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Rubia tinctorum

Rubia tinctorum

La robbia dei tintori o robbia comune o garanza (Rubia tinctorum L.) è una specie erbacea perenne della famiglia delle Rubiaceae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Ordine Gentianales, Famiglia Rubiaceae e quindi al Genere Rubia ed alla Specie R. tinctorum.

Etimologia –
Il termine Rubia proviene da rúbeus rosso, in quanto la radice veniva utilizzata per tingere di rosso. L’epiteto specifico tinctorum è il genitivo plurale di tinctor tintore: dei tintori, che utilizzavano queste piante per tingere stoffe.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
La robbia dei tintori è una specie di origine asiatica, di un’area che va dal Medio Oriente e Turchia all’Asia Centrale, un tempo coltivata anche in Italia per la tintura dei tessuti, oggi raramente presente allo stato subspontaneo in tutte le regioni dell’Italia continentale salvo che in Liguria, ma in forte regresso e in molte regioni non più osservata da lungo tempo.

Descrizione –
La Rubia tinctorum è una pianta erbacea, perenne che si presenta con fusti molto ramificati, quadrangolari, lunghi, ruvidi, ed aspri; i rami hanno la tendenza ad arrampicarsi e sono ricoperti da aculei rivolti verso il basso, e foglie strette, disposte a spirale attorno al fusto raggruppate in gruppi da 4 o 6, anch’esse ricoperte da piccoli aculei sia sulle nervature della pagina inferiore che lungo il margine.
Le radici sono sottili, lunghe e sono rossastre, ramificate, con un odore forte.
I fiori sono piccoli a forma di stella e di colore giallo – verdastro.
I frutti sono di colore rosso a bacca che diventa nero lucente una volta maturo.
L’antesi è tra aprile e giungo.

Coltivazione –
Per la coltivazione della Rubia tinctorum si tenga conto che questa pianta predilige terreni profondi con semina che va effettuata al riparo dal gelo alla profondità di 4-6 cm.
La semina deve avvenire quindi in primavera, oppure si può trapiantare la pianta per talea nel periodo autunnale.
La germinazione da seme avviene in genere a distanza di 15-20 giorni.
La raccolta viene effettuata durante il terzo anno di età della pianta. Il colorante alizarina si deposita con il tempo dal fusto alle radici, fissandosi. I rizomi vengono dunque estratti dalla terra, lavati, essiccati e macinati, per ottenere una sottile polvere colorante, praticamente inattaccabile, che può durare in conservazione per diversi anni.

