Piretroidi
Piretroidi
I piretroidi sono una classe di insetticidi e acaricidi di sintesi, analoghi sintetici delle piretrine, costituenti naturali dei fiori del piretro della Dalmazia (Tanacetum cinerariifolium (Trevir.) Sch.Bip.).
Grazie alla similitudine della molecola, vanno difatti ad agire nello stesso modo dei corrispondenti di origine naturale, superando però il principale limite delle piretrine e cioè la loro foto labilità per cui sono dei principi attivi molto più persistenti.
Il meccanismo di azione è quello della alterazioni della trasmissione nervosa dell’insetto e l’azione avviene per contatto o ingestione. In ambito agricolo sono insetticidi esclusivamente “di copertura”, cioè non in grado di penetrare nelle piante per difenderle in modo sistemico dagli attacchi degli insetti.
Tuttavia i piretroidi sono diffusi nei sistemi di nebulizzazione antizanzare e in generale in tutti i diffusori studiati per combattere zanzare, mosche e altri insetti.
I principi attivi più diffusi della categoria dei piretroidi sono:
– Permetrina;
– Cipermetrina;
– Deltametrina;
– Fenvalerato.
Si tratta di piretroidi sono molto più attivi e stabili di quelli della generazione precedente; sono fotostabili, quindi con un’azione molto persistente, in quanto non sensibili alla luce ed al calore.
Tossicità per l’Uomo –
In caso si intossicazione accidentale, cosa molto più frequente quando le irrorazioni vengono effettuate negli ambiti abitativi ed urbani, i piretroidi possono provocare per l’uomo una serie di sintomi tra i quali, a livello locale: grave parestesia alla pelle e agli occhi, irritazione alla pelle, agli occhi e alle mucose.
A livello sistemico, cioè in seguito ad esposizioni prolungate e/o ripetute nel tempo, si possono manifestare: dolore al petto, tachicardia, ipotonia, nausea, dolore addominale, diarrea, vomito, vertigini, vista sfuocata, mal di testa, anoressia, sonnolenza, coma, convulsioni, tremori, prostrazione, iper reazione delle vie respiratorie, edema polmonare, palpitazione, fascicolazione muscolare ed apatia.
Tuttavia i piretroidi possono assumere una pericolosità cronica molto documentata a livello scientifico.
Infatti l’azione primaria dei piretroidi (così come anche delle piretrine) si esplica nei canali del sodio della membrana cellulare che sono responsabili dei fenomeni elettrici alla base delle attività degli organismi. I piretroidi si concentrano nei tessuti ad elevato contenuto lipidico, come ad esempio quello nervoso. Qui intervengono andando a disturbare la naturale trasmissione degli impulsi elettrici.
Ora, l’azione dei piretroidi è uguale negli insetti e nei mammiferi, ma nei primi è molto più efficace. Questo poiché gli insetti hanno maggiore sensibilità nei canali del sodio, dimensioni corporee evidentemente più piccole, e una temperatura corporea più bassa.
Secondo vari istituti di ricerca, tra cui il CNR, i mammiferi sono protetti dall’azione dei piretroidi in quanto hanno un limitato assorbimento della pelle e riescono a trasformare rapidamente le sostanze, rendendole non tossiche; tuttavia, in caso di esposizione prolungata o ripetuta ai piretroidi, c’è il rischio concreto che si sedimentino nei tessuti adiposi, tra cui in primis il cervello, il cui metabolismo viene danneggiato.
L’esposizione ai piretroidi è però aumentata dall’ingestione o contatto (più frequente di quello che sembra) alle sostanze contenute negli insetticidi come gli organo fosforici che hanno la capacità di limitare le naturali capacità enzimatiche dei mammiferi. In questo caso la contemporanea esposizione a questo tipo di agenti e ai piretroidi, aumenta la tossicità rendendola più grave e problematica.
Si tenga conto che gli organo fosforici sono molto presenti, a vario livello, nei principali alimenti, non prodotti con metodo biologico, che ingeriamo, in quanto irrorati per combattere gli insetti fitopatogeni.
In tal senso studi di laboratorio, come quelli del Centre national de la recherche scientifique francese (CNRS) effettuati su topi, hanno rilevato che nel tempo molti prodotti molto usati e considerati poco tossici, hanno invece la capacità di alterare l’espressione genica, determinando danni cronici.
Ulteriori studi condotti da agenzie governative americane come la US National Library of Medicine e la National Institutes of Health, hanno dimostrato problemi di neurotossicità sui soggetti giovani esposti ai piretroidi. In alcuni casi si è riscontrata addirittura l’induzione della morte dei neuroni, e quindi problemi cronici sul sistema nervoso centrale.
