Camptotecina
Camptotecina
La camptotecina (abbreviata col termine CPT) ed il cui nome nella nomenclatura ufficiale IUPAC è: (S)-4-etil-4-idrossi-1H-pirano[3′,4′:6,7]indolizino[1,2-b] chinolina-3,14-(4H,12H)-dione, alcaloide chinolinico con formula bruta o molecolare: C20H16N2O4.
Dal punto di vista chimico la camptotecina ha una struttura ad anello pentaciclico planare, che include una porzione pirrolo[3,4-β]-chinolina (anelli A, B e C), una porzione piridone coniugata (anello D) e un centro chirale in posizione 20 all’interno dell’alfa-idrossi anello lattonico con configurazione (S) (l’E-ring).
La camptotecina è presente in natura e deriva dalla corteccia della pianta Camptotheca acuminata (Camptotheca acuminata Decne., 1873), un albero originario della Cina utilizzato nella medicina tradizionale cinese. La camptotecina è stata trovata, comunque, anche in altre piante, inclusa la Chonemorpha fragrans (Chonemorpha fragrans (Moon) Alston).
La camptotecina è stata scoperta nel 1966 da M. E. Wall e M. C. Wani nello screening sistematico di prodotti naturali per farmaci antitumorali. È stata isolata per prima dalla corteccia e dal gambo di Camptotheca acuminata ed è stata utilizzata clinicamente più recentemente in Cina per il trattamento dei tumori gastrointestinali.
In Phytomedicine nel 2017 si riporta, inoltre, che questa sostanza viene prodotta anche da parte di quattro endofiti batterici e viene anche messo in evidenza il possibile ruolo di un plasmide nella biosintesi di questo metabolita attivo.
I batteri responsabili isolati, nello specifico, appartengono alle specie Bacillus sp. (KP125955 e KP125956), Bacillus subtilis (KY741853) e Bacillus amyloliqufacens (KY741854). Utilizzando tecniche come le analisi ESI-MS/MS e NMR sono state messe a confronto le molecole prodotte da questi microrganismi con quelle prodotte in natura e l’identità della camptotecina è risultata simile. Di fatto, la camptotecina era risultata biologicamente attiva data la positività dei test di citotossicità relativi alla linea cellulare del cancro al colon. Si tratta di un ottimo risultato in campo oncologico in quanto permette di ampliare la produzione di molecole associate all’attività antitumorale.
Per quanto riguarda il probabile ruolo di un plasmide nella produzione di camptotecina, isolando un plasmide dalla coltura dei batteri sopracitati è stata rilevata una variazione nella produzione di metabolita attivo per cui lo studio apre ulteriori orizzonti per svelare i meccanismi esatti che potrebbero essere coinvolti nel processo di sintesi batterio-associata.
La camptotecina ha mostrato attività antitumorale in studi clinici preliminari, in particolare contro i tumori della mammella, delle ovaie, del colon, del polmone e dello stomaco.Tuttavia, ha una bassa solubilità e sono stati segnalati effetti avversi se usata a scopo terapeutico, quindi i prodotti chimici di sintesi e medicinali hanno sviluppato numerose sintesi della camptotecina e vari derivati per aumentare i benefici della sostanza chimica, con buoni risultati. Quattro analoghi CPT sono stati approvati e sono oggi utilizzati nella chemioterapia antitumorale; questi sono: topotecan, irinotecan, belotecan e trastuzumab deruxtecan.
Alla camptotecina sono associate, quindi, potenti attività inibitrici della topoisomerasi eucariotica I, per cui già da tempo i ricercatori hanno intrapreso gli studi biologici relativi a questa molecola ed hanno ottenuto soddisfacenti risultati in campo oncologico. Ad oggi, sono comprovate le grandi potenzialità della camptotecina come sostanza antitumorale e i componenti attivi responsabili di tale attività sono proprio gli alcaloidi a struttura pentaciclica insatura, ovvero gli alcaloidi indolici.
La camptotecina ha un meccanismo di azione unico tra gli agenti naturali ad azione antitumorale: la topoisomerasi I è un enzima che interviene in molti processi che coinvolgono il DNA quali ad esempio la sua replicazione, la trascrizione e la ricombinazione. Più nel dettaglio, la capacità di inibizione è data dalla formazione del complesso DNA-farmaco-topoisomerasi.
Un simile processo però non riguarda esclusivamente il blocco della proliferazione delle cellule tumorali, di fatto è stata dimostrata l’efficacia in vitro relativa all’inibizione della vitalità di Trypanosoma e di altri microorganismi responsabili della malaria. Superando i problemi che riguardano la bassa biodisponibilità di tale farmaco e la sua scarsa solubilità, progettando sintetici analoghi migliori, questa molecola sembra promettente nella cura dei tumori alla mammella, alle ovaie e allo stomaco.
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