Quando oltre 150 anni fa ebbe inizio quella che fu poi chiamata “Rivoluzione Industriale” i venti dell’Illuminismo e del Positivismo portarono nel mondo occidentale e nei suoi abitanti la convinzione che una era di benessere e di progresso si fosse aperta per sempre.
Una crescita illimitata ed un futuro nel nome di una Umanità oramai affrancata dal “peso” della Natura e delle sue dure regole.
La rivoluzione industriale fu un processo di evoluzione economica o industrializzazione della società che da sistema agricolo-artigianale-commerciale divenne un sistema industriale moderno caratterizzato dall’uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall’utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (come ad esempio i combustibili fossili), il tutto favorito da una forte componente di innovazione tecnologica e accompagnato da fenomeni di crescita, iniziale sviluppo economico e profonde modificazioni socio-culturali e anche politiche.
Una delle attività che ha subito le più profonde trasformazioni è stata proprio l’agricoltura; indirizzata nel mondo occidentale e nel nostro Paese, sopratutto dopo il Trattato di Roma, verso un modello produttivo molto al di fuori ed al di sopra delle possibilità dell’ecosistema.
Quasi 60 anni di questo “esperimento” stanno manifestando tutto il loro fallimento con un carico di responsabilità e di errori cui tutti abbiamo partecipato.
Tra queste responsabilità prima fra tutte l’applicazioni di criteri economico-finanziari lontani, incompatibili con i modelli termodinamici della natura e, quindi, con la sua Economia.
Senza citare i dati di un dissesto ambientale e sociale (desertificazione, perdita di biodiversità, esodo rurale, ecc.), sotto gli occhi di tutti, è opportuno considerare che l’attuale modello agroalimentare vada totalmente ridefinito onde scongiurare, nel giro di pochi anni, una catastrofe ecologica e sociale di dimensioni planetarie.
I criteri su cui è stata fondata la “moderna” agricoltura, malgrado il poetico tentativo della Conferenza di Cork del 1996, si basano su concetti totalmente errati:
• La specializzazione delle produzioni agricole;
• La massimizzazione del profitto, disancorato dal bilancio ecologico;
• L’uso di sistemi di fertilizzazioni esterni ed estranei al processo aziendale;
• Squilibrato rapporto tra produzioni vegetali e produzioni zootecniche;
• Errato uso delle potenze ed utenze meccanizzate;
• Inadeguato rapporto tra cellula sociale (famiglia) e cellula ecologica (azienda agricola).
Tali fattori hanno innescato una deriva ecologica e sociale che si è manifestata, da un lato con l’erosione ecologica e, dall’altro, con squilibri sociali e demografici che si riassumono in uno spopolamento pericolosissimo delle aree interne ed una concentrazione abitativa nelle aree litorali o nei grandi centri abitati.
Le uniche entità che si sono avvantaggiate di questo modello produttivo e sociale sono i grandi gruppi industriali (Piattaforme commerciali, Industria chimica, Banche, ecc.); tutto il resto è da scenario post cataclisma.
Il sistema Ecologico (Termodinamico) è stato depauperato e l’energia che si è persa in questo errato modello ha generato una serie di Entropie non recuperabili (entropia sociale, entropia ecologica, entropia energetica, ecc.).
Segno che quando l’Economia non si fonda sulle basi dell’Ecologia i fallimenti sono inevitabili.
Nonostante oggi poi i fautori degli OGM, di una agricoltura ancora più “esasperata” (aumento delle ampiezze aziendali, esasperazione della chimica e della meccanizzazione, ecc.) e anche dei Piani di Sviluppo Rurale (PSR) che tendono a parole ad inneggiare ad un’agricoltura sostenibile ma nei fatti propongono un modello ancora più esasperato, i dati e le questioni che si stanno generando indicano (vedi rapporto della FAO del 2014) in un’agricoltura a Sovranità Alimentare, a dimensione familiare e con incremento delle consociazioni, delle rotazioni e della biodiversità, l’unica via di uscita alle tre grandi questioni del terzo millennio:
• la risoluzione della fame nel mondo;
• la “rinascita” ecologica;
• accorciamento delle filiere tra produzione e consumo.
Tali questioni vanno riconsiderate all’interno di una nuova visione umanistica ed ecologica che dovrà porre le basi, non solo per Nuovi Trattati dell’Agricoltura, ma anche per una revisione di quello stanco modello capitalistico basato su un sistema di mercati, finanza e processi inequivocabilmente impossibili dal punto di vista energetico e tragicamente falliti nella loro applicazione concreta.
Siamo al limitare di una nuova linea dell’orizzonte storico dove il buio e l’inconsistenza etica e scientifica del riduzionismo devono necessariamente essere riportati solo nei libri di Storia come esperimento ed esperienza fallimentare.
Se i moderni economisti avessero studiato un po’ di cinetica chimica e leggi dell’ecologia e delle dinamiche sociali non saremmo oggi al disastro ecologico e sociale e, cosa peggiore, per evitare il Partito del Dissenso la Ricerca di Stato è stata mandata in pensione per buona pace nostra e dei nostri figli.
Abbiamo trasformato le aziende agricole da cellule energetiche a bassa entropia a divoratori energetici, trascinando con se un modello sociale che sta mettendo in seria difficoltà l’altra cellula della Vita: la famiglia.
Se non si inverte questa rotta, secondo l’elaborazione di dati statistici demografici, ecologici, ambientali e sociali si innescherà il più grande terremoto sociale di tutti i tempi e le scosse premonitorie (se ancora fossimo nel dubbio) oltre che dalla catastrofe ecologica ed ambientale sono suggellate da un flusso migratorio che, sempre secondo le proiezione statistiche (Nazioni Unite) entro il 2050 dovrebbe interessare 91 milioni di migranti.
A nulla sembrano servire poi gli appelli della FAO e di altre organizzazioni mondiali verso un modello rurale e sociale totalmente diverso da quello che i grandi interessi economici propongono verso la direzione del non ritorno.
Questa sfida è già decisa: vincerà il Pianeta riportandoci “con le buone” verso la sua direzione ma il prezzo che pagheremo sarà tanto più alto quanto più tempo perderemo a prenderne coscienza e a cambiare con decisione la rotta.
La Politica si attrezzi.