Un chiarimento sul riscaldamento globale
Un chiarimento sul riscaldamento globale
La questione dei cambiamenti climatici (e del riscaldamento globale) è tanto controversa quanto motivo di disaccordo anche tra ricercatori e scienziati di fama mondiale.
Tuttavia la controversia sul riscaldamento globale è una disputa riguardante le cause, la natura e le conseguenze dell’attuale riscaldamento globale. Queste controversie appaiono tuttavia molto più vigorose a livello mediatico che non all’interno della comunità scientifica stessa, concorde sul fatto che questo sia di fatto causato dall’attività antropica grazie agli studi condotti in primis dall’IPCC, che è il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico formato nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite:
– l’Organizzazione meteorologica mondiale e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente allo scopo di studiare il riscaldamento globale.
Tuttavia anche presso qualche scienziato non c’è pienamente accordo, basti pensare alle osservazioni di posizioni di A. Zichichi il quale ha dichiarato qualche tempo fa che “Il riscaldamento globale è tutt’altra cosa, in quanto dipende dal motore meteorologico dominato dalla potenza del Sole. Le attività umane incidono al livello del 5%: il 95% dipende invece da fenomeni naturali legati al Sole. Attribuire alle attività umane il surriscaldamento globale è senza fondamento scientifico. Non c’è la Matematica che permette di fare una previsione del genere”.
Con tutto il rispetto per lo scienziato di Erice (TP), che non è un ecologo (e quindi ognuno dovrebbe fare il suo mestiere), la questione è molto più complessa in quanto il riscaldamento globale può essere determinato anche se le attività umane incidessero solo per lo 0,1 %.
E qui entra in gioco il lavoro del russo I. Prigogine, premio Nobel per la chimica nel 1977. Premio Nobel che gli fu conferito per le sue innovative ricerche nella termodinamica dei processi irreversibili e dei sistemi complessi, quali i Sistemi Dissipativi.
Furono proprio I. Prigogine e altri studiosi (tra cui Francisco Varela, Harold Morowitz ed Enzo Tiezzi) a gettare un ponte tra la fisica, la chimica, l’ecologia e le scienze sociali, per studiare tali settori non separatamente, ma come sistemi tra loro interagenti. Per questa ragione I. Prigogine, unitamente ad altri, è considerato tra i pionieri della cosiddetta scienza della complessità e della teoria dei sistemi dissipativi.
Ricordiamo che l’ecosistema è il Sistema Dissipativo per eccellenza e che il suo equilibrio, con le sue dinamiche, è determinato anche da leggerissime variazioni (come detto molto minori della soglia del 5%).
Ma cosa è per l’esattezza un sistema dissipativo?
Possiamo definirlo come la soluzione adottata dalla natura per accumulare l’energia solare (che come detto è il 95 % di tutte le energie disponibili sul nostro pianeta) e di dissiparla in un tempo molto lungo, evitando in tal senso di far cuocere la Terra.
In un sistema dissipativo ogni più piccolo organismo, come anche gli esseri unicellulari, capta un’aliquota di energia ed attraverso innumerevoli scambi e condivisioni con altri organismi la trasforma e la dissipa in un tempo molto lungo.
Questo meccanismo è permesso certamente dalla sintesi clorofilliana ma non da sola. A questa si affiancano ed interagiscono gli organismi eterotrofi, come mammiferi, uccelli, insetti, pesci, ecc. Anzi sono proprio questi che con la loro mobilità, quasi assente presso gli autotrofi, consentono scambi di informazione e di energia altrimenti impossibili. Così in sistema molto biodiversi il sistema dissipativo funziona al meglio raffreddando in maniera ottimale il pianeta (e consentendo la vita in un arco di tempo maggiore).
Or bene, senza voler fare la polemica al buon A. Zichichi, la diminuzione della biodiversità è uno dei principali fattori del riscaldamento globale, tanto che, secondo ricerche fatte da vari Istituti di Ricerca, tra cui una pubblicata di recente sulla rivista Nature, entro il 2100 il cambiamento climatico potrebbe provocare improvvise e catastrofiche perdite di biodiversità, portando all’estinzione almeno il 15% delle comunità vegetali e animali. E nel prossimo decennio potremmo già assistere alla prima ondata: non si tratta di un unico collasso finale, ma di una serie di tsunami ecologici.
