Un Mondo Ecosostenibile
ArbustiveSpecie Vegetali

Clerodendrum japonicum

Clerodendrum japonicum

Il Clerodendro giapponese (Clerodendrum japonicum (Thunb.) Sweet, 1826) è una specie arbustiva appartenente alla famiglia delle Lamiaceae.

Sistematica –
Dominio Eukaryota,
Regno Plantae,
Divisione Magnoliophyta,
Classe Magnoliopsida,
Sottoclasse Asteridae,
Ordine Lamiales,
Famiglia Lamiaceae,
Sottofamiglia Ajugoideae,
Genesere Clerodendrum,
Specie japonicum.
È basionimo il termine: Volkameria japonica Thunb.
Sono sinonimi i termini:
– Clerodendrum squamatum Vahl (1791);
– Volkameria kaempferi Jacq. (1794);
– Clerodendrum kaempferi (Jacq.) Siebold (1830);
– Volkameria dentata Roxb. (1832);
– Clerodendrum dentatum (Roxb.) Steud. (1840);
– Clerodendrum coccineum D.Dietr. (1842);
– Clerodendrum kaempferi (Jacq.) Siebold ex Hassk. (1844);
– Volkameria coccinea (D.Dietr.) Schauer (1847);
– Clerodendrum imperialis Carrière (1874);
– Clerodendrum illustre N.E.Br. (1884);
– Clerodendrum darrisii H.Lév (1912);
– Clerodendrum esquirolii H.Lév. (1912);
– Clerodendrum speciosum Teijsm. & Binn. ex Wigman (1912);
– Clerodendrum leveillei Fedde ex H.Lév. (1915);
– Clerodendrum coccineum H.J.Lam (1919).

All’interno di questa specie si riconoscono le seguenti sottospecie e varietà:
– Clerodendrum japonicum subsp. album C.Pei;
– Clerodendrum japonicum subsp. japonicum;
– Clerodendrum japonicum var. bethuneanum (H.Low) Wearn & Mabb.;
– Clerodendrum japonicum var. japonicum.

Etimologia –
Il termine Clerodendrum proviene dalla combinazione dei termini greci “κλῆρος” (cleros), cioè sorte e “δένδρον” (dendron), cioè albero, nome dato da Johannes Burman (1707-1780) e ripreso da Linneo, ad una pianta che in cingalese era chiamata “pinnacola”, cioè sfortunata.
L’epiteto specifico japonicum è l’aggettivo latino “japonicus, a, um”, cioè del Giappone, in riferimento al supposto luogo di origine.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il Clerodendrum japonicum è una pianta originaria di un vasto areale che comprende: Arunachal Pradesh, Assam, Bangladesh, Borneo, Butan, Cina (Anhui, Chongqing, Fujian, Guangdong, Guanxi, Guizhou, Henan, Hong Komg, Hubei, Hunan, Jiangsu, Jiangxi, Kin-Men, Macao, Ma-tsu-Pai-chúan, Shangai, Sichuan, Tibet, Yunnan e Zhejiang), Darjiling, Filippine, Giava, Isole Andamane, Laos, Malaysia Peninsulare, Nepal, Sikkim, Singapore, Sumatra, Taiwan, Thailandia e Vietnam.
Il suo habitat in queste aree è quello delle boscaglie, delle radure erbose e delle rive dei corsi d’acqua fino a circa 1500 m di altitudine (1600 m in Nepal).

Descrizione –
Il Clerodendrum japonicum è una pianta che cresce in forma di arbusto perenne deciduo o semideciduo, eretto, alto fino a 3 m, con rami a sezione pressoché quadrangolare più o meno pubescenti.
Le foglie sono portate da un picciolo lungo 1-15 cm densamente ricoperto da una corta peluria bruno-giallastra, sono opposte, semplici, cordate con apice appuntito e margini dentati, lunghe 10-35 cm e larghe 6-25 cm, rugose superiormente, punteggiate inferiormente da ghiandole colore arancio.
Le infiorescenze sono a pannocchia e crescono in posizione terminale o all’ascella delle foglie superiori, su un peduncolo rossastro lungo circa 6 cm, piramidali, lunghe fino a circa 35 cm, con rachide di colore rossastro e una moltitudine di fiori ermafroditi, su un pedicello lungo fino a 2 cm, con calice campanulato rosso lungo 1-1,5 cm profondamente inciso in 5 lobi ovato-lanceolati, corolla rosso vivo, con tubo lungo 1,5-2 cm e 5 lobi oblunghi di 1-1,5 cm di lunghezza, ovario quadriloculare e 4 stami ricurvi lunghi 4-7 cm. I frutti sono delle drupe globose a 4 logge, di circa 1 cm di diametro, di colore blu nerastro a maturità, con i lobi del calice persistenti.
All’interno sono presenti 4 semi, quindi uno per ogni loggia.