Usi e Tradizioni –
La robbia è una pianta conosciuta fin dall’antichità ed è stata citata da Vitruvio, Plinio e Heraclius. Il nome robbia dei tintori è dovuto al fatto che dalle sue radici i tintori ricavano il colore detto “rosso di garanza” o “rosso adrianopoli”.
Questa pianta ha quindi costituito sin dall’antichità la principale fonte di colorazione rossa per le fibre tessili, le pelli e le pitture murali. Citata nelle opere di Ippocrate, Teofrasto e Dioscoride, che ne menziona la coltivazione in Toscana, era usata dagli antichi Egizi per la tintura del lino.
La robbia è forse la più importante pianta tintoria: era coltivata fin dall’antichità per produrre un particolare colorante (l’alizarina), ma da noi, siccome non si tinge quasi più con i vegetali, è ormai sconosciuta. Si possono però vedere dei grandi cesti di radici di robbia nei mercati persiani o marocchini, dove ancora viene usata per i lavori artigianali. Della pianta si conservano i frutti, per avere le sementi, e le radici, per tingere. Il resto viene scartato. Le radici della robbia vengono raccolte dal diciottesimo al trentesimo mese di vegetazione, vengono fatte seccare e ridotte in piccoli pezzi.
Dal Medioevo in poi, sino alla realizzazione del corrispondente pigmento di sintesi, le sostanze pigmentanti prodotte dalla pianta hanno costituito il motivo di vaste coltivazioni e ricco commercio.
A partire dal XVII secolo le sue radici hanno cominciato a essere importate in Europa dalla Siria, Persia, Asia minore e Grecia, provenienti da Siria, per opera degli Olandesi, essi stessi grandi produttori insieme alla Francia, dove fu introdotta ai tempi di Luigi XV e coltivata in seguito intensivamente in alcune regioni meridionali, fra cui la Provenza.
In Italia le coltivazioni di robbia sono state mantenute sino alla fine del XIX secolo, caratterizzando con il colore rosso mattone che se ne ricava, unitamente al blu del guado, la colorazione del tessuto popolare locale, soprattutto negli abiti tradizionali regionali.
Il rapido declino della robbia avvenne con l’individuazione del suo principio colorante, che è un composto antracenico, di nome alizarina, sintetizzato nel 1868 dai chimici tedeschi Groebe e Liebermann.
Dalla radice, che contiene diversi composti polifenolici (antrachinoni), si otteneva quindi sin da tempi antichissimi un colorante rosso utilizzato sia nella pittura muraria come nella tintura di stoffe. Il colore ottenuto dalle sue radici, un rosso concentrato e brillante, anche se sensibile alla luce e all’acqua come tutti i coloranti organici, si presenta tra i più stabili (tende a restare intatto anche dopo il lavaggio prolungato) ed economici (rispetto, ad esempio, alla porpora animale).
La Robia tinctorum viene utilizzata, comunque, anche per la preparazione di preparati erboristici, oltre che come pianta tintoria.
In erboristeria vengono apprezzate le proprietà terapeutiche diuretiche ed antinfiammatorie e si usa per curare le sciatiche e certe forme di paralisi. È utile come coadiuvante in caso di cistite, reumatismi e costipazioni. In erboristeria viene usata anche per la preparazione delle tinture naturali per capelli.
Secondo quanto riportato negli antichi testi “Fa orinare copiosamente l’orina densa e qualche volta il sangue. Ma è necessario per coloro che ne bevono il decotto, di lavarsi ogni giorno nel bagno e osservare ogni giorno l’aspetto delle feci e la loro differenza volta per volta. Il succo della radice e delle foglie, giova ai morsi dei serpenti, assunto con Vino. Il seme, bevuto con Aceto Melato o Oxymele, diminuisce la milza [la milza ingrossata e dura è segno di grave patologia per la Dottrina Umorale Ippocratico-Galenica].
Oltre a ciò, la radice applicata ai genitali femminili, favorisce le mestruazioni, il parto e l’espulsione della placenta. Applicata [sulla pelle] con Aceto, sana le vitiligini bianche”. Questo diceva Dioscoride.
Galeno (II sec. d.C., medico di corte imperiale da Marco Aurelio a Settimio Severo) la descrisse, molto più sinteticamente, ma non meno accuratamente, nel VI Libro del “Virtù dei medicamenti semplici”:
Egli asseriva che: “ è la radice di Robbia al gusto acerba e amara. E perciò compie tutte quelle azioni legate a questi sapori: quindi essa ripulisce il fegato e la milza, e fa abbondantemente espellere l’orina densa e qualche volta anche sanguinolenta. Provoca i mestrui e “asterge” [“pulisce asciugando”] ove ve ne sia bisogno. Applicato esternamente spenge le vitiligini bianche. Alcuni la danno a bere con Acqua Melata nella sciatica e nelle paralisi”.
Nella tradizione popolare toscana, il decotto di Robbia era usato per espellere coaguli sanguigni dall’apparato genito-urinario. Come si vede, corrisponde a quanto anche gli antichi avevano osservato.
Quindi, dal punto di vista erboristico-fitoterapico, secondo la Dottrina Umorale dell’area mediterranea colta (ma anche popolare) la Robbia è un presidio “depurativo” di grande potenza, diuretico, evita la formazione di calcolosi renali e agisce sugli organi genitali femminili, ma anche sulle articolazioni (le cosiddette “paralisi”, a parte le sciatiche, sono sindromi articolari, più che neurologiche). Non è facile a trovare, anche perché, ormai, è stata sostituita nella pratica erboristica quotidiana da piante altrettanto efficaci.
Nella tecnica per la preparazione del colore rosso, nei tempi antichi, a volte veniva aggiunto sangue bovino o Sommacco (Rhus Coriaria L.), potente agente conciante, a base tannica. Per rendere il colore rosso brillante, si fa bollire più volte in una caldaia sotto leggera pressione (siamo già in ambito assolutamente industriale), insieme a sapone e sale di stagno (detto così dovrebbe essere il cloruro di stagno).
Per la tintura della lana si mette un mordente a base di allume e cremor tartaro (estratto dal tartaro delle botti, tartrato di potassio acido, che precipita dal Vino durante la stagionatura o l’invecchiamento). Alla fine si aggiunge un po’ di sale di stagno.
I colori fatti con la Robbia o con la garanza sono di grandissima solidità.
Ma gli autori del 1905 già dicono che l’uso è quasi abbandonato.

Modalità di Preparazione –
Di seguito vediamo qual è il procedimento adatto per tingere in rosso, con radice di Rubia tinctorum, robbia su lana o cotone.
Pretrattare la lana facendola sobbollire per un’ora in acqua in cui sia stato sciolto allume di potassio (reperibile in farmacia). La quantità di allume (si usa al 25%) è da calcolare sul peso del materiale da tingere; ad esempio per 100 grammi di lana occorrono 25 grammi di allume. Lasciar raffreddare il materiale nel bagno.
Volendo tingere il cotone invece occorre calcolare sul peso del materiale asciutto il 20% di allume di potassio e il 5% di soda Solvay (reperibile tra i detersivi al supermercato) e procedere come sopra.
Procurarsi della radice di robbia coltivata o selvatica (raccolta ed essiccata o acquistata in erboristeria, possibilmente polverizzata) e procedere alla tintura immergendo il materiale in acqua a cui sia stata aggiunta la robbia. Portare il bagno di tintura a 85° e mantenere la temperatura per un’ora, mescolando spesso per ottenere una tintura uniforme.
Lasciare quindi raffreddare nel bagno, lavare in acqua e sapone neutro, sciacquare, centrifugare e asciugare all’ombra.
N.B. Se si usa la radice a pezzetti, occorre prima estrarre il colore tenendola a bagno in acqua alcune ore e poi ad 85° un’ora, farla quindi raffreddare e filtrare.

Guido Bissanti

Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.




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