Filiera Grano – Crimine contro l’Umanità
Filiera Grano – Crimine contro l’Umanità
Oramai la questione del grano d’importazione, delle sue tossine, dei prezzi di vendita “alla fame” da parte degli agricoltori è una cosa tanto dibattuta da correre il rischio di banalizzarla e di fare il gioco di chi invece la sfrutta con molta maestria.
È noto come il grano che arriva da altri paesi e continenti, percorre migliaia di chilometri. Questo grano resta a volte per mesi nelle stive delle navi accumulando umidità, muffa e quindi tossine. Tossine che si generano nel grano stivato (in stive dalle condizioni igieniche incredibili e inspiegabilmente consentite, tollerate o non controllate dalle ASL e dall’OMS a livello mondiale) più tristemente conosciute col nome di aflatossine.
Sulla tossicità e pericolosità delle aflatossine se ne è parlato anche qui quasi fino alla nausea. È arcinoto che sono tossiche se vengono ingerite in funzione sia della quantità ingerita, dell’ età della persona che le ingerisce e le sue condizioni di salute. Queste tossine contengono, nella scala delle molecole ad elevata tossicità cancerogenica, la molecola cancerogena naturale col più alto livello di tossicità.
A prescindere pertanto dalle condizioni igieniche delle stive dove il grano viene ammassato e trasportato è evidente che più il grano proviene da un posto vicino (il cosiddetto chilometro zero) e meno probabilità ha di produrre muffa, e quindi di essere attaccato da queste tossine pericolose.
Ma l’Italia è il Paese delle belle norme, delle carte ma della poca o nulla concretezza soprattutto nel settore della salute pubblica. Di fatto il chilometro zero, a livello normativo, a livello di agevolazioni, a livello di Protocollo di Kyoto (più si viaggia e più si inquina) è quasi del tutto svanito.
La cosa peggiore è però che, a fronte di una notevole produzione di grano italiano (secondo i dati ufficiali del Grain Market Report dell’International Grains Council) siamo costretti ad importare ingenti quantitativi di grano proveniente dall’estero.
Ma che fine fa il grano italiano?
Di fatto alla base di tutto esiste un ben congegnato sistema di cartelli, mercati e business che riesce (in barba a tutti i sistemi di tracciabilità) ad eludere uno Stato (quello italiano) e la salvaguardia della salute dei cittadini e del prezzo (bassissimo) realizzato nella vendita del grano italiano.
In pratica le multinazionali acquistano il grano duro italiano sottopagando i nostri agricoltori; lo accumulano nei porti in vista di possibili aste fatte da alcuni Paesi e commercianti stranieri, lo rivendono traendone un elevato margine di profitto e poi importano il grano estero sotto costo per produrre la pasta che viene etichettata come made in Italy e recando allo stesso tempo miglia di malattie indotte e di sofferenza alla nostra popolazione, che paga di “tasca” ma soprattutto in termini di salute..
“Geniale” ma da ascrivere ai Crimini contro l’Umanità, in quanto contiene le basi per l’applicazione del Principio di Genocidio, così come la Risoluzione n. 260 del 9 dicembre 1948, siglata all’ONU.
Guido Bissanti