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Citrus × myrtifolia

Citrus × myrtifolia

Il Chinotto (Citrus × myrtifolia Raf.) è una specie arborea appartenete alla famiglia delle Rutaceae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Sottoclasse Rosidae, Ordine Sapindales, Famiglia Rutaceae, Sottofamiglia Aurantioideae, Tribù Citreae e quindi al Genere Citrus ed alla Specie C. myrtifolia.

Etimologia –
Il termine Citrus deriva dal nome latino del cedro e limone, dal greco greco κέδρος kédros cedro e κίτρον kítron limone. L’epiteo specifico myrtifolia proviene dal genitivo del genere Myrtus (che a sua volta deriva dal greco μύρτος mýrtos mirto, e questo da μύρω mýro stillare, gemere) e da folium foglia: con foglie da mirto. Il nome comune di chinotto avrebbe a che fare con la presunta provenienza dalla Cina.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il Chinotto ha una origine non esattamente accertata. Secondo alcuni autori si tratta di una mutazione gemmaria, avvenuta nell’area del Mar Mediterraneo, dell’arancio amaro (Citrus aurantium) che col tempo si è sviluppata nella specie oggi conosciuta. Secondo altri il chinotto deve il suo nome alla Cina, luogo da cui sarebbe stato importato verso la fine del ‘500 o all’inizio del ‘600 da un livornese o savonese. La coltivazione del chinotto, all’infuori dell’Italia (Liguria, Toscana, Sicilia e Calabria), è limitata alla Costa Azzurra francese.

Descrizione –
Il Citrus × myrtifolia è una specie arborea di piccolo taglio che può raggiungere i tre metri di altezza, con chioma compatta, lenta crescita e, a differenza di altri agrumi, privo di spine. Le foglie ricordano quelle del Mirto (da cui l’epiteto specifico) e sono piccole, ellittiche, appuntite, cuoiose e di color verde lucente. I fiori sono piccoli, di color bianco, molto profumati, solitari o riuniti in gruppi e in posizione ascellare o terminale. I frutti hanno di questo agrume hanno dimensioni modeste e sono schiacciati alle due estremità; a maturazione sono di color arancio intenso. La polpa è amara e acida e suddivisa in 8-10 segmenti.

Coltivazione –
Il chinotto è un agrume particolarmente sensibile al freddo ma non ama nemmeno il caldo eccessivo, la temperatura ideale è compresa fra 18 e 32 °C, e non resiste assolutamente sotto lo zero. La pianta desidera posizioni soleggiate e riparate dai venti, su terreni sciolti, di medio impasto, fertili, profondi, ben drenati; non ama i suoli argillosi perché è sensibile ai ristagni idrici. Si pone a dimora in marzo, dopo aver concimato la buca d’impianto con letame maturo. Va curata l’irrigazione, soprattutto nei primi anni durante l’estate. La concimazione si esegue in inverno ogni anno con letame maturo o altro prodotto organico. La forma di allevamento ordinaria è a globo a chioma piena, con le branche inserite sul fusto a 40-50 cm da terra (30-40 cm per esemplari in vaso). La potatura va effettuata ogni anno alla fine dell’inverno (marzo) per eliminare l’insieme di rametti affollati, lasciando solo quelli ben distanziati e diretti in modo da lasciar circolare l’aria nella pianta. Si eliminano anche i succhioni (rami che partono direttamente dalla base), i rami secchi e quelli malati. Per quanto riguarda i portainnesti usati, si utilizzano l’arancio amaro, adatto a terreni sciolti, sabbioso-limosi, moderatamente argillosi e ben drenati, resistente al gelo ma suscettibile al mal secco; e l’arancio trifogliato, che ama i terreni di medio impasto, non gradisce il calcare, resiste alle gelate e al mal secco, ed è utilizzato per le piante coltivate in vaso. Per i dettagli della tecnica di coltivazione si può consultare la seguente scheda.

