Dagli Ecoschemi alla Farm to Fork
Dagli Ecoschemi alla Farm to Fork
Come è noto da qualche tempo una delle novità principali della prossima Politica Agricola Comune (PAC), che partirà il 1° gennaio 2023, è rappresentata dai “regimi per il clima e l’ambiente”, detti anche “eco-schemi“ (o regimi ecologici), cioè di quella possibilità di avere contributi aggiuntivi, oltre al pagamento di base, che si sommano ai bonus per i giovani agricoltori e ai pagamenti accoppiati.
Di fatto gli eco-schemi ingloberanno il cosiddetto pagamento greening che ha contraddistinto la precedente PAC 2015-2022 e, dal punto di vista monetario, rappresenteranno il 25% degli aiuti della nuova Politica Agricola Comune, che sarà vigente dal 2023 al 2027. Si tratta quindi di una caratterizzazione che, ovviamente, inciderà sulle tecniche e modalità produttive.
Chiariamo che gli eco-schemi non si sovrapporranno con le misure agroambientali dei PSR, quindi dei fondi strutturali, che verranno certamente mantenute, ma saranno una cosa del tutto diversa.
Ovviamente gli eco-schemi sono l’evidente tentativo di riconvertire i nostri modelli produttivi, altamente impattanti, energivori e con sistemi di produzione non replicabili più nemmeno nel breve periodo.
Così, con gli eco-schemi, come oramai ribadito, saranno concessi dei pagamenti annuali per ettari ammissibili, sotto due possibili forme:
– pagamenti aggiuntivi al sostegno di base al reddito;
– pagamenti totalmente o parzialmente compensativi dei costi supplementari sostenuti e del mancato guadagno.
Ogni stato membro sulla base dei quattro capitoli indicati dall’Ue ha attivato un modello di eco-schemi che, di fatto, sono limitati ai quattro capitoli indicati dall’Unione europea, ovvero:
– Agroforestazione;
– Agroecologia;
– Agricoltura di precisione;
– Sequestro del carbonio.
Per dare chiarezza, a questa prima parte, diciamo subito che gli eco-schemi che, inizialmente, in Italia, erano previsti in 9 tipologie, sono stati, poi, ridotti a 7 e, successivamente, alle definitive 5 tipologie, strettamente correlate ed integrate con la condizionalità rafforzata.
In questo modo, con questa definitiva architettura, ai 5 eco-schemi, verranno destinate, come detto, il 25% delle risorse per i pagamenti diretti, che corrispondono a circa 888,66 milioni di euro, secondo il criterio che segue:
– 1. Pagamento per il benessere animale e la riduzione degli antibiotici (376,41 milioni di euro pari al 42 %);
– 2. Inerbimento colturale pluriennali (155,59 milioni di euro pari al 17 %);
– Salvaguardia olivi di particolare valore paesaggistico (150,27 milioni di euro pari al 17 %);
– Sistemi foraggeri estensivi con avvicendamento (162,94 milioni di euro pari al 19 %);
– Misure specifiche per gli impollinatori (43,43 milioni di euro pari al 5 %).
Adesso, come soleva dire un noto presentatore televisivo, la domanda sorge spontanea: basteranno queste “non indifferenti” misure (sia in termini economici che di organizzazione burocratica) a reindirizzare un modello agroalimentare, vistosamente impattante, verso modelli virtuosi (realmente ecosostenibili)?
Da più parti, e ci riferiamo a vari ricercatori ed esperti in materia, la perplessità è elevata, soprattutto in considerazioni che, nel frattempo, come figli di genitori diversi, sono state emanate, sempre dall’UE, le strategie Farm to Fork e quella sulla Biodiversità 2030, quest’ultima non limitata all’esclusivo settore naturalistico ma anche a quello agricolo.
In estrema sintesi le due strategie richiedono un cambio di paradigma totale al modello di produrre, muovendo imponenti critiche proprio sul fatto che i nostri modelli produttivi non adottano criteri e principi sincroni a quelli ecologici.
