Armillaria mellea
Armillaria mellea
Il chiodino (Armillaria mellea (Vahl) P. Kumm., 1871) è un fungo basidiomicete appartenente alla famiglia Physalacriaceae; denominato, secondo autori del passato, come”asparago dei funghi” perché solo l’estremità superiore del gambo, unitamente al cappello, è commestibile, mentre il resto dei gambi (specialmente negli individui adulti) è coriaceo ed assai indigesto.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Funghet, Divisione Basidiomycota, Sottodivisione Agaricomycotina, Classe Agaricomycetes, Sottoclasse Agaricomycetidae, Ordine Agaricales, Famiglia Physalacriaceae e quindi al Genere Armillaria ed alla Specie A. mellea.
Etimologia –
Per quanto riguardo l’origine etimologica dell’ Armillaria mellea, il genere deriva dal latino armilla = braccialetto, armillaria = attinente ai braccialetti, per il suo anello, mentre l’epiteto della specie dal latino melleus, a, um = cioè attinente al miele (per il suo colore).
Distribuzione Geografica ed Habitat –
L’ Armillaria mellea cresce in autunno, cespitoso, come parassita di ceppi e tronchi d’albero, di cui può arrivare a causare la morte. Il micelio del fungo è bioluminescente. L’area di diffusione principale è nel Nord America ed in Europa.
Descrizione –
L’ Armillaria mellea è caratterizzata da un cappello che va dai 4–7 fino a 15 cm, carnoso, da giovane emisferico o conico, per divenire sempre più spianato fino a convesso ed in seguito piano, e talvolta depresso; con un colore che varia dal giallo-miele o bruno rossiccio al verdastro, con orlo sottile, arrotolato, lievemente striato. Sulla superficie del cappello sono presenti delle squame, addensate al centro e assenti negli esemplari maturi. Le lamelle sono fitte, inuguali, bianche da giovani e brune o giallastre o con chiazze rossastre in età avanzata. Il gambo (5–20 × 1–2,7 cm) è cilindrico, affusolato, giallastro o brunastro, ingrossato, curvo, bruno-olivaceo e a volte nerastro verso la base, bruno al centro, di solito saldato con altri individui (fungo cespitoso), pieno, poi cavo, midolloso, pruinoso, giallo-roseo e segnato da leggeri solchi verticali al di sopra dell’anello. L’anello è consistente ed evidente, bianco e striato nella parte superiore, giallastro e d’aspetto fioccoso nella parte inferiore. Le spore sono bianche in massa, lisce, ellissoidali, 8–9 × 5–6,5 µm. La carne dell’Armillaria mellea è tenera sul cappello e nella parte superiore del gambo, mentre diviene coriacea e fibrosa nel resto; il colore è bianco o carnicino. L’odore è subnullo, fungino più intenso negli esemplari piuttosto sviluppati; diviene infine agliaceo e pungente negli esemplari molto vecchi. Infine il sapore che risulta acidulo e dolce, con lieve retrogusto amarognolo che è meno marcato negli esemplari più giovani. È un fungo camaleontico a seconda del ceppo ospite: giallo miele se nasce dal Gelso, bruno o bruno-rossastro dalle Querce fino a volte completamente candido se ospite dell’Acacia.
Può essere confuso con la Kuehneromyces mutabilis (Schaeff. : Fr.) Singer & A.H. Sm. = Pholiota mutabilis (Schaeff. : Fr.) P. Kumm. al pari ottima specie commestibile, forse superiore, o con Hipholoma fasciculare (Huds. : Fr.) P. Kumm., diversamente velenoso, che però ha lamelle che da giallo verdastro diventano nere, oltre all’amaro sapore della carne, la superficie del cappello sempre liscia e la presenza di un effimero anello nel gambo.
Coltivazione –
Il chiodino è un abitante del sottobosco molto facile trovare in tutta Italia, e che può essere coltivato.
Usi e Tradizioni –
L’ Armillaria mellea è un fungo di buona commestibilità ma tossico se crudo; è un fungo molto ricercato, apprezzato e consumato da sempre, ma non esente da rischi e poiché è uno dei funghi più consumati al mondo, sono molte le intossicazioni ascritte al suo consumo.
I chiodini contengono infatti tossine di natura proteica (emolisine) che sono termolabili a 65–70 °C e si inattivano facendo bollire il fungo in acqua per 10-15 minuti. L’acqua di cottura va sempre buttata. Durante la cottura, se non sottoposto ad una corretta prebollitura, il fungo secerne un liquido viscoso leggermente velenoso. Si consiglia di congelare solo dopo cottura. Durante la cottura la carne diventa scura, quasi nera e salvo esemplari molto giovani, si cucina solo il cappello.
Modalità di Preparazione –
È un fungo che viene consumato in umido, trifolato, come condimento per risotti e con carne e salsiccia. I chiodini sono buoni se ben cotti, escludendo il liquame che si forma nella prima cottura ed il gambo coriaceo. Si prestano anche alla conservazione. Si consiglia di schiumare con ramaiolo durante la bollitura per eliminare il viscidume indigesto e di non raccoglierla mai dopo gelate o congelarla cruda, in questi ultimi due casi diverrebbe tossica. I migliori sono gli esemplari piccoli con cappello chiuso e gambo tenero. Evitare quelli troppo grossi e maturi.
Per la pulizia dei chiodini bisogna eliminare la base terrosa del gambo e la parte fibrosa agli esemplari più grossi; dopodiché si deve spazzolare il cappello con un pennello da cucina. Se non si riesce ad eliminare completamente la terra li si può passare molto rapidamente sotto l’acqua ed asciugarli subito con un telo o con carta assorbente.
Importante è comunque bollire prima della cottura e prima del consumo è sempre consigliabile una prebollitura, gettando l’acqua di cottura, infatti se non sottoposto ad una corretta prebollitura questo fungo secerne un liquido viscoso leggermente velenoso. L’acqua di cottura va sempre buttata.
Oltre le varie ricette con i chiodini si ricorda che gli esemplari piccoli e sodi si prestano egregiamente alla conservazione sott’olio o sott’aceto.
Guido Bissanti
Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Cetto B., 2008. I funghi dal vero, Saturnia, Trento.
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.