Come si coltiva lo Spino di Giuda
Come si coltiva lo Spino di Giuda
Lo spino di Giuda o Spinacristi (Gleditsia triacanthos L.) è una pianta della famiglia delle Fabaceae originaria del Nord America, dove forma boschi termofili misti di latifoglie. Fu introdotta in Europa a metà del Settecento, è oggi una specie molto diffusa nei parchi e anche nelle alberature stradali. Anche in Italia, al nord e al centro, tende a divenire spontanea formando piccoli popolamenti lungo i binari ferroviari e le scarpate.
Questa pianta produce fiori unisessuali e bisessuali sullo stesso albero, disposti in racemi ascellari di circa 10 cm, provvisti di un abbozzo di corolla da cui sporgono lungamente stami e pistilli.
I frutti sono lomenti, sorta di legumi indeiscenti che si frammentano in articoli contenenti un seme ciascuno, nastriformi e lunghi fino a 40 cm, piatti e ritorti, che rimangono appesi agli alberi per un certo tempo prima di cadere e sbriciolarsi.
Coltivazione –
Lo spino di Giuda è una pianta che va coltivata, possibilmente in un posto soleggiato, o a mezz’ombra. Questa pianta non teme il freddo, anche se gli esemplari giovani vanno di preferenza posti a dimora in primavera, in modo che siano già sviluppati e acclimatati all’arrivo dei freddi.
Comunque sia è una pianta che si adatta bene al clima rigido e anche alle zone inquinate o dove è presente la salsedine. Si è diffuso in zone che arrivano ai 500 metri di altitudine.
Dal punto di vista pedologico è una pianta che predilige terreni sciolti e ben drenati, anche molto poveri o sabbiosi. In generale ha una buona rusticità e per questo riesce ad adattarsi in situazioni ad esso non congeniali. Tuttavia la pianta va posta in aree ove non si formino ristagni idrici che potrebbero risultare dannosi.
Per quanto riguarda le irrigazioni, eccezion fatta per i primi periodi di vita in cui si deve formare un adeguato impianto radicale, generalmente le Gleditsia triacanthos si accontenta delle piogge, superano bene la siccità estiva.
Gli esemplari più giovani possono aver bisogno di una maggiore quantità d’acqua, soprattutto durante i periodi più caldi e siccitosi per potersi sviluppare al meglio.
Prima dell’impianto e poi, ogni anno, all’inizio della primavera è bene fornire alla pianta del concime organico, possibilmente dello stallatico ben maturo, oppure di concime granulare così da fornire tutti gli elementi nutritivi necessari ad un migliore sviluppo.
Si ricorda che resiste al vento e alla salsedine, è quindi può essere piantato lungo le strade in località marittime e in città. Grazie al rapido ritmo di crescita e alla sua tolleranza a cattive condizioni ambientali, viene utilmente impiegato per la piantagione in aree verdi appena costituite (edilizia nuova, discariche, miniere abbandonate).
Usi –
Lo spino di Giuda è un albero resistente all’inquinamento atmosferico ed è una pianta molto apprezzata come specie ornamentale, impiegata in parchi e alberature stradali, dove spicca per l’aspetto maestoso e i singolari frutti.
Questa pianta essendo resistente all’inquinamento atmosferico, vive in qualsiasi terreno ben drenato ed a pieno sole; è adatta per grandi giardini evitando però posizioni fredde, soggette a forti gelate. Ne esiste anche una cultivar senza spine.
Il legno è molto denso e resistente: nel passato veniva usato per costruire carri e per le traversine ferroviarie. Trova ancora un certo impiego nella costruzione di mobili artigianali. È inoltre ottimo come combustibile. La pianta con le sue molte spine può essere usata per creare siepi impenetrabili e difensive.
Dal punto di vista alimentare si ricorda che i baccelli sono commestibili: possono essere usati come foraggio per i bovini. Nel passato è stata usata come alimento dagli Indiani d’America e per produrre birra attraverso la fermentazione. Anche il seme interno è commestibile e si può usare in cucina quando maturo; il baccello intero, quando ancora verde, può essere cucinato perché commestibile.
Infine si evidenzia che la pianta contiene un alcaloide chiamato triacantina. L’interesse medico di questa sostanza è stato studiato negli anni 1960-70 senza condurre tuttavia ad un suo uso terapeutico. Nel 2019, un nuovo studio mostra un effetto, sia in vitro sia nei topi, contro il carcinoma della vescica.
Tra le altre sostanze la pianta contiene anche polifenoli, triterpeni, steroli e saponine.