Gigantochloa atroviolacea
Gigantochloa atroviolacea
Il bambù nero (Gigantochloa atroviolacea Widjaja, 1987) è una specie arbustiva appartenente alla famiglia delle Poaceae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al:
Dominio Eukaryota,
Regno Plantae,
Sottoregno Tracheobionta,
Superdivisione Spermatophyta,
Divisione Magnoliophyta,
Classe Liliopsida,
Sottoclasse Commelinidae,
Ordine Cyperales,
Famiglia Poaceae,
Sottofamiglia Bambusoideae,
Tribù Bambuseae,
Sottotribù Bambusinae,
Genere Gigantochloa,
Specie G. atroviolacea.
È sinonimo il termine:
– Gigantochloa atter var. nigra Gamble (1896).
Etimologia –
Il termine Gigantochloa proviene dal greco “γίγας, -αντος” (gigas, -antos), cioè gigante e “χλόη” (chloe), cioè erba, con evidente riferimento al suo aspetto vegetativo.
L’epiteto specifico atroviolacea viene dal latino “ater, atra, atrum”, cioè nero, scuro e “violaceus, a, um”, cioè violetto, violaceo, in riferimento al colore che assumono i culmi dopo un certo tempo.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
La Gigantochloa atroviolacea è una pianta originaria di un’area che comprende: Cina (Hong Kong e Yunnan), Giava e Piccole Isole della Sonda (Bali). Questo bambù cresce ampiamente a Giava occidentale, soprattutto nel distretto di Banten e Sukabani, nonché a Giava centrale. È stato portato ai Giardini Botanici Indiani di Calcutta più di 100 anni fa.
Il suo habitat è quello delle basse altitudini prevalentemente su suoli rossi lateritici. La G. atroviolacea preferisce crescere in zone aride su terreni ricchi di calcare. Il colore nero violaceo dei culmi è più evidente quando cresce in zone aride.
Descrizione –
La Gigantochloa atroviolacea è una pianta perenne rizomatosa, sempreverde, che forma cespi piuttosto densi con fusti (culmi) cilindrici eretti con apice ricurvo, di 8-15 m di altezza e 6-10 cm di diametro, provvisti di radici aeree ai nodi più vicini al suolo; i culmi sono cavi tra i nodi con pareti spesse circa 6 mm.
Gli internodi sono lunghi 30-45 cm; inizialmente di colore verde, per poi divenire viola nerastro, eventualmente con sottili strisce verdi, su cui spiccano i nodi biancastri.
Nella fase giovanile i culmi sono protetti da brattee triangolari decidue, lunghe fino a 20 cm, ricoperte da una fitta peluria nerastra.
Dai nodi, tranne i più bassi, si sviluppano diversi rami, di cui uno predominante, con foglie alterne, oblungo-lanceolate con apice lungamente appuntito, di 20-28 cm di lunghezza e 2-5 cm di larghezza, di colore verde intenso.
Le infiorescenze sono indefinite con spighette sessili raggruppate ai nodi portanti 4 fiori fertili e uno sterile, sessili.
Coltivazione –
La Gigantochloa atroviolacea è un bambù sempreverde, perenne, che è ampiamente coltivato su piccola scala a Giava centrale e occidentale e occasionalmente è stata introdotta altrove in Indonesia (ad esempio nel sud di Sumatra).
Al di fuori dell’Indonesia viene generalmente coltivato solo nei giardini botanici.
I culmi e i prodotti da essi ricavati vengono venduti nei mercati locali, mentre occasionalmente viene esportata anche mobili realizzati con i culmi.
Questo bambù cresce bene nelle zone tropicali umide delle pianure, con precipitazioni annuali di 1.500 – 3.700 mm, umidità relativa superiore al 70% e temperatura media di 20 – 32 °C.
A Giava si trova principalmente su suoli rossi lateritici, suoli bruno-rossastri e suoli lateritici, ma preferisce terreni calcarei più asciutti. Nelle zone aride il colore violaceo dei culmi è più accentuato.
È un bambù di facile coltivazione e veloce crescita, è considerato uno tra i più ornamentali bambù per i culmi nerastri e il fogliame lussureggiante, coltivabile nelle regioni a clima tropicale e subtropicale, se ne può tentare la coltivazione in quelle temperato-calde più miti dove temperature appena inferiori 0 °C sono eventi eccezionali e di durata limitata.
Richiede una posizione in pieno sole o leggera ombreggiatura e non è particolarmente esigente riguardo al suolo, purché drenante, con preferenza per quelli calcarei; pur essendo originario di zone con elevata piovosità annua, cresce bene anche su suoli asciutti e rocciosi moderatamente irrigati.