Usi e Tradizioni –
Il Citrus × myrtifolia ebbe un certo utilizzo in Europa, tra la fine del 1800 e fino al 1918, per un uso esteso dei frutti immaturi (1-2,5 cm di diametro), parzialmente trattati per ridurre il sapore amaro e sciroppati in soluzioni zuccherine; questi frutti venivano consumati assieme a bevande alcoliche (come i vini all’assenzio), come aperitivo; oggi il prodotto sciroppato è ancora in vendita.
Tra l’800 ed i primi del ‘900 la produzione del chinotto era talmente importante, che nel 1902 si sentì l’esigenza di redigere uno “Statuto-Regolamento” della Società dei Produttori di Chinotti, che il 10 luglio 1887 aveva 152 soci, tra cui spiccano nomi che hanno fatto la storia dell’agricoltura del savonese e della trasformazione dei prodotti. Trattandosi di un prodotto destinato alla canditura, la vendita dei chinotti è stata sempre sottoposte alla regola del calibro: dovevano quindi avere un diametro prefissato che veniva misurato facendo passare i frutti all’interno di anelli diversi per dimensione.
La fine Ottocento è il periodo d’oro della sua diffusione: veniva commercializzato con successo in Francia e in Inghilterra, conservato nel Maraschino e servito nei caffè più alla moda. In questo periodo la produzione agricola non riesce a tenere il passo dell’industria: nella Descrizione cosmografica l’abate Cougnet cita una flessione nell’esportazione di chinotti freschi a seguito dell’installazione a Savona, nella zona dell’Oltreletimbro, dello stabilimento a vapore Silvestre-Allemand, specializzato nella lavorazione dei chinotti. Le dimensioni dell’opificio sono importanti come dimostra il numero degli operai impiegati: 60 nell’anno di apertura (1877) e già 80 in quello successivo.
I maggiori mercati di esportazione erano Francia e Regno Unito dove il chinotto aveva una doppia valenza: prodotto per la gastronomia ma anche medicinale come fonte di vitamina C per i marinai e navigatori oceanici che avevano la necessità di combattere lo scorbuto.
Negli anni Cinquanta a causa di una serie di gelate, la coltivazione del chinotto, florida per decenni, subì una forte battuta d’arresto. Non solo: negli stessi anni si diffusero le più redditizie coltivazioni in serra che portarono in pochi anni ad una drastica riduzione delle piantagioni. I maggior problemi per la diffusione di questa pianta vennero però dalla crescita dell’urbanizzazione. Il chinotto, usato anche per delimitare i confini tra le proprietà, era coltivato all’interno della città, in un’area oggi completamente edificata.
Ai tempi d’oggi, per la su importanza, il Chinotto di Savona è Presidio di Slow Food e, dato il rischio di estinzione della pianta, dal 2014 il Comune di Quiliano ha avviato un’operazione di piantumazione estensiva presso il Parco di San Pietro in Carpignano.
La cultivar più conosciuta è il Chinotto Piccolo, usata anche a scopo ornamentale. Altre varietà sono il Chinotto Grande, il Chinotto Crispifolia e il Chinotto a foglie di bosso.
I piccoli frutti amari del chinotto vengono tradizionalmente usati per produrre marmellate, canditi e sciroppi, liquori, mostarde e la classica bibita.
Il succo di chinotto è componente in molte bevande digestive e in amari. La maggior parte di esso viene comunque impiegata per la produzione dell’omonima bevanda, conosciuta in Italia appunto come chinotto e a Malta come kinnie.
Da un punto di vista nutrizionale il chinotto vanta una concentrazione unica di vitamina C e un’alta percentuale di sinefrina, che aiuta la motilità dell’intestino. Considerata anche un toccasana per la circolazione, sembra capace di donare una sensazione di diffuso benessere.

Modalità di Preparazione –
I frutti del chinotto non sono di consumo immediato, anche perché molto amari. Possono essere gustati dopo una particolare lavorazione: il primo momento è costituito dall’immersione per circa tre settimane in salamoia (un tempo si utilizzava l’acqua di mare); gli agrumi quindi sono pelati a mano per togliere il sottile strato di buccia contenente gli estratti e gli aromi più amari. Dopo una seconda immersione in salamoia, sono devono essere conciati con bolliture successive e in sciroppi dolci a concentrazione crescente. Tra i suoi usi principali c’è naturalmente l’utilizzo per la preparazione dell’omonima bevanda, ma può servire anche per preparare canditi, marmellate e mostarde, mentre dai fiori e dalle foglie si estrae anche un olio particolarmente apprezzato in profumeria.

Guido Bissanti

Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.




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