Coltivazione –
Il Clerodendrum japonicum è una pianta che viene talvolta raccolta allo stato selvatico per uso locale come alimento e medicina. A volte viene coltivata localmente per uso medicinale o come pianta ornamentale nei giardini. Può anche essere utilizzata come pianta pioniera nel ripristino degli habitat nativi.
Allo stato naturale è diffusa in un’ampia area del sudest asiatico, ma relativamente poco utilizzata come ornamentale in parchi e giardini, coltivabile nelle regioni a clima tropicale e subtropicale e marginalmente in quelle temperato-calde, dove può resistere ad eccezionali abbassamenti di temperatura appena sotto 0 °C, con eventuale danneggiamento della parte aerea. Non è quindi una pianta molto resistente al freddo, essendo in grado di tollerare brevi periodi in cui le temperature scendono a circa -3 °C.
Per la coltivazione richiede una posizione in pieno sole e al riparo dai venti e non è particolarmente esigente riguardo al suolo, purché ben drenato, mantenuto pressoché costantemente umido.
La pianta può essere coltivata in vaso per la decorazione di serre e giardini d’inverno particolarmente luminosi utilizzando un substrato ricco di sostanza organica con aggiunta di sabbia o agriperlite per un 30%, con innaffiature regolari in estate, più distanziate in inverno, lasciando asciugare parzialmente il terriccio prima di ridare acqua, e minime notturne invernali non inferiori a 14 °C.
I fiori vengono prodotti durante la crescita della stagione corrente e quindi, per incoraggiare la fioritura, è meglio effettuare qualsiasi potatura quando la pianta è dormiente.
In alcune aree può sfuggire alla coltivazione e diventare invasiva.
La riproduzione avviene per seme, in terriccio sabbioso mantenuto umido alla temperatura di 22-24 °C, con una germinazione in 4-10 settimane; le giovani piantine, quando sono abbastanza grandi da poter essere maneggiate, vanno trapiantate in vasi singoli e fatte crescere finché non sono abbastanza grandi da poter essere piantate.
La riproduzione può essere anche per talea. Le talee devono essere di radice, lunghe 6-8 cm ed hanno un’alta percentuale di attecchimento.
Altro sistema di riproduzione agamica è quello per divisione dei polloni nella stagione dormiente. È un sistema molto semplice e possono essere piantati direttamente nelle loro posizioni permanenti se necessario.

Usi e Tradizioni –
Il Clerodendrum japonicum è una pianta conosciuta con vari nomi comuni, tra questi ricordiamo: japanese glory bower, red glory bower (inglese); cheng thong, he bao hua (Cina); chirinto (Giappone); asara, kuthap angangba (India); patlange, igbo (Nepal).
Le foglie di questa pianta sono consumate localmente come verdura, foglie e radici sono utilizzate nella medicina tradizionale cinese per varie patologie.
La pianta ha usi medicinali e viene utilizzata n varie modalità, tra cui decotti, gonorrea, dell’ematochezia, dell’epistassi dell’ematuria, per articolazioni doloranti, blenorrea, leucorrea, metrite, disturbi mestruali, ittero, foruncolosi, impetigine, antralgia, osteodinia, lombalgia, ipertensione ed altri trattamenti o patologie.
Le foglie sono antibatteriche, antinfiammatorie, diuretiche.
Tra gli altri usi ricordiamo quelli agroforestali. Questa specie è una colonizzatrice di successione precoce di terreni degradati e potrebbe essere utilizzata per il ripristino di alcuni habitat.
La pianta è classificata come “a rischio minimo” nella Lista rossa IUCN delle specie minacciate (2018).

Modalità di Preparazione –
Il Clerodendrum japonicum, oltre che per scopi ornamentali o agroforestali ha impiego in campo alimentare; le foglie giovani e i germogli vengono cucinati come verdura o sottaceto.
Le foglie delle specie di questo genere hanno solitamente un sapore amaro e vengono spesso mangiate almeno tanto per il loro effetto tonico sul sistema digerente quanto per qualsiasi attrazione per le papille gustative.
In campo medicinale un decotto dell’infiorescenza viene utilizzato nel trattamento della gonorrea, dell’ematochezia e dell’epistassi.
Le brattee floreali vengono masticate come trattamento per l’ematuria e vengono applicate come cataplasma alle articolazioni doloranti.
Le foglie sono antibatteriche, antinfiammatorie, diuretiche.
Un decotto viene utilizzato nel trattamento di una serie di condizioni tra cui blenorrea, leucorrea, metrite, disturbi mestruali, ittero, foruncolosi, impetigine, antralgia, osteodinia, lombalgia e ipertensione.
Un infuso di foglie viene utilizzato come tonico durante la gravidanza.
Le foglie vengono applicate localmente ai foruncoli.
Il succo delle foglie è un ingrediente di un bagno alle erbe per bambini con foruncoli.
Un cataplasma di foglie fresche pestate e anche il lavaggio con il succo di foglie vengono utilizzati per curare ferite, ustioni, foruncoli e impetigine.
Si dice che la radice sia stata utilizzata con successo nel trattamento dell’ittero.
Il decotto di radice è prescritto per i disturbi al torace.

Guido Bissanti

Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Useful Tropical Plants Database.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore.

Fonte foto:
https://inaturalist-open-data.s3.amazonaws.com/photos/450998464/original.jpeg

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *