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Mappa Geografica del Kenya

Mappa Geografica del Kenya

Il Kenya è uno Stato dell’Africa orientale che confina a nord con Etiopia e Sudan del Sud, a sud con la Tanzania, a ovest con l’Uganda, a nord-est con la Somalia e bagnato ad est dall’oceano Indiano.
Il Kenya ha una superficie di 582.650 km² ed una popolazione di 54.727.751 abitanti.
Nairobi ne è la capitale e la città più grande con 4.500.000 abitanti (2007).

Geografia –
La geografia del Kenya è alquanto complessa. Il Kenya è un paese dell’Africa Orientale, ed è attraversato dall’equatore. Pur essendo un paese equatoriale e tropicale, presenta climi molto vari. Nel nord si trovano aree desertiche, e nel centro sud altopiani, con boschi e savane. Il paese è attraversato da lunghe catene di montagne. Complessivamente, l’elemento morfologico che più caratterizza il Kenya è la Rift Valley, che lo attraversa da nord a sud. Le acque interne presentano laghi di acqua dolce e di acqua salata; numerosi sono anche i soffioni boraciferi e i geyser. Pochi invece i fiumi, di cui solo due hanno una portata e una lunghezza degne di nota (il Tana e il Galana).
Alla fascia costiera, lunga oltre 400 km, succede una regione di altopiani aridi e stepposi; quello centrale, che si eleva a quote comprese tra i 1 500 e i 3 000 metri, è diviso dalla frattura della Rift Valley che si sviluppa da nord a sud e che forma il bacino del Lago Turkana (o Rodolfo). Ai lati della Rift Valley si innalzano imponenti massicci vulcanici, il maggiore dei quali è il monte Kenya (5199 m), uno dei monti più alti dell’Africa e il Kilimanjaro (5358 m) al confine con la Tanzania. L’altopiano digrada a ovest, in prossimità del Lago Vittoria, e a nord dove il territorio del Kenya è occupato da un ampio tavolato desertico.
Per quanto riguarda la rete idrografica i fiumi principali sono due: il Tana e il Galana, che versano le proprie acque nell’oceano Indiano e hanno un regime molto variabile nel corso dell’anno, in funzione dalla frequenza delle precipitazioni piovose. Il lago più vasto del paese è il Turkana, dal momento che solo una piccola porzione del Lago Vittoria appartiene al territorio del Kenya; il Lago Turkana ha acque salmastre e vi affiorano numerose isole.

Clima –
Il clima del Kenya è molto caldo e umido, soprattutto nelle regioni costiere, e diventa più mite e asciutto nel cuore del Paese, in rapporto all’altitudine.
Le piogge sono concentrate in due periodi dell’anno: da marzo a maggio le grandi piogge, mentre da ottobre a dicembre le piogge sono intense ma brevi. L’ambiente dominante è quello della savana, tutelato da numerosi parchi naturali che coprono circa il 10% del territorio nazionale. Sulle pendici delle montagne e lungo il corso dei fiumi si trovano tracce dell’originaria foresta pluviale; mentre a nord, nelle zone meno piovose, la savana sfuma nel deserto. La savana è l’habitat di grandi mandrie di erbivori (antilopi, gazzelle, giraffe, bufali, zebre, elefanti) e dei loro predatori (leoni, leopardi e ghepardi). Nelle acque dei laghi e dei fiumi vivono ippopotami e coccodrilli.

