Conseguenze della perdita di Carbonio organico
Conseguenze della perdita di Carbonio organico
Il mantenimento ed il recupero della fertilità dei suoli è una delle questioni che preoccupano di più il settore agricolo.
I numerosi studi scientifici e i dati relativi al contenuto di sostanza organica e di fertilità complessiva dei suoli indicano che oltre 50 anni di agricoltura intensiva hanno provocato, in molti casi, una diminuzione drastica dei valori ed una preoccupante deriva verso l’inaridimento.
Quello che desta particolare preoccupazione nella fertilità dei suoli e, tra le altre, la presenza e percentuale di carbonio organico che, a livello mondiale, nei suoli coltivati è in progressiva diminuzione.
Secondo recenti dati elaborati da ISPRA, il trend riferito agli anni più recenti è negativo; infatti rispetto allo stock riferito al 2012 si evidenza, una diminuzione rispettivamente di 2,6 milioni di tonnellate al 2019 e 2,9 milioni di tonnellate al 2020.
Sulla stessa linea, al recente Forum mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura di Berlino del 2022, si è pronunciata la FAO.
Secondo tale rapporto è indispensabile invertire il processo di degrado dei suoli per nutrire una popolazione mondiale in continua crescita, proteggere la biodiversità e contribuire a risolvere la crisi climatica del pianeta.
Inoltre, dopo gli oceani, i suoli sono i principali serbatoi di carbonio e rivestono un ruolo cruciale nella mitigazione dei cambiamenti climatici e nell’adattamento agli stessi. A causa del degrado dei suoli del pianeta, sono già state rilasciate nell’atmosfera fino a 78 giga tonnellate di carbonio (una giga tonnellata equivale alla massa di 10.000 portaerei statunitensi completamente cariche). Secondo la mappa del sequestro del carbonio organico nel suolo a livello globale, i suoli, se ben gestiti, potrebbero sequestrare fino a 2,05 petagrammi di CO2 equivalente all’anno (ricordiamo che un petagrammo equivale ad un milione di miliardi di grammi), andando in tal modo a compensare fino al 34 percento delle emissioni di gas a effetto serra provenienti dai terreni agricoli.
L’ultimo rapporto della FAO ha lanciato un preoccupante allarme in quanto i sistemi agricoli di gran parte del mondo, frutto del complesso intreccio di interazioni tra suolo, terra e acqua, si trovano a un “punto di rottura”.
La principale minaccia è rappresentata dall’erosione del suolo. Si calcola che, entro il 2050, l’erosione del suolo potrebbe comportare la rimozione di 75 miliardi di tonnellate di suolo, che a sua volta provocherebbe fino al 10 percento di perdite di coltivazioni agricole.
Un altro problema è rappresentato dall’inquinamento del suolo che, purtroppo, è in continuo aumento e compromette la qualità del cibo che ingeriamo, dell’acqua che beviamo e dell’aria che respiriamo. L’uso eccessivo o inappropriato di prodotti chimici per l’agricoltura è una delle cause del problema. Dall’inizio del XXI secolo la produzione annuale di sostanze chimiche a livello globale è raddoppiata, fino a raggiungere approssimativamente 2,3 miliardi di tonnellate e, secondo le previsioni, crescerà dell’85 percento entro la fine del decennio.
Come se non bastasse a questo panorama va ad aggiungersi un’altra criticità legata alla salinizzazione, che interessa 160 milioni di ettari di terre coltivate nel mondo e ogni anno compromette la produttività di 1,5 milioni di ettari di terreno.
Questo scenario comporta una diminuzione della fertilità globale dei suoli ed una preoccupante diminuzione della sostanza organica che fa accendere più di un campanello di allarme in quanto è responsabile nel suolo di una serie di benefici ed equilibri biogeochimici di fondamentale importanza.
