Comisana
La Comisana è una razza ovina (Ovis aries Linnaeus, 1758) originaria della Sicilia con attitudine alla produzione di latte.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Animalia,
Phylum Chordata,
Classe Mammalia,
Ordine Artiodactyla,
Sottordine Ruminantia,
Famiglia Bovidae,
Sottofamiglia Caprinae,
Genere Ovis,
Specie O. aries,
Razza Comisana.
Distribuzione Geografica ed Areale –
La comisana è una razza ovina da latte molto diffusa ed allevata per le sue ottime e qualitative produzioni di latte. Questa razza è originaria della Sicilia ma trova molta diffusione anche negli allevamenti delle regioni limitrofe. Le zone di maggiore allevamento sono: Sicilia, Lombardia, Piemonte e Italia centrale e meridionale.
In Sicilia vengono allevati soprattutto soggetti in purezza, nel resto d’Italia gli arieti comisani sono serviti a migliorare le razze autoctone (per esempio, in Calabria con le pecore di razza gentile di Puglia, ceppo calabrese).
Origini e Storia –
La Comisana, conosciuta anche come “faccia rossa”, ”testa rossa” o “lentinese”, è una pecora originaria della Sicilia, più precisamente del Comune di Comiso (RG), dal quale ne deriva il nome e diffusa soprattutto in provincia di Ragusa e di Siracusa. Questa razza deriva da incroci tra ovini autoctoni siciliani e diverse razze proveniente dal mediterraneo. Tuttavia l’ipotesi più accreditata è che derivi dalla razza di pecore maltesi, da cui avrebbe ereditato la notevole attitudine lattifera.
Con la selezione genetica si sono fissati poi i caratteri definitivi agli inizi del XX secolo, vedendo poi la diffusione della pecora comisana nelle zone della pianura di Caltanissetta e di Agrigento “in purezza”, incrociata con la pecora locale in provincia di Enna e di Palermo ed incrociata con la razza sarda in provincia di Trapani. In generale la selezione massale ha sempre puntato alla produzione del latte.
Inoltre, grazie agli incroci di razza effettuati ed alla continua selezione genetica, questa la comisana ha raggiunto un’elevata versatilità ed adattabilità agli allevamenti intensivi o semi-intensivi, sebbene la tradizione vede la pecora comisana allevata allo stato brado, essendo una razza rustica in grado di valorizzare i magri pascoli che vegetano sui monti Iblei.
Le pecore comisane, unitamente alle pecore sarde hanno colonizzato, negli anni passati, gran parte delle regioni italiane, anche in territori ben diversi da quelli originari. Il motivo di questo successo, in particolare della comisana, è dato dalla grande capacità di produrre latte di alta qualità, anche in condizione estreme.
Morfologia –
La caratteristica somatica distintiva della razza Comisana è la mascherina facciale rossa che si estende fino alle orecchie, al collo. La testa può essere totalmente rossa o stagliata da una banda frontale bianca. Anche gli arti sono rossi.
È una razza a taglia medio-grande con altezza media al garrese di cm 80 per i maschi e cm 70 per le femmine. Il peso è di 80 Kg per i maschi e 50 Kg per le femmine.
Presenta una testa acorna, grande e lunga con profilo montonino e con orecchie lunghe, larghe e cadenti.
Il tronco è lungo, il petto largo e prominente, il torace largo, il dorso diritto.
Presenta lombi lunghi e robusti e ventre voluminoso arti lunghi e robusti.
Le femmine presentano mammelle grandi con un’ampia base di attacco e la pelle è fine e untuosa. Presenta un solco mediano non eccessivamente sviluppato con capezzoli armonicamente sviluppati..
Questa pecora ha un vello di colore bianco, esteso, escluso basso ventre e tarso inferiore agli arti ed è di tipo semi-chiuso o semi-aperto; i biocchi sono cilindro-conici.
Pelle: rosea, untuosa, unghielli chiari.
Attitudine produttiva –
La Comisana è una pecora molto apprezzata per le caratteristiche qualitative del latte che vanta un ottimo tenore proteico e contenuto in grasso.