Ricordiamo che Nature è una delle più antiche e importanti riviste scientifiche esistenti, forse in assoluto quella considerata di maggior prestigio nell’ambito della comunità scientifica internazionale e, quindi, non l’ultima arrivata visto che viene pubblicata fin dal 4 novembre 1869.
La questione non è quindi e tanto il livello di incidenza diretta delle attività umane sul riscaldamento globale ma come queste, tra cui svolge un ruolo determinante anche l’agricoltura con i suoi pesticidi, erbicidi, ecc. che interferendo con la vita degli organismi presenti nel sistema dissipativo (biodiversità), ne stanno causando il collasso termodinamico.
Tale chiarimento è necessario per fugare una volta per tutte questa sterile polemica che non giova a nessuno e, soprattutto, non indirizza in alcun modo le corrette decisioni politiche, artatamente disorientate da chi vuole far rimanere lo status quo (vedi multinazionali della chimica e dei sistemi produttivi e consumistici).
Ritornando sui possibili tsunami ecologici bisogna subito sottolineare che la maggior parte delle specie viventi è oramai a rischio di estinzione o di diminuzione significativa della popolazione.
Basti pensare proprio agli insetti, agli uccelli ed ai rettili, principali figli di un dio minore che, a causa degli ingenti utilizzi di antiparassitari ed erbicidi o alla diminuzione dei loro habitat (per consumo di suolo e sottrazione di aree ecologiche idonee), sono sempre più minacciati facendo diminuire il loro apporto di informazioni e di energia necessario a far funzionare ottimamente il Sistema Dissipativo.
Il risultato è che le conseguenze macroscopiche dei cambiamenti climatici sono già sotto gli occhi di tutti: eventi metereologici estremi, siccità, aumento della temperatura media globale, acidificazione e deossigenazione degli oceani. Tutto questo porta inevitabilmente effetti negativi agli ecosistemi e a tutte le specie viventi.
Sono le conseguenze meno visibili (e che spesso non fanno notizia presso l’opinione pubblica) a dettare, come detto, la maggior preoccupazione. Sono infatti alcuni organismi che più di altri risentono nell’immediato di tali conseguenze, al punto da poter essere considerati non solo gli indicatori dei cambiamenti climatici ma, soprattutto, le cause di ulteriori e più nefasti cambiamenti nel prossimo futuro.
Tra questi ricordiamo le straordinarie storie degli animali migratori, come gli uccelli.
Per esempio, nel nostro emisfero, per combattere l’innalzamento delle temperature, molte specie stanno espandendo e spostando il loro areale verso nord o verso quote più alte: piante e animali stanno scalando le montagne. E la stessa cosa avviene nei mari e negli oceani dove, in cerca di acque più fredde, molte specie si rifugiano in acque profonde o si spostano verso i poli. In quest’ottica è evidente che le specie di alta quota o di climi glaciali sono certamente quelle più a rischio su una Terra sempre più calda. Di fatto, stiamo assistendo a una perdita di biodiversità molto veloce: la cosiddetta “sesta estinzione di massa”.
Inoltre l’aumento delle temperature influenza anche la fenologia delle specie, quindi il loro comportamento nelle varie stagioni: può interferire con i tempi e le modalità del letargo o della diapausa (la fase di arresto spontaneo dello sviluppo di alcuni animali) di alcune specie. In altre può inficiare il successo riproduttivo. In altre ancora modifica le tempistiche delle migrazioni, immutate da migliaia di anni. Per altre specie il principale problema potrebbe essere fare i conti con le trasformazioni ambientali: incendi sempre più frequenti e vasti, siccità, oppure alluvioni e piogge, eventi meteorologici estremi, mancanza di cibo. Senza contare che l’aumento delle temperature favorisce anche la diffusione di patogeni, dei loro vettori, e quindi di malattie. Potremmo parlarne per giorni. In sintesi, la crisi della biodiversità è causa ed effetto della crisi climatica da noi attivata.
Questo complesso meccanismo sta pertanto incidendo non solo sull’aspetto qualitativo degli ecosistemi ma sui loro funzionamenti; come detto l’estinzione di una singola specie determina per effetto domino l’estinzione o la difficoltà di riproduzione di un’altra (come ad esempio il caso di piante in cui estinguendosi il loro unico impollinatore sono destinate a scomparire).