Tra l’altro gli effetti generazionali derivati dall’uso continuato di queste sostanze non sono totalmente compresi anche perché molti di questi piretroidi si bioaccumulano, tendono cioè ad accumularsi sui tessuti grassi, tra i quali il cervello, per cui diventano una minaccia per gli organismi in via di sviluppo, come i bambini.
Tra l’altro ogni anno, secondo banche dati ufficiali come ISPRA, Amministrazioni pubbliche, aziende private e privati effettuano ripetuti trattamenti con vari pesticidi per combattere la presenza di zanzare e altri insetti ritenuti dannosi nelle aree antropizzate. Così grandi quantità di questi principi attivi vengono ampiamente diffusi (oltre le soglie consentite anche dalle indicazioni contenute negli stessi formulati) nell’ambiente urbano, sia indoor che outdoor, causando danni non solo alla salute umana ma anche all’ambiente.
Tossicità per l’Ambiente –
Le piretrine, così come i piretroidi (che, come detto sono però più persistenti) sono principi attivi, che per le loro caratteristiche e per quanto esposto, non sono selettivi per cui colpiscono, oltre i mammiferi ed altri esseri viventi (come anfibi e pesci) tutti gli insetti con cui entrano in contatto, quindi anche gli insetti utili, come gli impollinatori e i predatori naturali.
Nell’ultimo quarto di secolo, la tossicità di 381 pesticidi ai danni di api, altri insetti impollinatori e invertebrati acquatici è più che raddoppiata. La scoperta è contenuta in uno studio sviluppato dall’università di Coblenza e Landau in Germania che ha puntato l’attenzione sui prodotti utilizzati nell’attività agricola negli Stati Uniti.
Secondo la ricerca tedesca, basata su dati della United States Geological Survey e dell’Agenzia federale per la Protezione ambientale (EPA), l’uso complessivo di pesticidi è diminuito. Ma è aumentato l’utilizzo sia dei neonicotinoidi, insetticidi chimicamente correlati alla nicotina, particolarmente tossici per le api, e quello dei piretroidi, che danneggiano in particolare gli invertebrati acquatici come crostacei, effimere e libellule.
I piretroidi, tra l’altro, non essendo selettivi vanno a danneggiare interi ecosistemi in quanto, colpendo indiscriminatamente la fauna entomologica (quindi anche api e pronubi vari) porta al degrado di interi ecosistemi, tra di loro intimamente collegati.
Purtroppo il crollo delle popolazione di questa specie di insetti (come l’Apis, Linnaeus, 1758) o di altri imenotteri, come quelli della Famiglia degli Halictidae, dove il decremento ha raggiunto per lacune specie il 41 %, non è un fatto né isolato né raro.
Siamo di fronte ad un fenomeno generalizzato che gli entomologi hanno battezzato con il termine di «fenomeno del parabrezza». Ovvero una progressiva scomparsa degli insetti registrata attraverso la netta diminuzione, innanzitutto nei mesi estivi, degli insetti che si spiaccicano sul parabrezza dell’auto.
Questo sterminio marcia a un ritmo annuale; secondo gli studi pubblicati su Biological Conservation, è del 2,5 per cento, ma si tratta di un numero assolutamente approssimativo. Il 40 per cento delle specie di insetti conosciute è in costante declino, un terzo delle specie è in grave pericolo.
Tra l’altro, in un articolo di dettaglio del 2014, la rivista Science ha cercato di quantificare il calo calcolando una sintesi dei risultati di diversi studi scientifici già conclusi: il risultato, per alcune specie monitorate, è stato di un crollo del 45 per cento. Ricerche più specifiche e circoscritte hanno dato numeri ancora più allarmanti. Per esempio, la quantità degli insetti volanti nelle riserve naturali tedesche si è ridotta del 75 per cento nell’ultimo quarto di secolo. Negli ultimi vent’anni la popolazione delle farfalle monarca negli Stati Uniti è diminuita del 90 per cento, con una perdita di circa 900 milioni di esemplari. In Inghilterra il 58 per cento delle farfalle nei campi coltivati sono scomparse in meno di dieci anni, dal 2.000 al 2009.
Ricordiamo, a tal proposito, che molte delle 20.000 specie di insetti esistenti impollinano l’85% delle colture alimentari e frutticole di tutto il mondo: tutto, dall’aglio al pompelmo, dal caffè al cavolo.
