Cistus monspeliensis
Cistus monspeliensis
Il cisto marino o cisto di Montpellier (Cistus monspeliensis L., 1753) è una specie arbustiva della famiglia delle Cistaceae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Ordine Violales, Famiglia Cistaceae e quindi al Genere Cistus ed alla Specie C. monspeliensis.
Etimologia –
Il termine Cistus proviene dal greco κίστη kíste scatoletta (in Dioscoride) che descrive la caratteristica del frutto maturo, una capsula che aprendosi di scatto espelle i semi.
L’epiteto specifico monspeliensis deriva dalla città francese di Montpellier, della Linguadoca nel sud della Francia.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il Cistus monspeliensis è una specie tipica delle associazioni floristiche cespugliose o arbustive mediterranee, specialmente in zone soleggiate e aride. Il suo habitat è quello delle aree pedologiche difficili dove vegeta su suoli sterili, grossolani e dotati di scarsa potenza della macchia mediterranea bassa, e sporadicamente nella gariga, spesso in prossimità delle zone costiere.
Questa specie è tipica della macchia a cisto, associazione monofloristica o a larga prevalenza a cisto che si estende spesso su vaste superfici e che è un indice di degradazione della vegetazione mediterranea.
Si trova spesso a ricoprire le aree percorse da incendi in quanto i semi hanno la capacità di resistere alle alte temperature, permettendo alla specie una rapida colonizzazione dell’area.
Descrizione –
Il cisto marino i riconosce per avere un fusto peloso con portamento inizialmente eretto e poi decombente e cespuglioso, alto da 30 a 120 cm e con corteccia di colore bruno.
Le foglie sono lineari-lanceolate, sessili, con margine revoluto, tomentose e vischiose al tatto, che emanano un forte e gradevole odore aromatico.
I fiori sono riuniti in piccoli racemi ed hanno simmetria raggiata e diametro di 1,5-2 cm. Il calice è formato da cinque sepali liberi, disuguali, mentre la corolla è composta da 5 petali liberi, di colorazione bianca e con una piccola macchia gialla alla base di questi. L’androceo è caratterizzato dalla presenza di numerosi stami con filamenti brevi che sono inseriti sul ricettacolo.
L’ovario è supero ed è sormontato da un breve stilo.
L’antesi è tra marzo e maggio.
Il frutto è una capsula di forma ovale (contenente numerosi semi angolosi, di circa 1,4 mm, bruno-nerastri, rugosi e reticolati) inclusa nel calice accrescente, a 5 logge, globosa, glabra, brillante e fragile, di 4 mm, con deiscenza loculidida per 5 valve.
Coltivazione –
Il Cistus monspeliensis è una pianta che si adatta bene a suoli sterili e grossolani ma con terreni ben drenati.
Preferisce esposizione in pieno sole dove fiorisce dal mese di marzo. Per scopi ornamentali si può usare per giardini rocciosi dove per avere un buon risultato deve essere piantata con una densità di 1 piantina al m2.
Il cisto marino ha comunque un ciclo vegetativo autunno-primaverile, con attività vegetativa intensa nel periodo primaverile, che culmina con la fioritura.
In condizioni naturali, nel periodo estivo entra in riposo vegetativo a causa delle condizioni siccitose proibitive, riprendendo l’attività solo con le piogge autunnali. Durante il riposo estivo l’habitus diventa tipicamente xerofitico, perdendo buona parte del fogliame. Per questo motivo la macchia a cisto ha una tonalità grigio-bruna in estate determinata dalla colorazione della corteccia.
Usi e Tradizioni –
Il cisto di Montpellier è una specie presente in Italia dalla Liguria a tutte le regioni dell’Italia centrale e meridionale salvo che nelle Marche e in Umbria.
Questa pianta cresce sia su substrati calcarei che su substrati silicei in macchie e garighe mediterranee, formando dense popolazioni soprattutto in aree soggette a ripetuti incendi.
Dal Cistus monspeliensis (così come dal Cistus ladanifer e dal Cistus creticus) si estrae una resina chiamata ladano che è molto utilizzata nell’industria profumiera dove è usata soprattutto come fissativo.
Il cisto marino ricopre inoltre un importante ruolo ecologico in quanto è una pianta colonizzatrice di aree collinari degradate, in quanto rappresenta uno degli ultimi baluardi prima della desertificazione, prevenendo l’erosione dei suoli declivi percorsi da incendi. L’uso domestico invece è limitato a legna da ardere, utile soprattutto per avviare l’accensione. Infatti un tempo il cespuglione dei cisti era molto usato in fascine come combustibile per i forni.
Come altre piante fortemente aromatiche, Cistus monspeliensis è rifiutato dagli animali.
Il Cistus monspelliensis L., come tutti i Cisti a fiore bianco, può essere parassitato dal Cytinus hypocistis (L.) L., pianta parassita il cui ciclo vitale dipende totalmente dal suo ospite (oloparassita o parassita obbligato).
Modalità di Preparazione –
Il cisto marino non ha particolari utilizzi di tipo alimentare mentre il suo uso, al giorno d’oggi, è limitato all’utilizzo della sua resina (ladano) come fissativa in profumeria.
Guido Bissanti
Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.