È un bambù a crescita lenta, di solito solo 1 – 2 giovani germogli nascono dal rizoma alla base di un vecchio culmo in modo che i ciuffi siano solitamente più piccoli di quelli di altri bambù.
È stato tuttavia registrato che dopo 2 anni dalla piantagione possono essere presenti 15 culmi.
I bambù hanno un metodo di crescita interessante. Ogni pianta produce un numero di nuovi steli ogni anno: questi steli raggiungono la loro altezza massima nel primo anno di crescita, la successiva crescita dello stelo è limitata alla produzione di nuovi rami laterali e foglie. Nel caso di alcune specie tropicali mature, il nuovo stelo potrebbe raggiungere i 30 metri di altezza, con aumenti giornalieri di altezza di 30 cm o più durante il periodo di picco di crescita. Ciò li rende alcune delle specie a crescita più rapida al mondo.
I culmi raggiungono la loro lunghezza massima entro 5 mesi. Il tasso di crescita medio è di circa 9 cm al giorno.
La dimensione del culmo aumenta con l’età del ciuffo; l’altezza media è di 3 metri nel primo anno dopo la semina, di 6,4 metri nel 2° e di 9,3 metri nel 3°; il diametro medio aumenta da 2,2 cm nel primo anno, 5,5 cm nel 2°, a 7,6 cm nel 3° anno dopo la semina.
La raccolta può iniziare 4-5 anni dopo la semina. Si consiglia di raccogliere solo nella stagione secca.
La resa media dei cespi maturi è stimata in 20 culmi per 3 anni (o con 200 cespi per ettaro, circa 4000 culmi per ettaro ogni 3 anni).
Tradizionalmente, i culmi raccolti vengono immersi in acqua corrente o stagnante per 15 – 30 giorni e poi essiccati all’aria.
La conservazione chimica è possibile immergendo i culmi in una soluzione di borace al 5% per 3 giorni. La penetrazione nelle pareti di interi culmi è di circa il 50% per il borace.
Questa pianta si riproduce per seme, se disponibile, per divisione di rizomi, con ciascuna porzione provvista di almeno tre culmi, ma più frequentemente per talea di fusto da effettuare preferibilmente alla fine della stagione vegetativa, quando la pianta ha accumulato il massimo delle riserve.
Si utilizza una porzione di culmo di 2-3 anni di età con due o tre nodi provvisti di gemme, posta obliquamente o verticalmente su un substrato sabbioso ricco di sostanza organica mantenuto umido alla temperatura di 24-26 °C.
Usi e Tradizioni –
La Gigantochloa atroviolacea è un bambù conosciuto con vari nomi comuni; tra questi riportiamo: black bamboo, Java black bamboo, tropical black bamboo (inglese); pring wulung, pring ireng (giavanese); bambu hitam (indonesiano); phai dam indonisia (thailandese).
I culmi, che presentano buone caratteristiche di resistenza e durata, sono da tempo impiegati a Giava per realizzare diversi strumenti musicali tradizionali, si utilizzano inoltre per costruire mobili di pregio, per le caratteristiche del prodotto finito, e numerosi oggetti artigianali; infine sono oggetto di esportazione in misura piuttosto limitata.
I culmi sono utilizzati per qualsiasi tipo di costruzione e ottimi per scopi decorativi e per la realizzazione di mobili. È un bambù molto desiderabile per realizzare strumenti musicali tradizionali, oggetti di artigianato e pannelli per recinzioni.
I giovani germogli sono consumati cotti come verdura.
Il culmo sottile ha caratteristiche specifiche che lo rendono adatto alla realizzazione dei famosi strumenti musicali in bambù angklung, calung, gambang e celempung.
In passato i culmi venivano utilizzati esclusivamente per questo scopo, ma oggi i peculiari culmi nerastri hanno attirato l’attenzione anche delle industrie dell’artigianato e del mobile, tanto che attualmente la maggior parte dei culmi scompare in queste industrie, creando penuria di materiale per realizzare strumenti musicali.
Modalità di Preparazione –
La Gigantochloa atroviolacea è un bambù utilizzato nel suo areale sia per l’uso dei suoi materiali vegetali che per uso alimentare; non sono noti invece usi medicinali.
I giovani germogli sono commestibili, virano al giallo-rosato dopo la cottura.
Guido Bissanti
Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– GBIF, the Global Biodiversity Information Facility.
– Useful Tropical Plants Database.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore.
Fonte foto:
– https://inaturalist-open-data.s3.amazonaws.com/photos/332460132/original.jpeg
– https://sweetgum.nybg.org/images3/847/312/00044705.jpg
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.