Flora-
Il Kenya possiede una straordinaria biodiversità, che rispecchia la varietà delle differenti condizioni climatiche e morfologiche del suo territorio.
L’antica foresta equatoriale sopravvive in alcuni lembi della fascia costiera e lungo i fiumi, dove prende l’aspetto della foresta a galleria; in molti punti essa ha lasciato il posto a una foresta secondaria formata da cespugli, eriche, felci arboree, ficus, bambù, liane ed epifite.
Lungo il litorale sono presenti foreste di palme, mangrovie, teak e sandalo, mentre le zone palustri del lago Vittoria sono il regno di canneti, papiri e grandi acacie.
Le montagne presentano verso l’alto una successione spettacolare di fasce vegetali: alla quota di 2500 m la foresta umida ed estremamente vigorosa via via dirada, passando in savana e poi in praterie grasse dove s’impongono seneci, lobelie giganti ecc.; più in alto si giunge alla prateria di tipo alpino e infine si ha il passaggio verso l’ambiente nivale.
Lungo le coste crescono foreste di palme, mangrovie, teak e sandalo, mentre le aree pianeggianti sono caratterizzate da estesi tratti di savana alborata con baobab, euforbie e acacie.
Dove le piogge si fanno più abbondanti cresce la savana-parco, mentre nelle zone meno piovose si ha la steppa dal manto erboso.
La parte a NE, infine, è semidesertica: qui crescono solo acacie, cespugli spinosi e qualche palma dum.
Erosione del terreno, desertificazione e deforestazione sono i principali problemi ambientali che il Kenya deve affrontare.
Questo Paese ha un alto tasso di incremento demografico, registra quindi un fabbisogno crescente di legna da ardere e di terra da coltivare. Soltanto l’8,2% del territorio è coltivabile, anche se i sistemi agricoli degli altipiani del Kenya sono fra i più produttivi di tutta l’Africa.
L’aumento dell’uso di pesticidi e di fertilizzanti in agricoltura ha provocato un notevole inquinamento idrico; soltanto il 46% della popolazione rurale ha disponibilità di acqua potabile e sicura. Il 6,1% del territorio è coperto da terreni boscosi, ma soltanto il 3% è occupato da foreste umide naturali.
Attualmente il 12,7% della superficie del paese, si fa per dire, è protetto. Vi sono tre riserve marine, quattro riserve naturali, undici riserve nazionali e diciotto parchi nazionali, tra cui l’Amboseli, il Monte Kenya e il Sibiloi. Sono attualmente in corso iniziative volte al ripopolamento degli elefanti africani e dei rinoceronti neri, sempre più rari, ed è stata intrapresa, ridicolo solo a dirsi, una severa campagna contro il bracconaggio.
I fautori della deforestazione commerciale minacciano di denunciare gli ambientalisti per diffamazione, insistendo sul fatto che le loro azioni di disboscamento sono pienamente legali.
Con 5,6 milioni di alberi abbattuti ogni giorno, il Kenya corre verso la desertificazione
Non è solo l’Amazzonia il luogo in cui si fa strage di foreste, anche in Africa avviene lo stesso scempio, anche se per ragioni alquanto diverse. Un recente rapporto dell’Africa Green Foundation, ha rivelato che solo in Kenya vengono abbattuti ogni giorno 5,6 milioni di alberi. Una quantità stupefacente se rapportata allo sforzo degli ambientalisti che, pur dedicandosi alla riforestazione con enorme energia e determinazione, riescono appena a ripiantare un misero 12 per cento del totale di alberi abbattuti. È come continuare a riversare acqua in una vasca bucata dove il getto d’ingresso è molto inferiore a quello d’uscita.