In tal modo la mancanza di scambio energetico e di informazione tra le due specie determina una diminuzione di efficienza del Sistema Dissipativo ed un aumento dell’Entropia del sistema, il che equivale ad un aumento del calore immesso nel sistema. Fisica docet.
Uno degli esempi più lampanti è quello degli uccelli migratori.
Questi, ogni anno, devono mantenere una promessa: tornare a nidificare nel luogo in cui sono nati. Arrivare nel posto giusto e al momento giusto per loro è di vitale importanza. Le specie che nidificano in Europa trascorrono l’inverno principalmente in Africa e ogni primavera tornano qui dopo un viaggio di migliaia di chilometri, attraversando tre grandi barriere ecologiche: il deserto del Sahara, il Mediterraneo e le Alpi. Devono arrivare in tempo per godere a pieno della primavera, periodo in cui ci sono più ore di luce per svolgere tutte le attività necessarie (conquistare un territorio, un partner, costruire il nido, allevare una o più covate) e in cui c’è la massima disponibilità alimentare (per lo più insetti o le loro larve) per crescere la prole. In migliaia di anni si è evoluta una sincronia perfetta tra l’arrivo dei migratori, la schiusa delle loro covate, e il picco di disponibilità alimentare. Alcuni uccelli, per la loro precisione nelle date di arrivo in Europa, sono chiamati “uccelli calendario”. Ma oggi i cambiamenti climatici stanno spezzando questa sincronia, che non è più perfetta.
Si stima che in Europa il picco di disponibilità alimentare in primavera si stia anticipando tra i 9 e i 20 giorni: gli uccelli migratori, di conseguenza, stanno cercando di arrivare a loro volta in anticipo a destinazione. Molte specie stanno riducendo la durata delle soste durante il viaggio di circa il 20%, soste che però servono per riposarsi e rifocillarsi, per ricostituire le riserve energetiche prima di continuare il viaggio. Quindi rischiano di più per guadagnare tempo e arrivare prima, ma l’anticipo che riescono a guadagnare è di circa una settimana: troppo poco. Dovrebbero ridurre la durata delle soste del 50% per anticiparsi di 9 giorni, e del 100% per guadagnarne 20. Insomma qualcosa di impossibile per piccoli passeriformi che pesano tra i 10 e i 20 grammi e viaggiano per 15.000 km in primavera e altrettanti in autunno.
Anche in autunno, quando dovrebbero migrare verso sud, spesso si trattengono ancora in Europa, ritardando la loro partenza.
Tale complesso meccanismo sta portando alla diminuzione delle popolazioni, spesso stremate dallo stress aggiuntivo o, addirittura, alla loro prossima estinzione e, tutto ciò, come detto sta facendo collassare i Sistemi Dissipativi (gli ecosistemi) che dissipano male e fanno sì che la radiazione solare non trovi più le adeguate Strutture Ecologiche per poter essere trasformata in energia accumulata (biomassa, servizi ecosistemici, sistemi informativi naturali, ecc.).
Purtroppo negli ultimi tempi si sta diffondendo una reazione mediatica alla veridicità del riscaldamento globale come se questo fosse voluto da millantate cospirazioni di gruppi interessati per poter gestire al meglio questa “fantomatica” emergenza.
È necessario comprendere che così come esistiamo lo dobbiamo alla perfetta “casualità” di alcune costanti universali la cui variazione di solo lo 0,000001 % avrebbe negato le condizioni perché l’universo esistesse così come lo conosciamo; allo stesso modo una variazione infinitesima delle dinamiche antropiche sui sistemi ecologici può determinare un effetto domino sulla natura procurando oltre il 5% quel fattore di incidenza sul riscaldamento globale, determinando quelli che gli scienziati chiamano oramai Tsunami Ecologici.
Purtroppo la materia meteorologica ed ecologica è materia complessa e tutti coloro che la banalizzano o la semplificano, dando sentenze superficiali, non fanno buon gioco affinché la Politica prenda le decisioni più corrette. Il tempo non è nostro alleato il buon senso sì.
Guido Bissanti