Triticum dicoccum
Triticum dicoccum
Il Farro dicocco, conosciuto anche come emmer, farro medio o anche solo farro (Triticum dicoccum L.) è un cereale appartenente alla famiglia delle Poaceae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Sottodivisione Commelinidae, Classe Liliopsida, Ordine Poales, Famiglia Poaceae, Tribù Triticeae e quindi al Genere Triticum ed alla Specie T. dicoccum.
È Sinonimo il termine Triticum dirocco.
Etimologia –
Il termine Triticum secondo Varrone deriva da tritum battuto, per l’uso di battere il frumento per separare i chicchi dalle spighe. L’epiteto specifico dicoccum per via delle spighette che spesso portano due cariossidi.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il Farro dicocco è un cerale con origini antiche le cui prime menzioni si ritrovano nella Mesopotamia del terzo millennio. Discende per processo di domesticazione dalla specie selvatica T. dicoccoides, la cui area di diffusione è collocabile da oriente del Mediterraneo fino al Caucaso. Sulla base dei reperti fossili delle due specie risulta che la domesticazione del T. dicoccum fu molto più rapida di quella del farro piccolo, molto probabilmente per la superiore produttività della prima specie, capace di formare due cariossidi per spighetta invece dell’unico seme caratteristico del T. monococcum.
Oggi viene coltivato in varie parti del mondo, soprattutto nell’agricoltura biologica ed in Italia è il farro più coltivato.
Descrizione –
Il Farro medio è una specie tetraploide (2n = 4x = 28) che presenta, come il farro piccolo, spiga compatta e, generalmente, aristata. Le spighette contengono di norma due cariossidi, raramente tre. Discende per il processo di domesticazione dalla specie selvatica T. dicoccoides.
Coltivazione –
Il farro medio è una specie che cresce anche su terreni poveri di elementi nutritivi, in zone collinari tra i 300 e i 1.000 m s.l.m. La semina di questo cereale avviene in autunno, su terreno precedentemente preparato, utilizzando seme vestito. La preparazione del terreno non fa uso di diserbanti. La pianta è robusta e non abbisogna di concimi chimici o fitofarmaci, essendo resistente al freddo, alle malattie e agli agenti infestanti.
La raccolta avviene più tardivamente rispetto a quella del grano e si effettua in estate con le normali macchine usate anche per la mietitrebbiatura del grano.
La particolarità del farro è che il seme, a fine trebbiatura, conserva ancora l’involucro protettivo (glumette), per cui abbisogna di una ulteriore fase di lavorazione (denominata “sbramatura” o “brillatura”). Questo inconveniente, unito anche alla bassa resa, lo ha reso nel tempo meno “popolare” del grano ed ha di fatto spinto il coltivatore a rivolgersi verso colture più redditizie. La resa in brillato risulta pari a circa il 60-70% del prodotto iniziale. Un vantaggio di questo cereale è che dopo il raccolto, non ammuffisce e può essere conservato per molti anni. Per i dettagli della tecnica di coltivazione consulta la seguente scheda.
Usi e Tradizioni –
Il Triticum dicoccum è un parente stretto del grano ed è una delle tre specie del genere Triticum comunemente chiamate farro ed una delle prime otto colture rese coltivabili.
Le prime menzioni di questo cereale si ritrovano nell’antica Mesopotamia del terzo millennio (in sumerico, ziz2), ed in seguito anche nella Bibbia. Era conosciuto e coltivato nell’antico Egitto. Ezechiele lo usava come uno degli ingredienti per il suo pane (Antico Testamento Ezechiele, 4:9). Inoltre la farina di farro costituiva la base della dieta delle popolazioni latine.
Il pane di farro veniva consumato congiuntamente dagli sposi nel rito della cumfarreatio, la forma più solenne di matrimonio dell’antica Roma.
Successivamente, dopo la coltivazione di altre varietà di cereali, soprattutto frumento, mais e riso, la coltura del farro è andata diminuendo nel tempo fin quasi a scomparire.
Negli ultimi tempi però è stato riscoperto grazie alle sue ottime proprietà dietetiche. Divenuto quasi una coltivazione “di nicchia”, trova oggi una collocazione naturale nelle aziende biologiche.
