Biodiversità Europea – Urge una Cultura Politica Verde
Biodiversità Europea – Urge una Cultura Politica Verde
Se da anni sosteniamo che le politiche Internazionali e Nazionali per la protezione dell’ambiente non sono efficaci non lo facciamo per una mera esercitazione linguistica o per puro sensazionalismo.
Alla base di queste grida di allerta e di ripetute sollecitazioni ci sono, per molti di noi, anni di ricerca, di analisi, di valutazione ma, soprattutto, di lettura in sistema di una serie di dati, forniti da Istituti di Ricerca ed Agenzie nazionali ed internazionali.
Che sia emergenza biodiversità è oramai dato, purtroppo, consolidato ma che sia emergenza tenuta, prima sociale e poi politica ed economica dell’intero pianeta, lo è molto meno, anzi si avverte anche la sgradevole sensazione che parlarne crei un certo fastidio a chi ci ascolta.
Senza entrare nelle complesse, ma anche semplici correlazioni, tra ricchezza del patrimonio della biodiversità e benessere (anche economico) della società, ci è doveroso però affermare che si assiste ad una dicotomia tra il mondo virtuoso degli uomini di buona volontà della Ricerca e della Scienza e quello, fin troppo preoccupato dei consensi degli uomini della Politica.
Ovviamente l’esercizio della generalizzazione equivale a sparare sulla Croce Rossa: come in tutte le percentuali della società esistono Donne e Uomini della Politica che si preoccupano, ed anche con attività concrete, di attivare processi governativi virtuosi.
La sensazione è però che il linguaggio Verde della Politica sia troppo lontano da valide percentuali di attivazione e, come nella Legge di Azione di Massa della fisica, se non si supera una certa percentuale l’orizzonte sarà sempre più buio.
La necessità di questa necessaria ed impellente inversione dell’azione politica è percepibile, a chiare note, nei linguaggi programmatici degli uomini di governo, nel modello finanziario mondiale, ancora lanciato verso una pericolosissima deriva di non ritorno e verso una sonnolenza delle coscienze che ritengono ancora che la politica sia quelle del proprio cortile: errore tanto grossolano quanto di effetti futuri devastanti.
Non è bastato l’allarme lanciato negli ultimi tempi da varie Agenzie per far invertire ancora questa tendenza; non è bastata l’emergenza COVD-19, effetto di questo fenomeno, ad evidenziare come il nostro sistema ecologico – sociale – politico – economico e finanziario sia un tutto uno. Come nella meccanica quantistica anche questi apparenti comparti sono collegati da un corrispettivo entanglement quantistico, o correlazione quantistica, cioè di quel fenomeno, privo di analogo classico, per cui due o più sistemi fisici rappresentano sottosistemi di un sistema più ampio, il cui stato quantico non è descrivibile singolarmente, ma solo come sovrapposizione di più stati.
Così come nell’entanglement quantistico non ci si rende conto che la complessità del mondo è in effetti una unicità.
Così il pericolo di estinzione della biodiversità riguarda oramai tutto: alberi, insetti, molluschi, pesci e rettili, stanno scomparendo con una progressione geometrica, cosa che rende necessari dei cambiamenti sostanziali nelle politiche relative all’uso del territorio, al controllo dell’urbanizzazione, alla gestione delle aree semi-naturali e così via.
Secondo la Lista Rossa degli alberi, elaborata dall’IUCN alla fine dello scorso anno, il 58% delle specie endemiche è sotto minaccia, con effetti a cascata sulla biodiversità europea.
Secondo questo report, sulla biodiversità europea, prodotto dall’IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura), il 42% delle 454 specie arboree del territorio europeo rischia di scomparire ed in tempi più brevi di quanto si possa pensare.
Tra i dati presentati dall’IUCN particolarmente preoccupante è quello sulle varietà e specie endemiche, che vede il 58% degli alberi in uno stato di minaccia e il 15% in pericolo di estinzione. Il rischio maggiore per la biodiversità delle specie arboree non dipende solo da parassiti e malattie, ma soprattutto dalla presenza di piante introdotte dall’uomo nel corso degli anni, che oggi competono con gli alberi autoctoni.
Per di più, e qui l’emtaglement è più evidente, dallo stato di salute degli alberi dipende anche la vita di molti animali, tra cui i molluschi terresti (come chiocciole e lumache) e di acqua dolce, fondamentali per le loro funzioni ecologiche. Essi, infatti, svolgono un ruolo chiave nella rigenerazione del suolo e nel riciclaggio dei nutrienti negli ecosistemi naturali, rappresentando inoltre un’importante fonte di cibo per uccelli, mammiferi e invertebrati.
Per capire come alcune specie, non “interessanti” dal punto di vista politico, siano invece essenziali per la nostra futura esistenza, c’è da dire come anfibi, rettili e pesci – il cui stato di salute non era finora mai stato valutato in Europa – il report dell’IUCN sul rischio di estinzione dei molluschi terrestri in Europa mostra che oltre un quinto di queste specie (di cui il 92% è endemico) è minacciato di estinzione. In questo caso, le principali minacce derivano dalla distruzione delle aree naturali d’Europa, nonché da un modello agricolo altamente impattante e dal cambiamento climatico.
A questo punto la domanda è: stiamo aspettando altri tragici eventi, dopo la pandemia da COVID-19 per capire quanto sia necessaria una inversione di cultura politica o possiamo iniziare sin da adesso a cambiarne il linguaggio?
La risposta è che dobbiamo iniziare a prendere cle distanze da quanti, di qualunque colore e fazione politica e di qualunque persona della strada non usi un linguaggio ed un’attenzione “Verde”.
Di demagogia, di “sport” della critica di tutto e tutti, di linguaggi non costruttivi, ne abbiamo fin sopra i capelli.
Adesso è il momento di una nuova visione dell’Economia, dove l’azione, a partire dai singoli cittadini fino alle persone di Governo sia protesa ad avviare un nuovo cammino per una Ecologia Integrale della Vita; con buona pace di quella Enciclica, tanto voluta, ed ancora non capita, Laudato sì, di Papa Francesco.
Guido Bissanti