Packaging biodegradabile e produzione di compost
Packaging biodegradabile e produzione di compost
Tra le nebbie dell’illogicità della civiltà moderna inizia ad intravedersi qualche spiraglio di luce. Così dopo decenni di sperperi, distruzione di foreste, uso di plastiche, ecc. adesso si inizia a parlare seriamente di packaging biodegradabile o, se preferite, imballaggi biodegradabili.
Vari sono oramai gli esempi e le iniziative che vanno in questa direzione: si va dal progetto BIOCOSÌ (Sviluppato dall’ENEA)che punta a utilizzare le acque reflue della filiera casearia per produrre bioplastica per imballaggi e packaging per la conservazione degli alimenti – come vaschette per i formaggi o bottiglie per il latte – 100% biodegradabili e compostabili, per arrivare, tramite i fondi di Horizon 2020 della Commissione Europea, per un progetto di ricerca coordinato dall’Italiana Tecnoalimenti S.C.p.A, Organismo di ricerca scientifica e Tecnologica, strutturato come società consortile senza scopo di lucro che si occupa in via prioritaria di ricerca scientifica per lo sviluppo industriale del comparto agro-alimentare.
Ma c’è altro, ad Amsterdam una catena di supermercati ha già inaugurato una corsia “plastic free” dove i clienti possono addentrarsi in un intero reparto i cui prodotti sono completamente privi di plastica: si tratta di 700 articoli, che vogliono lanciare anche un messaggio politico verso un packaging più sostenibile.
Tutto questo non solo per “ripulire” il nostro ambiente da un improponibile ed insopportabile carico di rifiuti di difficilissimo smaltimento ma anche per ripulire i mari che, nel silenzio spesso dei loro fondali, subiscono un danno maggiore perché non visibile. Infatti secondo studi dell’ENEA, presentati lo scorso dicembre, l’83% dei rifiuti in plastica censiti nei mari italiani è costituito da packaging, per lo più di plastica usa e getta.
Ma sul settore del packaging c’è da fare ancora molta strada come quello della possibilità dello sfuso o alla spina, quindi a packaging quasi zero, per tutta una serie di prodotti che potrebbero vendersi in confezione da riutilizzare più volte. Consideriamo che i prodotti che si possono vendere sfusi sono moltissimi: pasta, riso, legumi, cereali, sale, zucchero, frutta secca, cerali, farina, olio, caffè, biscotti, latte crudo intero, bevande analcoliche e alcoliche (se si è in regola con i permessi necessari).
Un vero e proprio cambio di paradigma se si pensa che, attualmente, le bioplastiche rappresentano solo l’1% delle plastiche prodotte ogni anno in Europa (circa 300 milioni di tonnellate). Per quanto concerne la produzione, oggi più del 50% delle bioplastiche sono prodotte in Asia, mentre l’Europa vale oggi circa il 20% del totale, percentuale che dovrebbe salire al 25% entro il 2022.
Adesso la parte da leone deve farla la Politica che deve iniziare ad occuparsi in maniera molto più concreta di regole ed incentivi per una reale transizione verso l’ecosostenibilità di tutte le attività umane.
Guido Bissanti