Il farro medio viene coltivato in Italia soprattutto in Toscana, nella Garfagnana (certificazione di qualità IGP), ai piedi delle Alpi Apuane, in provincia di Lucca.
Tra l’altro il farro medio è il più importante e il più diffuso farro coltivato in Italia, tanto da essere spesso considerato il farro per antonomasia. Più adattabile dello spelta, a condizioni ambientali difficili, il farro medio è la specie tipica delle aree tradizionali di coltivazione del farro dell’Italia centro-meridionale. Nell’ambito di tali areali la coltivazione e la riproduzione in loco da lunghissimo tempo dei medesimi genotipi hanno differenziato delle popolazioni autoctone (ecotipi) caratteristiche, e caratterizzanti, degli areali medesimi.
Per questo motivo le popolazione di farro tipiche dei vari ambienti si differenzianp dalle popolazioni autoctone di altri areali. Ogni ecotipo, pertanto, costituisce un elemento di tipizzazione della produzione del proprio areale di coltivazione, con riferimento al quale viene generalmente denominato.
Questo cereale si trova in commercio in due forme: il farro decorticato (o semplicemente farro) e il farro perlato. Il farrotto è un cereale “vestito”, in quanto la glumetta, la pellicola esterna del chicco, ricca di fibre, è molto aderente e quindi non viene eliminata dalla normale raffinazione con rulli cilindrici a cui è soggetto il frumento. Il farro decorticato conserva il pericarpo intatto, che viene invece eliminato nel farro perlato, che si presenta di colore molto più chiaro e cuoce in un tempo decisamente inferiore. La granella di farro brillata può essere ulteriormente macinata per la preparazione di paste, pane o biscotti. La farina di farro è utilizzata anche nell’industria dolciaria. Con la farina di farro si produce un pane, da alcuni preferito a quello di frumento integrale.
Modalità di Preparazione –
Il triticum dicoccum, è il farro più diffusamente utilizzato per la produzione di perlato e di pasta. Il farro perlato è una granella di farro dicocco decorticato, cioè al quale è stato eliminato in modo meccanico il suo rivestimento esterno. In questo modo il chicco assorbe in fretta l’acqua e cuoce più rapidamente, pertanto non è necessario un ammollo preventivo e la sua preparazione è veramente agevole. Il farro perlato può essere cucinato usando le stesse modalità di un risotto, tenendo solo presente che necessita di qualche minuto in più. Pertanto, può essere servito sia come piatto freddo (ad esempio insalata di farro con verdure, ideale per l’estate) sia come pietanza calda, come il tipico risotto.
La caratteristica più spiccata di questo frumento è quella di possedere un glutine più leggero e quindi più digeribile rispetto al frumento duro. Ciò si traduce però in una pasta più delicata in termini di tenuta alla cottura. Ne deriva l’esigenza di una maggiore attenzione nel cucinare questa pasta, sia in relazione ai tempi sia alla scelta dei condimenti da abbinare.
Ecco alcuni suggerimenti basilari e rapidi per cucinare al meglio un buon piatto di pasta di farro: cuocere il formato di pasta desiderato in abbondante acqua salata (1 litro di acqua per ogni 100g di prodotto); versare nell’acqua qualche goccia d’olio per non far attaccare la pasta e giratela di tanto in tanto. Questa particolare attenzione è rivolta a formati come tagliatelle, maltagliati e fettuccine, formati molto porosi che possono facilmente aggrumare; assaggiare un paio di minuti prima dello scadere del tempo di cottura indicato sulla confezione, di modo che si riesca a scolare secondo i propri gusti.
Inoltre conviene usare condimenti leggeri e delicati per apprezzare appieno il sapore del farro: sono consigliati condimenti bianchi, con olio crudo e verdure di stagione.
In cucina è utilizzato soprattutto come ingrediente di zuppe e minestre, in particolare è nota la minestra di farro. Si unisce molto bene coi legumi e le verdure, esaltando gusti e profumi. Ottimo per insalate fredde, risotti ai funghi porcini. Si abbina in maniera eccellente ai vini rossi.
Guido Bissanti
Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.