Suoli sani con livelli stabili di sostanza organica del suolo sono anche meglio attrezzati per prevenire e combattere varie patologie e, in generale, la sostanza organica del suolo svolge la sua funzione attraverso tre essenziali livelli:
– Chimico; la sostanza organica del suolo migliora in modo significativo la capacità dello stesso di immagazzinare e rifornire nutrienti essenziali (come azoto, fosforo, potassio, calcio e magnesio) e trattenere gli elementi tossici. Permette al terreno di far fronte ai cambiamenti nella reazione chimica e del suo pH e aiuta i minerali del suolo ad essere più disponibili;
– Fisico; la sostanza organica del suolo migliora la struttura del suolo. Una fondamentale funzione che contribuisce a controllare l’erosione del suolo e a migliorare la circolazione ed infiltrazione dell’acqua e la capacità di ritenzione idrica, fornendo alle radici, alle piante e agli organismi del suolo migliori condizioni di vita;
– Biologico; la sostanza organica del suolo è la primaria fonte di carbonio (C), elemento essenziale per fornire energia e nutrienti agli organismi del suolo. Questo elemento contribuisce in maniera fondamentale al miglioramento della funzionalità e dell’attività dei microrganismi nel terreno ed all’aumento della biodiversità. Inoltre la cattura del carbonio nel suolo riduce le emissioni di CO2 in atmosfera, contribuendo alla mitigazione del cambiamento climatico.
Esiste, inoltre, un diretto rapporto tra la biodiversità del suolo (legata anche alla biodiversità del soprassuolo) e il contenuto di carbonio organico del suolo.
Per questo motivo il Green Deal dell’Unione europea ha posto particolare attenzione a tale questione, anche in ottica del raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Tra le misure più rilevanti al fine di raggiungere tale obiettivo, oltre alle strategie per la biodiversità (Biodiversity Strategy 2030), l’agricoltura e l’agroalimentare (Farm to Fork) e il clima (European Climate Law), l’Unione ha posto tra i suoi obiettivi primari anche la strategia per la salvaguardia dei suoli. Si ricorda a tal proposito l’obiettivo 15.3 dell’Agenda ONU 2030 che ha come focus: combattere la desertificazione, ripristinare la terra e il suolo degradati, compresi i terreni colpiti da desertificazione, siccità e inondazioni, e raggiungere la neutralità del degrado del suolo entro il 2030.
Le condizioni di fertilità dei suoli europei, purtroppo, come evidenziato nella figura che segue, preoccupano e non poco gli obiettivi delle politiche in tal senso.
In generale, il contenuto di carbonio organico dovrebbe essere superiore all’1 per cento nei suoli agrari per favorire l’assorbimento di elementi nutritivi da parte delle piante.
I dati ci dicono che in media il 45 per cento dei suoli minerali in Europa ha un contenuto di carbonio organico basso o molto basso (0-2 per cento) e il 45 per cento ha un contenuto medio (2-6 per cento). Per aumentare il sequestro di carbonio organico e per valorizzare i processi di rimozione della CO2 dall’atmosfera da parte delle piante, il Green Deal europeo punta all’adozione di pratiche di lavorazione dei suoli poco profonde e meno invadenti sui terreni di coltivazione e pratiche di gestione agraria sostenibili come la conversione della terra arabile in prato, l’incorporazione di paglia, i sovesci e le colture di copertura. A questo proposito contribuiscono anche la distribuzione di ammendanti organici come il compost ottenuto da matrici organiche ligneo-cellulosiche e il biochar, che è un carbone vegetale ottenuto dalla trasformazione termochimica di materiali organici, con un processo termochimico non superiore ai 300 °C, in assenza o comunque con poco ossigeno (pirolisi).
L’aumento degli stock di carbonio organico nei suoli coltivati e l’inversione delle perdite di carbonio (stimate in 0,5 per cento all’anno) è, pertanto, uno degli obiettivi del Green Deal europeo sul fronte dell’agricoltura. Inoltre, a supporto dell’obiettivo “neutralità climatica entro il 2050”, la Commissione europea ha sollecitato gli Stati membri a bilanciare le emissioni provocate da un uso poco virtuoso del suolo agricolo con azioni di rimboschimento, “pozzi” di assorbimento del carbonio, la riduzione del 50 per cento di pesticidi chimici e del 20 per cento di fertilizzanti entro il 2030, il ricorso all’agricoltura di precisione e per il 25 per cento a quella biologica, e la piantagione di circa tre miliardi di nuovi alberi nei prossimi vent’anni.