Intimamente collegati agli insetti è soprattutto l’avifauna. Gli uccelli (che si nutrono in prevalenza di insetti) sono paurosamente diminuiti negli ultimi 40 anni. Questi dati ci vengono da uno studio di BirdLife International, Società di ornitologia della Repubblica Ceca e della Royal Society for the Protection of Birds (RSPB) che hanno analizzato e comparato i dati di 378 delle 445 specie native nei Paesi europei e in Gran Bretagna.
Secondo questa ricerca si è evidenziato un calo numerico delle popolazioni di uccelli, dal 17 al 19% delle specie, tra il 1980 e il 2017. In 40 anni sono diventati sempre meno numerosi nei nostri cieli, oltre al passero domestico (Passer domesticus Linnaeus, 1758), anche la ballerina gialla (Motacilla cinerea Tunstall, 1771); 97 milioni in meno; gli storni, in calo di 75 milioni e le allodole diminuite di 68 milioni.
Purtroppo, l’uso dei pesticidi, tra cui i piretroidi, trattati in questo testo, incidono negativamente sull’intero ecosistema.
Questi principi attivi, tra gli altri, sono fortemente pericolosi per altri esseri vivento come anfibi e pesci.
Le morie di pesci sono eventi che possono far sospettare l’inquinamento di fiumi e mari. In realtà sono spesso dovute a eventi naturali, come ad esempio bassi livelli di ossigeno nell’acqua; le cause però possono essere difficili da identificare e spesso restano ignote.
Tuttavia, a tal proposito, sono noti e documentate le morie di pesci verificatasi nell’ottobre 2014 in un canale di scolo nel sud della provincia di Padova. I ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), in collaborazione con i laboratori dell’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto (ARPAV), hanno infatti identificato la causa della moria nella presenza nell’acqua di pesticidi appartenenti alla classe dei piretroidi.
A seguito di una segnalazione i tecnici dell’ARPAV hanno raccolto dei campioni dell’acqua contaminata, anche se inizialmente non hanno rinvenuto alcun animale morto nei pressi dello sversamento. Nei giorni seguenti sono però state trovate lungo il canale numerose carcasse di pesci di diverse specie, fino a una distanza di 6 km dal punto della segnalazione originale.
Le analisi dell’ARPAV hanno mostrato la presenza di concentrazioni rilevanti di cipermetrina, permetrina, deltametrina e tetrametrina nei campioni d’acqua. Sui tessuti dei pesci analizzati dal Laboratorio contaminanti e biomonitoraggio dell’IZSVe è stata invece riscontrata la presenza di cipermetrina e permetrina ad intervalli di concentrazione rispettivamente compresi tra 476 e 2834 μg/kg e tra 346 e 2826 μg/kg.
Tale dato, se mai ce ne fosse stato bisogno, ha “certificato” la sensibilità dei pesci (con gli interi ecosistemi acquatici) ai piretroidi.
In tal senso la relazione sulle analisi condotte dall’IZSVe, pubblicate nella rivista internazionale Forensic Science International, hanno contribuito in modo significativo alla letteratura disponibile sulle mortalità di fauna ittica causate da pesticidi, ed in questo caso legata ai piretoridi.
Conclusioni –
La presenta scheda potrebbe essere prolungata a dismisura, tante sono le evidenze scientifiche in materia, sia per la tossicità sui mammiferi (uomo compreso) che su l’intera fauna mondiale.
A questo si lega un fattore molto poco attenzionato dai mass media e cioè l’interferenza del collasso degli ecosistemi sul riscaldamento globale.
La biodiversità rappresenta il sistema dissipativo planetario per eccellenza, cioè quel complesso apparato ecologico in grado di disperdere il calore solare, trasformandolo in energia accumulata sotto forma di sostanza organica ed in grado, quindi, di refrigerare costantemente il nostro pianeta.
Secondo quanto evidenziato a suo tempo dal chimico e fisico russo Ilya Prigogine (Mosca, 25 gennaio 1917 – Bruxelles, 28 maggio 2003), premio Nobel per la chimica nel 1977, le strutture dissipative (quali sono appunto i sistemi ecologici) permettono non solo la vita sulla terra ma anche di mantenerla in condizioni costanti e durature.
La perdita di biodiversità (di ogni genere e specie, compresi insetti, uccelli, piante, ecc.) è uno dei principali fattori di innalzamento delle temperature per diminuzione dell’ecosistema a dissipare la radiazione solare.
Non a caso nell’Agenda 2030 dell’Onu per lo Sviluppo sostenibile, come goal numero 15 compare l’obiettivo di «Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre».
Non per niente, la recente riforma del 2022 della Costituzione della Repubblica Italiana ha introdotto, con gli articoli 9 e 41, il concetto di tutela dell’ambiente e dei sistemi ecologici.
Guido Bissanti