Strategia dell’UE per la biodiversità fino al 2030
Strategia dell’UE per la biodiversità fino al 2030
L’Unione Europea, come altre nazioni della terra, ha compreso come in questa direzione, cioè quella legata al modello economico attuale non si va più da nessuna parte.
La perdita di biodiversità, di habitat, di risorse naturali e rinnovabili procede con un ritmo impressionante senza che tale questione entri concretamente nel vero dibattito economico politico.
È oramai sempre più evidente come la biodiversità sia alla base del benessere umano; la questione è che attualmente è sottoposta a enormi pressioni da parte delle attività dell’uomo; pressioni non governate o mal governate.
L’iniziativa sulla Strategia dell’UE per la biodiversità fino al 2030 da un indirizzo netto e chiaro delle ambizioni dell’UE per il quadro mondiale post-2020. Una iniziativa che sarà adottata nell’ottobre 2020 alla conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, in programma a Kunming, in Cina.
In estrema sintesi, in questa iniziativa, l’Unione Europea si impegna a:
– limitare la perdita di biodiversità;
– preservare e ripristinare gli ecosistemi.
L’UE intende dare l’esempio nei negoziati condotti su scala mondiale per arrestare la perdita di biodiversità e salvaguardare gli ecosistemi.
La Commissione l’ha adottato il 20 maggio 2020, giornata mondiale delle Api, in parallelo con “Farm to Fork”, la strategia dedicata a rendere più sostenibile il settore agroalimentare.
Entrambi i programmi rientrano nel pacchetto di iniziative promosse con il Green Deal di Ursula von Der Leyen.
Ambedue i programmi intendono implementare un modello di equilibrio tra attività umane e ambiente naturale.
La recente pandemia da COVD-19, che da molti viene individuata come un’acceleratrice di processo, ha messo a nudo la fragilità di un modello economico liberista e senza regole ecologiche destinato a morire.
La nuova strategia sulla biodiversità mira a ripristinare il patrimonio biologico in Europa entro il 2030, migliorando l’attuazione della normativa vigente e definendo nuovi impegni, misure, obiettivi e meccanismi di governance.
Questa strategia si pone, tra gli altri, quella della trasformazione di almeno il 30% delle terre e dei mari d’Europa in aree protette gestite efficacemente.
L’obiettivo è quello di prendere a modello quello sulle aree Natura 2000 esistenti, integrandole con zone protette a livello nazionale.
Tra gli altri obiettivi c’è poi quello di ripristinare ecosistemi degradati, per varie pressioni, che versano in condizioni sempre più precarie; anche qui l’intento è quello di ridurre le pressioni che interferiscono sulla biodiversità e quindi sulla perdita degli habitat.
Per ottenere questo obiettivo è necessario però entrare nel merito di un nuovo ordinamento giuridico e di target vincolanti, senza i quali si rischia i fallimenti già noti, di precedenti iniziative in materia.
Nella Strategia per la biodiversità fino al 2030, l’Unione Europea intende:
– migliorare lo stato di conservazione di almeno il 30% degli habitat e delle specie UE il cui stato non è oggi soddisfacente;
– recuperare almeno 25.000 km di fiumi a scorrimento libero;
– arrestare e invertire il declino degli uccelli e degli insetti presenti sui terreni agricoli, in particolare gli impollinatori;
– ridurre l’uso e i rischi dei pesticidi chimici in genere, dimezzando quali più pericolosi;
– adibire almeno il 25% dei terreni coltivabili all’agricoltura biologica, migliorando la diffusione delle pratiche agroecologiche;
– ridurre di almeno il 20% l’uso di fertilizzanti;
– piantare almeno 3 miliardi di alberi, nel pieno rispetto dei principi ecologici, e proteggere le foreste primarie e antiche ancora esistenti;
– evitare le “catture accessorie” di specie protette o ridurle a un livello che consenta il pieno recupero delle popolazioni.
La strategia prevede un finanziamento di 20 miliardi l’anno tra fondi Ue, nazionali e privati. Le comunicazioni, che aprono la strada anche all’utilizzo delle nuove biotecnologie in campo, non sono vincolanti ma indicano le linee guida per futuri atti legislativi da concordare con Consiglio e Parlamento europeo.
Come al solito però ci sentiamo di fare un appunto a tutto questo, non in termini di critica, in quanto si tratta di una strategia di assoluto rispetto e profondità di visione ma al legame oggi esistente tra gli indirizzi dell’Unione Europea e le politiche degli Stati membri.
Se alla Strategia dell’UE per la biodiversità fino al 2030, che prevede un grande sforzo finanziario e di energie, il dibattito sul valore patrimoniale della biodiversità, delle sue ricadute sia in termini di salute dei cittadini che dell’ambiente, non entrerà nelle aule dei Parlamenti, assisteremo, come al solito, ad una Europa a più velocità ed a politiche sovrapposte, spesso divergenti e poco efficienti.
In questo senso è opportuno che un’altra parte, forse anche più importante, venga fatta dal sistema economico-finanziario. È necessario che il sistema bancario e fonanziario cambi i suoi algoritmi di valutazione uscendo dalla gestione di una ricchezza e di una moneta notevolmente disancorata da tali visioni e strategie.
Per farla breve, se non si rivedono le regole stabilite dagli accordi di Bretton Woods, dove di fatto è stato definito un sistema di regole e procedure per controllare la politica monetaria internazionale, in nuovi termini di sostenibilità delle emissioni delle valute e dei sistemi finanziari mondiali, rischiamo di attuare interessanti programmi ma senza le gambe di una economia sostenibile.
Quella Economia Ecologica e Sociale, richiamata da molti economisti e fondamento dell’Enciclica Laudato sì di Papa Francesco, senza la quale non può la mano destra indicare direzioni che sono opposte a quelle della mano sinistra.
Si rischia di dilaniare definitivamente il debole corpo degli Stati Moderni.
Guido Bissanti
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