In poche parole i nostri sistemi produttivi agricoli non sono rigenerativi e, quindi, al di la degli eco-schemi, devono essere sottoposti ad una revisione generale che non riguarda solo qualche correttivo nella destinazione delle superfici ma che deve combinare i saperi tradizionali (oggi molto riduzionisti) con le conoscenze scientifiche moderne, imitando i processi naturali, per garantire anche molti altri benefici. Tra questi, ad esempio, il fatto di diminuire l’erosione dei terreni e rimineralizzarli, di garantire la purezza dell’acqua nelle falde acquifere, abbattere l’uso di sostanze di sintesi, aumentare la biodiversità aziendale e consortile (ricordiamo che, secondo i dati FAO, l’agricoltura è il primo fattore di erosione della biodiversità sia agricola che ecologica).
Chiariamo, altresì, che la famosa (oramai sterile) questione che senza l’agricoltura intensiva il mondo morirà di fame non ha alcun valore né scientifico né tecnico. È più che noto (proprio da un punto di vista scientifico) come l’aumento della biodiversità produttiva, la circolarità dei processi verso sistemi termodinamici più chiusi, il recupero degli input produttivi, l’accorciamento delle filiere, ecc. sono i reali fattori che ci consentiranno di uscire da questo modello lineare di economia (applicato anche peggio n agricoltura) verso un modello a rendimento e produttività maggiori.
Per fare questo però (processo che è comunque in atto) bisogna agire in fretta sull’applicazione dei principi di Agenda 2030, i cui 169 target o traguardi sembrano giacere sul fondo delle buone intenzioni ma ampiamente incompresi e peggio applicati nelle agende politiche dei Governi.
Solo in Sicilia con la L.R. 21 del 29 luglio 2021 “Disposizioni in materia di agroecologia, di tutela della biodiversità e dei prodotti agricoli siciliani e di innovazione tecnologica in agricoltura. Norme in materia di concessioni demaniali marittime” si è dato impulso ad un modo concreto di applicare quanto richiesto da Agenda 2030 e, a livello di politica UE, con le due strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030.
Un modello che indica concretamente come applicare gli eco-schemi, come riconvertire, gradualmente, i modelli produttivi, come innescare la circolarità dei processi, come cambiare i saperi tradizionali, ecc.
Siamo di fronte a due modi di intendere non solo questioni tecniche ma soprattutto visioni del mondo e della vita.
Siamo di fronte a due paradigmi contrapposti:
– Il modello lineare, con tutti i suoi seguaci e grandi interessi economici;
– Il modello circolare, con i suoi principi etici e di giustizia globale.
Serve una rialfabetizzazione delle coscienze senza la quale quella dei saperi è impossibile.
Serve un nuovo linguaggio della Politica, e quindi delle ricadute pratiche, che non può più alimentarsi di slogan e bassi populismi ma di una Coscienza che deve stringere un patto con la Natura, fidandosi di Lei, comprendendo che alimenteremo (non solo dal punto di vista nutritivo) il mondo ed i suoi abitanti solo dentro le regole della stessa. Al di fuori ci sono solo lupi (con rispetto per questo meraviglioso animale), ammaliatori, falsi profeti, con i loro interessi ed egoismi.
Guido Bissanti
Buonasera Dottor Guido Bissanti,
chi le scrive è Salvatore Arch. Farina (Urbanista e piccolo produttore di olio d’oliva).
Ho trovato molto interessante leggere il suo documento sintetico circa gli ecoschemi… a cui sarà necessario attenersi in vista della riproposizione del PSN e PAC entro il 30 giugno p.v.
L’era in cui viviamo (l’antropocene), pervasa da crisi sanitarie, climatiche e geopolitiche, dovrebbe risvegliare le coscienze di coloro che si adoperano per restituire luoghi dove vivere bene.
Nel ringraziarLa, porge Cordialità.
Catania, 21.0.2022
Salvo Farina