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Rio delle Amazzoni

Rio delle Amazzoni

Il Rio delle Amazzoni è il fiume più lungo del mondo ed anche il primo per portata d’acqua.
Questo fiume che scorre nell’America meridionale, nasce nel Nevado Mismi a 5.600 metri sul livello del mare nel dipartimento di Arequipa, in Perù, attraversa il Perù, la Colombia e il Brasile e sfocia, con un gigantesco estuario largo più di 200 km, nell’oceano Atlantico dopo aver attraversato da ovest a est una vasta area geografica definita bacino dell’Amazzonia, comprendente la foresta amazzonica.

Etimologia
L’origine del nome di questo fiume non è certa; pare che il nome si possa ricondurre al fatto che gli scopritori, alla guida di Francisco de Orellana avrebbero visto donne guerriere indigene e che avrebbero perciò chiamato il fiume su ispirazione delle amazzoni. Secondo altri autori si pensa che uno dei popoli indigeni avesse un nome simile e che in caratteri latini sarebbe stato traslitterato con Amazonas. Altri ancora vedono nel sostantivo Amassunú, con cui si pensa che i Tupi abbiano caratterizzato il fiume, l’origine del nome attuale. Infine, secondo altri ancora, sarebbero le parole indiane amazonassa, amacunu per “rumore dell’acqua”, come lo chiamavano gli indiani del corso superiore, o Amassonas per “disturbatore delle navi”, come gli indiani lo chiamavano all’altezza del Rio Negro.

Caratteristiche Geografiche –
Il Rio delle Amazzoni, oltre ad essere il più lungo del mondo, è quello che taglia trasversalmente quasi un intero continente (l’America meridionale), attraversando il Perú, la Colombia e il Brasile prima di sfociare nell’oceano Atlantico.
Come detto nasce nel Nevado Mismi a 5600 metri sul livello del mare (Dipartimento di Arequipa, Perú). Inizialmente viene denominato Apurimac e più a valle viene chiamato Ene. Quindi assume la denominazione di Rio Tambo. Quando il Tambo si unisce al Rio Urubamba, il fiume viene chiamato Ucayali.
Alla confluenza di quest’ultimo con il fiume Marañón assume la denominazione di Rio delle Amazzoni. Dalla frontiera Colombia-Brasile il fiume viene chiamato dai Brasiliani “Solimões” (per il tratto fino alla confluenza con il Rio Negro).
Passato questo tratto prende dai Brasiliani anche la denominazione di “Rio Amazonas”. Considerando la sorgente più lontana dal mare, appunto il Rio Apurimac, il Rio delle Amazzoni è il corso d’acqua più lungo del mondo, 6937 chilometri.
Il Rio delle Amazzoni, oltre ad essere il più lungo fiume del mondo è anche il più grande per volume d’acqua, numero di affluenti e bacino idrografico (6.915.000 km2); basti pensare che in esso sfociano circa 10.000 fiumi, di cui ben 18 hanno una lunghezza superiore a 1.000 km.
È interessante notare che il Rio delle Amazzoni risente notevolmente della stagionalità.
Nei periodi di maggiori quantità di acqua esso può tracimare nelle foreste confinanti fino a 100 km di distanza. L’allagamento delle foreste colpite crea la Vàrzea, un ecosistema unico al mondo. Nell’area della foce del Rio delle Amazzoni si trova l’isola fluviomarina di Marajò. Se si include quest’isola di grandi dimensioni (49.000 km2) insieme ai fiumi che sfociano a sud di questa (in particolare il Tocantins) l’estuario del Rio delle Amazzoni ha un’ampiezza di parecchie centinaia di chilometri. Attraversa da ovest a est un’area geografica definita Bacino dell’Amazzonia.
Una tesi ardita suppone che la direzione del Rio delle Amazzoni sia dovuta alla sua formazione antecedente la deriva dei continenti e che il grande fiume sia quindi nato, originariamente, in Ciad. Ma non c’è bisogno di questo per collegare il Brasile all’Africa e le due tradizioni lusofone.