A differenza dell’Amazzonia, in Kenya le cause dell’abbattimento di alberi sono soprattutto dovute alle necessità domestiche e a quelle della mini-imprenditoria. Nelle zone dell’altipiano, dove il freddo notturno è sempre costante e pungente, l’unica possibilità di riscaldarsi è quella di accendere fuochi, usando il legno come combustibile. Ma il legno viene anche usato per cucinare dal 90 per cento dell’intera popolazione sub-sahariana, mentre rappresenta ben il 52 per cento dei combustibili utilizzati per la produzione di energia elettrica. Secondo la World Bank, la deforestazione in atto in Africa ha raggiunto livelli di assoluta drammaticità e il Kenya, in particolare, rischia di essere trasformato in pochi decenni, in una landa brulla e desolata, come, negli ultimi trent’anni, è avvenuto per il Samburu National Park, un tempo verde e rigoglioso e oggi ridotto a una vasta distesa di terra grigia, arida e polverosa.
L’elevato tasso d’incremento demografico in Africa, ha anche aumentato la necessità di un maggiore sviluppo agricolo che rispondesse alle esigenze alimentari della crescente popolazione, sviluppo che ha sempre più richiesto l’acquisizione di terreni fertili, troppo spesso strappati alle foreste. Secondo la FAO, Food and Agriculture Organisation, è infatti proprio nell’agricoltura che risiede ben il 60 per cento dell’intera deforestazione africana, mentre un 20 per cento è utilizzato dal commercio e dall’industria e il rimanente 20 per cento per l’utilizzo domestico. Tra gli usi commerciali è inclusa la produzione del Charcoal un carbone di legno che si ottiene attraverso una lunga fumigazione dei ciocchi d’albero ridotti poi a pezzi, utili per cucinare alla brace. I popoli swahili lo chiamano chacol e per cucinare è preferito al legno perché la sua combustione e molto lenta, facendolo durare a lungo.
Ragioni, quelle elencate, del tutto comprensibili perché rispondono alle basilari necessità di popoli ancora troppo poveri per poter accedere a sistemi più avanzati. Tuttavia le foreste africane diminuiscono a vista d’occhio e sono in grave pericolo di estinzione. Basti pensare che nel decennio compreso tra il 1980 e il 1990 la FAO ha stimato che l’Africa perdeva ogni anno oltre 15 milioni di ettari di foreste per sostenere le necessita dello sviluppo umano. Situazione, questa, che ha messo in allarme la fondazione a tutela delle foreste il cui presidente, Isac Kalua, ha detto “I miei compatrioti kenioti, devono rendersi conto che l’abbattimento degli alberi crea gravissimi danni all’ecosistema e continuando in questo modo metteranno a rischio il futuro dei propri figli”.
Certo è che, oltre a questi legittimi moniti, si dovrebbero anche poter proporre valide alternative che, almeno fino ad oggi, sono mancate. Al momento, l’iniziativa che appare più realistica, è quella intrapresa dall’organo ONU che si occupa dei cambiamenti climatici del pianeta il quale, in collaborazione con la Green Foundation, ha presentato un massiccio piano di riforestazione che interesserà inizialmente nove zone pilota: Tharaka, Kituy, Machakos, Embu, Siaya, Homabay, Laikipia, Turkana e Marsabit. Il progetto sarà poi gradualmente esteso a tutte le foreste del paese. Ma questo progetto, per essere attuato, richiede inevitabilmente la partecipazione del governo del Kenya che per bocca del ministro dell’ambiente, Judi Wakhungu, ha annunciato la messa a punto di un piano che, nell’anno corrente, consentirà al suo dicastero di piantare oltre 50 milioni di nuovi alberi. Risposta certamente positiva, ma che resta del tutto insufficiente visto che l’attuale abbattimento annuale sfiora già i 20 miliardi di alberi.
Inoltre, è questa una promessa su cui il Kenya può contare? C’è davvero da sperarlo perché il Paese si trova in piena emergenza e il tempo minimo perché un albero appena piantato possa portare il suo contributo all’equilibrio climatico, richiede almeno sette anni. Se questa promessa del governo farà la fine di molte altre che non si sono mai realizzate, non si tratterà più di confrontarsi con cittadini che, se pur mugugnando, restano impotenti. Significherà adottare un atteggiamento di spavalderia contro le forze della natura. Natura che l’uomo, se pur con la sua più sofisticata tecnologia, non è mai riuscito e mai riuscirà a sconfiggere.