In tema di purezza della razza esistono due orientamenti, chi alleva in purezza e chi no. In entrambi i casi l’allevatore si trova di fronte vantaggi e svantaggi:
– allevare in purezza significa ottenere una produzione di latte più alta e costante tutto l’anno e questo consente di stipulare accordi contrattuali e di avere delle entrate (entrate non è sinonimo di guadagno) costanti e sicure tutto l’anno. Quest’ultimo aspetto è quello che porta ad avere una capacità d’investimento più alta nella propria azienda;
– allevare razze meticce significa sfruttare l’eterosi ossia l’accoppiamento tra due individui geneticamente diversi, pratica applicata soprattutto per la produzione di carne in quanto l’accrescimento degli agnelli è molto spinto. Solitamente le pecore nate da un incrocio, producono meno latte, ma sono caratterizzate da una buona longevità funzionale, ovvero producono per più tempo rispetto a quelle pure.
Si consideri che le razze meticce hanno una maggiore resistenza alle malattie, questo anche se è di aiuto non è una soluzione, in quanto bisognerebbe sempre capire come evitare la manifestazione della malattia (la cosiddetta profilassi, pilastro della biosicurezza).
Quindi la scelta degli animali da allevare è legata agli obiettivi che l’azienda si pone ed alla relativa valutazione economica.
Per quanto riguarda la mungitura, in Sicilia, in passato era molto affermata la mungitura manuale, oggi è rara, avvenendo solo nei piccoli allevamenti. Un’antica tecnica di mungitura prevedeva l’ingresso della pecora da un cancello per raggiungere la postazione di mungitura, nella parte anteriore un altro cancello manovrato dal mungiture bloccava la pecora. Questa tecnica era utile soprattutto per le primipare o per le pecore con particolari vizi, che tendevano a fuggire per evitare che il mungitore toccasse la mammella (in generale tutte le pecore sono molto gelose della loro mammella). La mungitura manuale ha contribuito alla selezione massale delle pecore nella morfologia della mammella, infatti quasi tutte le razze presentano dei capezzoli abbastanza pronunciati, in quanto così risultano più maneggevoli.
Per quanto riguarda l’allevamento si va dallo stato brado fino all’allevamento intensivo, anche se la pratica più utilizzata è quella semi-estensiva. A seconda della stagione, le pecore vengono poste in stalla e fornite di integrazioni alimentari, oltre l’erba di pascolo. Questo metodo è indispensabile per gli animali produttivi dato che l’erba è sì un alimento eccezionale, ma il suo contenuto in acqua varia mediamente dal 70% al 80%, per cui una copertura dei fabbisogni (in animali molto produttivi) diventa pressoché impossibile. Quando si parla di integrazione alimentare generalmente si fa riferimento alla quantità di foraggio sul totale della razione che varia dal 50% allo 80%: va da sé che bisogna scegliere con cura sia l’epoca di sfalcio che le specie botaniche presenti.
Un aspetto importante è la qualità dei foraggi: anche se questi animali sono rustici non significa che debbano mangiare foraggi di scarsa qualità. Infatti la rusticità di un animale al pascolo, che quindi si adatta a vari ecosistemi non implica il fatto che sia altrettanto rustico in stalla, infatti gli animali che hanno accesso al pascolo tutti i giorni non consumano come dovrebbero fieni di bassa qualità, in quanto non avrebbe senso far occupare volume ad un alimento di bassa qualità se dopo poche ore gli animali vengono inviati al pascolo. Certo questo è un ragionamento molto “umanizzato”, ma se si ha la possibilità di osservare il comportamento in mangiatoia si potrà apprezzare questa particolare tendenza negli animali. Quindi, qualora si volesse valorizzare tutto il potenziale genetico delle pecore rustiche, la razione dovrà essere composta da eccellente fieno (raccolto giovane, quindi poco lignificato) e da un concentrato caratterizzato da diverse materie prime (cereali, leguminose, alimenti fibrosi di alta digeribilità ed eventuali integratori), somministrando una razione in base agli effettivi fabbisogni.