Note Storiche –
La storia del bacino del Rio delle Amazzoni si perde nella notte dei tempi, caratterizzata dalla presenza di tribù o popolazioni vere e proprie che vennero poi estromesse gradualmente dai loro territori, a partire soprattutto dalla scoperta degli europei.
La storia del Rio delle Amazzoni è radicata nel mito, nelle lingue diverse, nella vita delle 190 tribù indigene, nelle vicende dei garimpeiros (i cercatori d’oro), nel ciclo del caucciù che ha fatto la fortuna e la caduta delle città lungo il fiume.
La storia successiva all’arrivo dei colonizzatori europei ci dice che la foce del Rio delle Amazzoni venne scoperta dagli Italiani tra il 1499 e il 1500: l’esploratore fiorentino Amerigo Vespucci e il marinaio Vicente Yáñez Pinzón vi giunsero quasi contemporaneamente con le loro navi, indi per cui Vespucci è solito esserne considerato lo scopritore.
Francisco de Orellana fu il primo europeo a navigare il fiume tra il 1541 e il 1542 dalla fonte del Napo in Ecuador fino alla foce nell’Atlantico, partecipando alla spedizione di Gonzalo Pizarro, ma in realtà alla ricerca della leggendaria El Dorado: per questo motivo per lungo tempo il Rio delle Amazzoni fu chiamato Rio Orellana.
Il 12 febbraio 1542 Orellana e Pizarro scoprirono la sorgente del Marañón, il ramo sorgivo più breve; dall’ottobre del 1637 fino all’agosto del 1638 Pedro de Teixeira ripercorse il Rio delle Amazzoni verso monte fino alla fonte del Napo.
Solo nel 1971 la fonte dell’Ucayali venne scoperta dallo statunitense Loren McIntrye e nel 2001 venne stabilita la fonte dell’Apurímac come fonte del Rio delle Amazzoni dalla National Geographic Society, al punto che i dati della lunghezza allora in vigore per il Rio delle Amazzoni dovettero essere riveduti.
Fu Padre Samuel Fritz, un missionario gesuita tedesco, il primo a cartografare il fiume nel 1707.

Bacino del Rio delle Amazzoni

Ecosistema –
Si stima che circa il 60% di tutte le specie del pianeta viva proprio nella foresta pluviale amazzonica e che il 30% di queste specie sia ancora sconosciuto alla comunità scientifica.
La regione dell’Amazzonia possiede una delle più ricche biodiversità della Terra.
Il Rio delle Amazzoni è la base di uno degli ecosistemi più diversificati. È la casa di milioni di specie di animali e piante, molte ancora da scoprire.
Il Rio delle Amazzoni si è originato circa 10 milioni di anni fa. L’evoluzione della flora e della fauna della regione amazzonica, tuttavia, va fatto risalire a prima. Quando il movimento delle placche tettoniche originò la catena montuosa delle Ande, ben 20 milioni di anni fa.
Ciò è confermato da uno studio realizzato dal gruppo internazionale del Consiglio superiore per la ricerca Scientifica (CSIC). Si è lavorato per formulare nuove teorie utili a spiegare la complessità e l’origine della ricchezza biologica dell’Amazzonia.
Ricordiamo che, con il termine Amazzonia, viene definita una vasta regione che comprende la parte centrale e settentrionale del Sud America e include la foresta tropicale del bacino amazzonico. La sua estensione è di 7 milioni di chilometri quadrati.
L’Amazzonia si trova nella cosiddetta zona di convergenza intertropicale, una regione in cui gli alisei dell’emisfero settentrionale convergono con quelli dell’emisfero australe.
La particolare posizione e l’azione della Natura sono responsabili del clima tropicale dell’Amazzonia. Non a caso, è caratterizzato da abbondanti piogge, umidità e alte temperature. Inoltre, il terreno è molto fertile e ideale perché abbondi la vita.
Tra i milioni di creature viventi che si possono trovare in questa regione, ci possono essere fino a 2.500 tipi di pesci, 3.500 tipi di alberi e 300 specie di rettili, tra cui serpenti e lucertole.
Secondo il coordinatore delle Organizzazioni Indigene del bacino amazzonico (COICA, il suo acronimo in inglese), circa il 9% della popolazione umana del Rio delle Amazzoni è ancora composto da popolazioni indigene. Ancora oggi, sono presenti circa 350 gruppi etnici diversi.
Tuttavia, la ricchezza dell’Amazzonia comincia a essere danneggiata dalle attività umane. A metà del secolo scorso, l’Amazzonia ha perso il 17% della copertura di alberi.
Lo sfruttamento economico che causa questa perdita di vegetazione colpisce sia la flora che la fauna della regione, e rischia di destabilizzare le dinamiche di ciò che molti chiamano il “polmone della Terra”.
L’importanza della vita che circonda e accompagna il Rio delle Amazzoni risiede nella sua capacità di regolare sia la temperatura che l’umidità, due elementi strettamente legati ai cicli dell’acqua. Parliamo dell’insieme dei fenomeni di flusso e circolazione dell’acqua all’interno dell’idrosfera.

