Come coltivare il cotogno in maniera biologica
Come coltivare il cotogno in maniera biologica
Il cotogno (Cydonia oblonga Mill., 1768) è una specie arborea da frutto della famiglia delle Rosacee. Già coltivato nel 2000 a.C. dai Babilonesi e considerato sacro dai Greci, è originario dell’Asia Minore e della zona del Caucaso,. Il frutto si chiama cotogna, distinto in mele cotogne quelle tondeggianti e pere cotogne quelle più allungate.
I frutti in generale si chiamano cotogne; in particolare, le varietà a forma di mela sono dette mele cotogne, mentre quelle più allungate sono dette pere cotogne. In questa scheda vedremo come coltivare il cotogno in maniera biologica e gli accorgimenti da adottare per applicare questa tecnica.
Per le sue ridotte dimensioni è una pianta che può essere coltivata anche come esemplare singolo in giardini di piccole dimensioni, mentre nei frutteti razionali può essere allevata in sesti di 3 x 4 o 4 x 4. Aumentando la densità diventa più complesso mantenere criteri di produzione agro ecologici.
Per l’impianto è preferibile scegliere i mesi autunnali o di inizio primavera, tenendo conto che le piante di cotogno necessitano di un esposizione in pieno sole per vegetare al meglio mentre è molto rustica anche nei confronti del clima, tollerando anche i ritorni di freddo primaverili e inverni particolarmente freddi. Il cotogno richiede comunque di un periodo di vernalizzazione minimo di 100 ore di freddo al disotto dei 7 gradi durante l’inverno, mentre per una buona fioritura sono richieste dalle 250 alle 350 ore.
Pur se pianta rustica da le migliori produzioni in terreno di medio impasto ben dotato di sostanza organica che va somministrata in preimpianto con 10-12 kg di letame maturo all’interno delle singole buche. Sopporta male terreni calcarei che provocano estese clorosi, scarsa fruttificazione e minor pezzatura dei frutti, per cui il pH di un suolo ottimale dovrebbe essere tra 5 e 6,5. Per l’impianto si consiglia di ricorrere ad astoni di cotogno già pronti per la messa a dimora, cioè piante aventi dai 2 ai 4 anni di età. Queste piante sono pronte per essere allevate secondo la forma voluta. Per quanto riguarda gli apporti idrici, pur se pianta in grado di vegetare anche senza apporti artificiali, per via del suo profondo ed esteso apparato radicale, è opportuno intervenire nel periodo estivo nei primi anni. Successivamente la migliore tecnica è quella di una erpicatura leggera superficiale per interrompere la risalita capillare e l’evaporazione. Il ricorso all’irrigazione, se necessario, va fatto considerando che bisogna prolungare le ore di adacquamento per poter essere realmente utile al profondo apparato radicale.
Per la concimazione di mantenimento si deve fare ricorso ad inerbimenti e sovesci con leguminose, all’integrazione con letame maturo o compost lavorato subito nei primi strati di terreno, per evitare l’ossidazione e la perdita immediata di sostanza organica. Non somministrare mai fertilizzanti azotati, tecnica purtroppo molto utilizzata che va ad alterare la fisiologia della pianta e le conseguenti biocenosi di insetti e parassiti.
La forma di allevamento da adottare più opportuna è quella a vaso, lasciando sin da giovani le piante con 3 o quattro branche principali che si impalcano a circa un metro da terra. Si possono adottare forme a fuso o a cespuglio ma quella a vaso da le migliori garanzie di equilibrio fisiologico ed ecologico.
I tagli che si dovranno effettuare periodicamente sono a carico dei polloni basali che si formano però soprattutto su piante nate da franco o da seme e per arieggiare le parti interne onde consentire la penetrazione dei raggi solari ed il rinnovo dei rami vecchi.
La fioritura avviene in genere da maggio alla prima decade di giugno ed i frutti maturano e vanno raccolti nel periodo autunnale. La raccolta può avvenire in leggero anticipo ma per una maturazione ottimale bisogna attendere che la buccia dei frutti risulti leggermente dorata.
Come tutte le pomacee può essere colpita dal Colpo di fuoco batterico (Erwinia Amilovora); importante malattia per il cotogno è la Monilia che colpisce prevalentemente i fiori. Tra gli insetti si ricordano la Carpocapsa, sui frutti, e la Tignola orientale, sui germogli; si possono adottare efficaci interventi di lotta biologica per la Carpocapsa, mentre la presenza della Tignola diminuisce sensibilmente in assenza di concimazioni azotate. Per questi due ultimi insetti è opportuno dotare il vostro frutteto di filari di specie arbustive, anche da frutto, diversificate e aumentare gli inerbimenti per incrementare l’entomofauna utile.