I vantaggi dell’integrazione alimentare in stalla sono molteplici: quando l’animale si avvia al pascolo non digiuno sceglie le erbe migliori con relativi benefici alla qualità del latte, è meno esposto a rischi di fenomeni di meteorismo e blocchi ruminali, dovuti il più delle volte al consumo di leguminose giovani e/o bagnate consumate voracemente, gode di un maggior benessere perché l’animale sazio durante particolari avversità climatiche (piogge violente, caldo eccessivo, vento eccessivo, etc.) e trova riparo molto più volentieri di quando non lo è, cosa da non sottovalutare in questi casi è il maggior benessere del pastore.
Altro vantaggio, forse il più importante, è la sinergia tra la razione consumata in stalla ed e l’erba che ha un alto valore nutritivo, ma dato il suo tenore in acqua e la sua ridotta granulometria tende a passare molto velocemente negli altri prestomaci: questo si traduce in fermentazioni lungo tutto l’apparato gastroenterico. Quando l’erba trova una base (soprattutto foraggi), tende a miscelarsi con tutto il contenuto permanendo di più nel rumine, che così potrà assorbire una maggiore quantità di sottoprodotti della fermentazione batterica; in ogni caso, l’erba produce una buona parte dei gas classici della fermentazione ruminale, che nel rumine sono facilmente eliminabili, mentre ciò non succede negli altri prestomaci. Si ottiene così una maggiore stabilità anche del pH ruminale in quanto il rumine, alla pari di un motore, lavora costantemente tutto il giorno, e questo aspetto si ripercuote positivamente anche sul comportamento degli animali, che essendo più tranquilli producono di più.
Quanto detto in precedenza vale per tutte le fasi produttive. Particolare attenzione va posta nei periodi critici, ovvero: messa in asciutta, fine gestazione per consentire uno sviluppo ottimale del feto e per la produzione di un buon colostro, periodo che intercorrere tra il parto ed il picco produttivo per attenuare il fisiologico bilancio energetico e proteico negativo, il quale si tradurrebbe in un dimagramento che, se troppo spinto, può portare anche a fenomeni di chetosi.
Per quanto riguarda gli aspetti produttivi, in un allevamento estensivo la produzione di latte è circa 70 litri per le primipare e 100/120 litri per le pluripare. Negli allevamenti intensivi le quantità aumentano, con una produzione fino a 100 litri nel caso delle le primipare e 170/200 litri per le pluripare. Questi dati sono al netto della poppata degli agnelli. Il latte è composto da 6.5% di grasso e 5.2% di proteine, con rese casearie di 20 kg di formaggio su 100 litri di latte, ma questo ovviamente varia in base alla tipologia di prodotti e delle tecniche di caseificazione.
Importanti sono anche le rese in carne.
Gli agnelli hanno un peso alla nascita di 3-4 kg; peso a 30 gg di 7-8.5 kg fino ad arrivare al primo anno di età con un peso di 36-45 kg. Nei maschi i valori sono più alti.
La comisana è, inoltre, una razza poliestrale annuale, che a detta degli allevatori non ha nessuna difficoltà a rimanere gravida durante tutto l’anno. Ha un tasso di fertilità del 95%, ovvero su 100 pecore alla monta rimangono fecondate mediamente 95, con una prolificità del 180% (180 agnelli nati su 100 pecore) ed un’età media al primo parto di 16 mesi.
In riferimento alla qualità del latte questa è influenzata dal tipo di alimentazione. In particolare per i capi allevati in Sicilia si evidenzia come sia una regione con notevole produzione di agrumi, olio, frutta e ortaggi in genere, e che gli scarti della lavorazione vengono valorizzati aggiungendoli alla razione quotidiana delle pecore. Questo si traduce in un’elevata variabilità del gusto dei prodotti lattiero-caseari, condizione questa che comporta un valore aggiunto alla bontà dei prodotti, molto ricercati dai consumatori. La Sicilia è infatti famosa per il suo pecorino, per la sua “vastedda”, ma anche per la produzione della ricotta, ingrediente principale nella nobile tradizione dolciaria sicula.
Infine, per quanto attiene alla lana questa è piuttosto grossolana e viene usata per la riempitura dei materassi.
Guido Bissanti
Fonti-
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Daniele Bigi, Alessio Zanon , 2010. Atlante delle razze autoctone. Bovini, equini, ovicaprini, suini allevati in Italia, Edagricole-New Business Media, Bologna.