Flora –
La foresta amazzonica è una foresta pluviale che si trova prevalentemente in Brasile. L’Amazzonia occupa una superficie molto estesa che può essere paragonata al 42% del continente europeo e che comprende il territorio dalle Ande fino all’Atlantico. Il territorio si caratterizza per una flora ricca e prosperosa che ospita:
La foresta ha un sottobosco sviluppato e fitto che rende l’ambiente amazzonico maggiormente in penombra,in umidità. L’ecosistema amazzonico si caratterizza per la presenza di 750 specie differenti di alberi.
Il terreno amazzonico è povero e vive di un equilibrio estremamente delicato, ne sono stati la prova alcuni esperimenti di creazione di piantagioni in quelle aree che si sono rivelati dei fallimenti. Tra questi ultimi si possono ricordare le piantagioni di alberi di caucciù della Ford negli anni ’20 e le piantagioni di legno pregiato.
Secondo uno studio condotto da biologi e ambientalisti, l’Amazzonia ospita circa 390 miliardi di alberi e 16.000 diverse specie di questi arbusti – ovviamente calcolati su base statistica. Come ben sappiamo l’Amazzonia detiene fino al 17% delle riserve mondiali di carbonio terrestre, ma non tutti gli alberi della foresta sono importanti allo stesso modo.
Secondo una passata ricerca pubblicata sulla rivista Nature Communications, solo l’1% delle specie arboree amazzoniche è responsabile del 50% dello stoccaggio del carbonio della foresta. Proprio recentemente, purtroppo, il tasso di deforestazione della foresta pluviale ha raggiunto il livello più alto da 15 anni.
Non solo. La distruzione dell’ambiente in questa zona potrebbe portare all’estinzione di oltre 10.000 specie di piante e animali. Il 18% del bacino amazzonico è già stato deforestato, mentre un altro 17% è stato degradato. Insomma, l’Amazzonia ospita ben 390 miliardi di alberi, ma ogni giorno questo numero si riduce sempre di più… per colpa nostra.