A questo si aggiunge la recente legge sul ripristino della natura dell’Unione Europea che introdurrà misure di recupero sul 20% della terra e del mare entro il 2030, fino a coprire tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050.
L’agroecologia con le sue pratiche di biodiversificazione delle coltivazioni e di tutela del suolo e della sua biodiversità rappresenta, quindi, il presupposto fondamentale per rispondere agli enunciati della FAO ed alle politiche di sostenibilità dell’UE.
I dati che indicano l’agroecologia e, comunque, le agricolture biologiche (o organiche) come modelli produttivi fondamentali, per invertire la tendenza della diminuzione di fertilità dei suoli, sono oramai innumerevoli. Tra l’altro proprio un Simposio scientifico Globale sul carbonio organico (GSOC17) che si è svolto a Roma, dal 21 al 23 marzo 2017, organizzato dalla FAO, ha sottolineato tale aspetto.
I dati presentati in tale occasione hanno fornito un equivocabile scenario; infatti negli ultimi tempi il SOC (Soil Organic Carbon) è andato perduto soprattutto nei suoli destinati alla coltivazione ‘tradizionale’ a un range pari al 50-70% del totale. Un processo che sarebbe ulteriormente esacerbato da desertificazione e degradazione del suolo. I sistemi invece che si fondano sul riutilizzo della materia organica e la rotazione delle colture, ci dicono che possono incrementare i livelli di SOC.
Il report si basa, inoltre, su numerosi studi scientifici. Un’indagine pubblicata nel 2013, per esempio, confrontava i risultati di 24 test nel bacino del Mediterraneo, tra sistemi biologici e non. I primi riuscivano a sequestrare nel suolo 3559,9 chilogrammi di CO2 per ettaro, ogni anno. Se il sistema fosse implementato in tutto il mondo, rileva lo studio, il SOC sequestrato arriverebbe a 17,4 Gt ogni anno.
La conclusione è che l’introduzione su vasta scala di sistemi di coltivazione e allevamento rigenerativi e biologici può contribuire sensibilmente alla stabilizzazione della CO2 in atmosfera. Non occorre infatti investire in tecnologie costose, potenzialmente pericolose e non sufficientemente testate, come la cattura e l’immagazzinamento di carbonio o tecniche di geo-ingegneria. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è applicare le soluzioni agricole esistenti e lavorare sulla ricerca per incrementare i livelli di sequestro di carbonio; e questo obiettivo può essere raggiunto solo attraverso l’attuazione su scala europea della strategia Farm to Fork e della diffusione quindi di sistemi biodiversificati e che facciano basso uso di sostanze di sintesi e di lavorazioni profonde come vedremo, altresì, nei capitoli seguenti.
Le pratiche agroecologiche contribuiscono in maniera determinante al SOC che è il parametro che misura la quantità di carbonio organico presente nel suolo e che deriva principalmente dalla decomposizione delle materie organiche di origine vegetale e animale.
Il carbonio organico nel suolo è fondamentale per la salute e la fertilità del terreno agricolo. Contribuisce a migliorare la struttura del suolo, la sua capacità di trattenere acqua e nutrienti, nonché la sua resistenza all’erosione. Inoltre, il carbonio organico nel suolo è anche un importante serbatoio di carbonio, contribuendo alla regolazione del ciclo del carbonio e influenzando il bilancio dei gas serra nell’atmosfera.
Per questo motivo il mantenimento e l’aumento del SOC sono obiettivi importanti per la gestione sostenibile dei terreni agricoli. Pratiche agricole come la coltivazione di coperture vegetali, la rotazione delle colture, l’uso di compost o letame, e la riduzione dell’aratura intensiva contribuiscono a favorire l’accumulo di carbonio organico nel suolo. Queste pratiche promuovono anche la biodiversità del suolo e la salute complessiva degli ecosistemi agricoli.
Guido Bissanti