Fauna –
Il Kenya è ancora oggi una terra dove si trovano il maggior numero e la maggiore varietà d’animali.
I più grandi sono proprio i Big Five: Elefante, Rinoceronte, Leone, Bufalo e Leopardo.
I grandi mammiferi includono altresì il Ghepardo, il “cugino” del Leopardo.
Un altro grande mammifero è l’Ippopotamo. È il secondo animale terrestre quanto a dimensioni. Può raggiungere il peso di 2 tonnellate.
L’animale che più e meglio eccita la fantasia dei ragazzi è la Giraffa. Tre sono le principali specie: la giraffa masai (vive nel sud del Kenya ed in Tanzania), la giraffa reticolata (vive nel Kenya settentrionale) e la giraffa di Rotschild (vive nel Kenya occidentale e nel nord dell’Uganda). La giraffa possiede la lingua (nera) più lunga di tutti i mammiferi che può arrivare fino a 45 centimetri.
La Zebra la si vede in tutta l’Africa Orientale. È sempre molto attiva; di giorno si muove, di notte si riposa. La zebra è in grado di digerire anche i cibi più pesanti. Di fatto, quindi, sopravvive anche là dove gli altri animali non trovano nulla da mangiare.
La savana piena di arbusti che si trova in questa parte d’Africa accoglie la più straordinaria varietà di Antilopi del mondo. Sono circa 30 diverse specie che vanno dall’Eland (il più grande) al Dik-dik.
I piccoli felini sono tutti più o meno l’evoluzione del mitico Gatto fulvo d’Egitto e sono il Gatto dorato africano, il Gatto delle sabbie, il Caracal, il Servalo o gattopardo africano. Pesano dai 2 ai 3 chili, con un olfatto poco sviluppato, vantano un udito eccezionale ed una vista eccellente. Carnivori, si cibano di prede di piccole dimensioni.
La famiglia dei Canidi comprende piccoli carnivori affini al cane.
Sono essenzialmente due specie di Sciacalli: lo Sciacallo striato e lo Sciacallo dalla gualdrappa.
Un altro canide molto diffuso è l’Otocione.
Tra quelli che sono denominati i cacciatori gregari, quello più grande è il Licaone. Caccia in branco predando Antilopi, Zebre, Gazzelle e Gnu.
Il predatore per antonomasia è però la Iena, inclusa nella famiglia degli Ienidi, che è dotata di una delle mandibole più forti. Riesce a divorare le ossa delle proprie vittime. Si divide in due gruppi: la Iena maculata e quella striata. In genere si avventano sui resti di animali vittime di altri predatori. Le iene si contentano di finire i resti delle carcasse.
Tra i piccoli mammiferi si possono classificare carnivori, erbivori e un buon numero di scimmie onnivore.
La famiglia dei Mustelidi comprende in particolare le Donnole e le Lontre africane. Abitano nei boschi, nel bush e nelle aree erbose. Vantano un ampio repertorio di suoni vocali e respingono i nemici grazie ad un odore repellente che riescono a produrre dalla secrezione delle proprie ghiandole anali.
Le Manguste sono mammiferi rappresentanti della famiglia degli Erpestidi ed appartenenti all’ordine dei carnivori. Vivono in gruppo, sono svelte ed agili nei movimenti, si muovono nel bush sfoggiando le loro capacità vocali. Il loro migliore modo di difesa è ripararsi nelle buche più vicine per evitare l’aggressione dei carnivori più grossi.
Gli Iraci o Procavie sono i parenti più stretti degli elefanti. Pur trattandosi d’esemplari minuscoli, con gli elefanti condividono una serie di caratteristiche simili: unghie forgiate ad artiglio che in realtà sono degli zoccoli; due mammelle situate tra gli arti inferiori; testicoli interni; una gestazione lunga sette mesi.
I Babbuini sono gli esemplari più grandi nella famiglia dei Cercopitecidi. Si tratta di scimmie robuste, con il capo rotondo ed il muso sporgente. Vivono in gruppo e, come per molti altri animali, le femmine sono l’elemento fondamentale. Un solo maschio è invece il capo del gruppo. È colui cui spetta il compito dell’accoppiamento. La specie più comune in questa zona d’Africa è il Cercopiteco grigioverde. Agile, snello dalla lunga coda, vive in gruppo. Dotato di una vista eccellente, vanta anche un udito eccezionale, mentre possiede un olfatto povero. Questo tipo di cercopiteco è onnivoro: mangia di tutto, dai fiori alle erbe, ma anche insetti, rettili, uccelletti ed uova.
In Kenya sono state individuate, ad oggi, ben 1100 specie diverse di Uccelli (clicca sul Link e vedi: “Kenya Birdwatching”, “Kenyan Birds” e “Kenya – Les oiseaux”), quindi si può ben capire il valore che l’intera regione assume per gli ornitologi. L’habitat così variegato e composto da molti elementi diversi tra loro, consentono a questa regione di offrire agli uccelli un ottimo ambiente.
Si stima che ogni anno emigrino verso l’Africa circa 6000 milioni d’uccelli. Nell’Africa orientale non esiste inverno o estate. Le temperature restano più o meno le stesse. L’unica differenza riguarda l’umidità. E gli uccelli istintivamente sanno quando sostare o andarsene. Lungo la costa, il clima tropicale consente agli uccelli di reperire facilmente del cibo.
Il Piovanello tridattilo, il Chiurlo piccolo, il Corriere grosso, il Voltapietre, la Pantana, la Beccaccia di mare africana, sono alcune delle specie migratorie che in primavera tornano verso il Nord per riprodursi.
Tra le razze stanziali l’Airone cinerino, il Martin pescatore delle mangrovie, la Nitticora sono i protagonisti di una scena ornitologica davvero affascinante.
Lungo i fiumi vivono otto specie di Cicogne che con il loro enorme becco si deliziano delle prede più diverse.
L’altro grande volatile di sicuro fascino è l’Aquila. Con il suo volo maestoso, l’apertura alare da sola è sufficiente ad infondere nell’osservatore un senso di rispetto che molto si avvicina al timore. L’Aquila rapace, l’Aquila marziale, l’Aquila di Wahlberg si cibano di piccoli mammiferi, di Faraone, di Francolini, mentre vanno ad abbeverarsi.
Tra gli uccelli lacustri, si possono osservare tutta la serie dei Pellicani e dei Fenicotteri, in specie quelli rosa. Nella categoria degli uccelli di pianura ci sono le Allodole, le Ballerine. Spicca tra gli altri il terribile Marabù africano, un animale saprofago che, come gli Avvoltoi, viene attirato dalle carcasse di animali morti e dalle discariche.

Guido Bissanti




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