Fauna –
Nel bacino del Rio delle Amazzoni possiamo la fauna ittica di acque dolci più diversificata del mondo, con più di 1.000 specie conosciute e quasi tutti i maggiori gruppi rappresentati: tale ricchissima fauna ittica offre così grosse possibilità a predatori come la lontra gigante (Pteronura brasiliensis). Vi si possono trovare uno squalo capace di vivere fino ad alcuni anni in acque dolci (genere Carcharhinus), osservato anche a 4.000 km dalla foce, e alcuni trigoni d’acqua dolce (famiglia Potamotrygonidae). Oppure, tra i pesci ossei, i famosi piccoli pesci accetta (famiglia Gasteropelecidae), o i Cynodontidae, entrambi rassomiglianti a certi pesci marini di profondità. Caratteristici e famosi i piranha: in realtà la fama di terribili predatori che evoca questo nome è dovuta interamente a poche specie della famiglia Characidae appartenenti al genere Pygocentrus, tra i pochissimi pesci ossei predatori di gruppo, Pygocentrus nattereri e Pygocentrus piraya. Altre specie di piranha, cioè della stessa famiglia, sono invece parassite di altri pesci, o addirittura «miti» vegetariani.
I gimnoti, o pesci elettrici, sono capaci di emettere scariche elettriche potentissime (fino a 550 volts, per una potenza di oltre 1 kilowatt) che sembra vengano utilizzate come sistemi di comunicazione e di elettrolocazione di prede o ostacoli. Sono noti casi di uomini uccisi dalle scariche dell’Electrophorus electricus detto «temblador» dai locali.
Alcuni rappresentanti di questa straordinaria fauna come i delfini d’acqua dolce, gli anaconda, i caimani e il manato sono estremamente popolari, eppure a tutt’oggi relativamente poco si sa sulla loro biologia.
Il manato senza unghie (Trichechus inunguis) è un mammifero sirenide affine alle due altre specie di manati o lamantini (Trichechus manatus e Trichechus senegalensis), endemico del bacino amazzonico, caratteristicamente privo di unghie. Erbivoro, è come tutti i sirenidi legato alle fanerogame acquatiche per l’alimentazione.
I cetacei sono rappresentati da due specie di delfini: l’Inia geoffrensis (il cosiddetto boto) e la Sotalia fluviatilis (il tucuxi). L’Inia appartiene a una famiglia tipicamente di acque dolci (Iniidae), raggiunge una lunghezza di 2 metri e mezzo e un peso di circa 160 kg. La Sotalia è un membro dei Delphinidae, che sono prevalentemente e classicamente marini; non supera di solito il metro e mezzo di lunghezza e i 50-60 kg di peso. Boto e tucuxi vivono spesso nelle stesse zone, e a volte pescano insieme: sembra comunque che si spartiscano le risorse operando a livelli differenti, con l’Inia che pesca sul fondo e la Sotalia nelle acque più superficiali.
L’anaconda (Eunectes murinus, il sucurì dei locali) è il più grande serpente del bacino amazzonico, raggiungendo i 12-14 metri di lunghezza.
La curiosa mata mata (Chelus fimbriatus) è assai ricercata come alimento prelibato dai locali: è una tartaruga molto particolare, con un lungo collo provvisto di appendici frastagliate che oltre a servirle per mimetizzarsi con il fondo, sono usate per attirare le sue prede, in particolare piccoli pesci.

Azioni di Salvaguardia Ambientale –
Attualmente, la foresta amazzonica sta risentendo molto di alcuni insediamenti in cui si stanno distruggendo parti molto vaste di esse. In questi casi si parla di deforestazione, ovvero il processo di abbattimento di alberi per fini commerciali e per sfruttare il terreno.
Per questo motivo gli ecologisti e gli ambientalisti si stanno battendo molto. Il governo brasiliano non sembra però voler dare importanza a questi dissensi e anzi ha accusato più volte gli ambientalisti di interferire con gli interessi economici del Brasile. Il governo, poiché indebitato con molti paesi, sta cercando di attuare una politica di sviluppo economico molto forte. La deforestazione, però, sta aumentando sempre di più attraverso distruzioni violente,come per esempio gli incendi provocati da agricoltori e allevatori.
A causa di ciò, molte popolazioni indigene si vedono spesso costrette a fuggire e a lasciare la propria terra. Moltissime tribù amazzoniche stanno scomparendo, insieme alla loro cultura e alla loro casa. Gli studiosi spiegano che la distruzione di questo ecosistema che è la foresta Amazzonica porta sempre più a danni gravissimi al nostro pianeta. Infatti, precedentemente gli inizi della deforestazione, questa foresta forniva la metà dell’ossigeno del pianeta grazie alla presenza di alberi e della loro fotosintesi clorofilliana. Gli esperti ritengono che questo fenomeno di abbattimento della foresta acceleri il surriscaldamento globale. Solo il 30% delle superfici del pianeta è ancora occupato da foreste.
Ovviamente, per dare fine alle deforestazione è importante ottenere il supporto e l’aiuto dei governi che sono impiegati in questo omicidio. “Dire basta alla deforestazione” è tuttavia possibile, basti pensare all’agricoltura sostenibile. Nel 1992 si è tenuta la Conferenza di Rio sull’ambiente che ha varato il GFS, ovvero un sistema di gestione della foresta maggiormente sostenibile e ambientalista. Da ciò sono state create molte organizzazioni che operano in questo campo al fine di preservare l’ambiente e le foreste.

Guido Bissanti




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