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Agricoltura Italia: in dieci anni abbandonati 300.000 ettari

Agricoltura Italia: in dieci anni abbandonati 300.000 ettari

Che il modello agricolo sia di fronte ad una necessità di revisione è oramai cosa consolidata ed il dato che deve farci più riflettere viene dall’ultimo censimento ISTAT.
Negli ultimi anni sono stati abbandonati 300.000 ettari di superficie coltivata con una chiusura del 32 % delle aziende agricole ed una progressione ancor più preoccupante. Una ecatombe senza precedenti con una bocciatura senza appello per tutta la politica agricola Europea e l’inesistente politica nazionale e regionale. Un disastro che coinvolge tutto il settore ma in particolar modo le piccole aziende e quelle a conduzione familiare. Frutto di un enorme errore strategico della Politica Agricola.

La cosa più incredibile è che oggi interi territori, soprattutto quelli delle aree interne, sono legati a doppio filo con queste piccole aziende che salvaguardano ancora economie locali (soprattutto delle aree montane e svantaggiate), territorio e disseto sociale, ecologico ed idrogeologico.
La crisi si manifesta attraverso un altro dato: si è passati da un’ampiezza media nazionale aziendale di 5,5 ettari di pochi anni addietro ai 7,9 ettari attuali, anche qui con una progressione che coinvolge sistemi produttivi sempre meno relazionabili ai mercati locali e tendenti pertanto ad una destrutturazione delle aree interne. Segno che una scuola economica promotrice di questo modello agricolo è da bocciare senza appello, avendo valutato solo parametri economici senza metterli in relazione a parametri più complessi quali sono appunto i rapporti tra ampiezza aziendale, rapporti di mercato, strutture sociali ed equilibri ecologici.
Infatti tale situazione è particolarmente grave in regioni come la Liguria, la Valle d’Aosta e il Friuli Venezia Giulia – caratterizzate da una grande vulnerabilità idrogeologica, dove la presenza del tessuto agricolo è stata da sempre fondamentale – che negli ultimi dieci anni hanno visto rispettivamente una contrazione delle aziende del 46,1, del 41,2 e del 33%.  Ma dati simili e preoccupanti si rilevano dal nord fino alle isole.
Senza entrare troppo nel dettaglio dei dati ISTAT emerge che le preoccupazioni, che la FAO da anni rileva a livello mondiale, si sono abbattute con particolare virulenza nel nostro territorio con un costo sociale, culturale, ecologico ed idrogeologico di immani proporzioni proprio nel Paese che invece vanta la più alta biodiversità agricola. Una agricoltura messa in ginocchio dai pilastri della politica agricola europea tutti da rivedere; un’agricoltura abbandonata dalla politica nazionale e regionale che non ha compreso che la prima pianificazione e programmazione è locale e non europea.
Tutto questo richiede una revisione globale della Politica Rurale che deve prendere le distanze dai semplicistici e riduzionisti parametri economici per essere rimessa nell’alveo di una Politica di ampio respiro che potremmo definire: Politica Agricola Umanistica.

Guido Bissanti




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