Come coltivare il Pitosforo
Come coltivare il Pitosforo
Il Pittosporum è un genere di piante della famiglia delle Pittosporaceae, con origini in Africa, Asia, Australia e Isole del Pacifico. Si tratta di piante a portamento arboreo o arbustivo, che possono raggiungere diversi metri d’altezza. Questa pianta produce delle piccole bacche verdi non commestibili. In Italia, soprattutto nel Mezzogiorno, in Sardegna e in Sicilia viene coltivato per ornamento e per costruire siepi lungo i litorali marini.
In questa scheda vedremo come coltivare il Pitosforo, seguendo gli accorgimenti agronomici più idonei e le tecniche più opportune per le sue forme di allevamento.
Il pitosforo è una pianta arbustiva sempreverde con rami contorti, foglie oblunghe ed opposte di colore verde brillante.
I fiori, riuniti in ombrelle terminali formate da piccoli fiori profumati con corolla composta da cinque petali di colore bianco-crema. I frutti, come detto, sono delle capsule sferiche che racchiudono nel loro interno piccoli semi con rivestimento resinoso. La fioritura si ha tra i mesi di marzo e luglio.
Si tratta di una pianta che cresce bene in luoghi soleggiati e molto tollerante ai venti salmastri, tipici delle aree marine.
Dal punto di vista pedologico il Pitosforo cresce anche su terreni aridi e con sola disponibilità delle acque piovane. Al sud lo si ritrova spesso in terreni calcarei, gessosi e quindi alquanto aridi ma per una crescita ottimale è bene che il substrato sia leggero ed organico con un perfetto drenaggio.
Per quanto riguarda gli apporti idrici, come accennato, si tratta di una pianta che, eccezione per i primi due anni dopo l’impianto, può vivere esclusivamente con l’umidità che i terreni accumulano con le acque piovane; per questo motivo è una pianta molto indicata nelle aree costiere dove c’è poca disponibilità di acqua di irrigazione o questa viene destinata a colture più esigenti.
In ogni caso se si vogliono fioriture più abbondanti è bene irrigare con regolarità durante il periodo dello sviluppo vegetativo.
Per quanto riguarda le concimazioni, il Pitosforo può crescere in terreni alquanto aridi ed, in ogni caso, è bene prima dell’impianto di porre nella buca di impianto del letame maturo o stanza organica che gli consentono un maggiore accrescimento nei primi anni. Successivamente si può intervenire sempre con sostanze organiche da apportare alla fine del periodo invernale ponendolo alla base delle piante e miscelandolo con i primi strati di terreno.
Per quanto riguarda la propagazione del Pitosforo questa è possibile sia per seme che per talea semi-legnosa.
Per la semina bisogna partire dalla operazione di spargimento dei semi in un cassone freddo, nel periodo di marzo. I semi vanno ricoperti da pochi mm di substrato misto organico – sabbioso ed irrigati per mantenere sempre umidi i primi cm di terriccio. Una volta spuntate le giovani piantine l’irrigazione deve essere effettuata con minore intensità per evitare marciumi radicali.
Nella tecnica di propagazione per talea bisogna prelevare dei rametti dalla pianta madre, lunghi 15-25 cm, privarli di quasi tutte le foglie e porli in un substrato di torba e sabbia fino a quando compariranno nuovi germogli. Anche qui l’irrigazione deve seguire lo stesso criterio visto prima.
Per l’impianto del pitosforo bisogna attendere il periodo tra aprile e maggio scavando buche dalle dimensioni doppie del vaso.
Importante è poi la tecnica della potatura che ha due obiettivi; quello di dare forma alle siepi (se la pianta viene coltivata con questo obiettivo) e di eliminare sempre rami secchi, danneggiati o malati. La potatura si effettua annualmente da aprile a giugno, eliminando appunto i rami secchi e danneggiati,pareggiando quelli troppo lunghi per dare una forma armoniosa e compatta alla pianta.
Bisogna dire altresì che il pitosforo può essere governato, con opportune potature, anche in forma di alberello globoso.
Si ricorda, infine, che il Pitosforo può essere allevato anche in vaso; in questo caso deve essere rinvasato in un contenitore più grande quando le radici fuoriescono dai fori di drenaggio dell’acqua delle annaffiature. La pianta va estratta con il suo pane di terra e rinvasata utilizzando nuovo terriccio.
Un’ultima considerazione per le fitopatie del Pitosforo. Pur se è una pianta molto resistente questa tende ad ingentilirsi soprattutto quando si eccede con le concimazioni ed in particolar modo con quelle a base di azoto nitrico (che non andrebbe mai apportato in questa forma). In questi casi il Pitosforo può essere soggetto soprattutto ad infestazioni di afidi, cocciniglie e, conseguentemente, di fumaggini.
In questi casi ottimi sono i trattamenti con prodotti che si possono preparare anche in casa a base di macerati di ortica e/o di sapone di Marsiglia.
Con questi accorgimenti avrete tutelato l’entomofauna utile, la microflore e microfauna dell’ecosistema e, in più, si tratta di operazioni molto economiche.