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Bioregionalismo

Bioregionalismo

Il concetto di bioregionalismo viene formulato, per la prima volta, da Peter Berg e Raymond Dasmann alla fine degli anni 1960. Il bioregionalismo è una teoria che si basa  sull’individuazione e lo studio di aree chiamate bioregioni o ecoregioni. I risvolti applicativi di questa teoria hanno ricadute sia dal punto di vista culturale, politici, economici ed ambientali. Il bioregionalismo, attraverso principi etici, politici, ideologici, vede e suddividi i territori come insiemi omogenei dal punto di vista morfologico, antropico, ecologico ed energetico. Nella teoria del bioregionalismo si fondono molteplici discipline che tendono di definire insiemi omogenei su cui ipotizzare percorsi socio-culturali, politici ed organizzativi omogenei e tipici. Lo studio delle bioregioni utilizza largamente la Teoria degli insiemi elaborata da Georg Cantor. Si tratta di una nuova visione che discrimina territori geografici omogenei al fine di definire criteri di governo dettati dalle regole della natura e non da interessi di parte umana. “Il governo della natura”, così come Kirckpatrick Sale ha sintetizzato il significato di bioregionalismo.

Al centro del bioregionalismo c’è l’individuazione della bioregione; questa è un’unità territoriale, dalle caratteristiche fisiche ed ecologiche omogenee. A tutt’oggi non esiste una dimensione standard: può essere una grande vallata fluviale o una catena montuosa, può abbracciare diversi ecosistemi.
Le bioregioni sono pertanto macroecosistemi, tra di loro interrelate, con all’interno ecosistema naturale ed ecosistema sociale. Secondo Peter Berg (tra i fondatori del bioregionalismo) la bioregione una funzione di: “tanto il terreno geografico quanto il terreno della coscienza”.
Ma il bioregionalismo, secondo Thomas Rebb, è anche un “forma di organizzazione umana decentrata che, proponendosi di mantenere l’integrità dei processi biologici, delle formazioni di vita e delle formazioni geografiche specifiche della bioregione, aiuta lo sviluppo materiale e spirituale delle comunità umane che la abitano”.
Le conseguenze del bioregionalismo si ripercuotono pertanto sulle influenze reciproche tra uomini ed ambiente ed in cui gli uomini devono prendere coscienza (per il bene comune e reciproco) di un nuovo vivere personale ed ecologista in armonia con la natura (il “real work” di Gary Snyder). Tale criterio è stato elaborato dal canadese Alan Van Newkirk che giunse alla conclusione che le comunità degli esseri viventi, interagiscono tra loro e con il loro ambiente fisico, secondo l’organizzarsi in insiemi che mostrano continuità tra le caratteristiche fisiche ed ecologiche.
Il bioregionalismo sta alla base, pertanto, di una revisione complessiva dell’organizzazione territoriale, per il bene non solo degli esseri umani (che, comunque, nelle letture europee restano centrali), ma di tutta la biosfera, ridiscutendo gli arbitrari confini statuali della tarda modernità, a partire dal principio d’autodeterminazione, esprimendo autonomie ed interconnessioni naturali sulla base delle identità culturali. Il bioregionalismo, ricomprendendo il principio del localismo, non si contrappone alla globalizzazione. Come nella teoria della Prossimità, da me sviluppata nel volume: Come il Titanic? Possiamo iniziare a pensare che anche in Politica il vecchio modello newtoniano, di causa ed effetto, deve essere ricompreso all’interno di funzioni molto più complesse ma definite da principi molto semplici come tutti quelli della Natura.

Guido Bissanti




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