Rubus fruticosus
Rubus fruticosus
Il rovo comune (Rubus fruticosus L.) è una specie arbustiva appartenente alla famiglia delle Rosacee.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Ordine Rosales, Famiglia Rosaceae, Sottofamiglia Rosoideae e quindi al Genere Rubus ed alla Specie R. fruticosus.
È sinonimo il termine: Rubus trivialis Andr. Mich..
Etimologia –
Il termine Rubus viene da rúbeo essere rosso: in riferimento al colore dei frutti immaturi di rovo.
L’epiteto specifico fruticosus è dovuto al fatto che questa pianta è ricca di germogli, vedi appunto frutice nel dizionario botanico.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il Rubus fruticosus è una pianta originaria dell’Eurasia, anche se altri autori la collocano nell’Africa meridionale. Oggi è una specie comune in Europa e in Asia ed introdotta anche in Nord America.
In Italia è una pianta comune ed il suo habitat è quello dei boschi umidi, al margine delle foreste, nelle radure e nelle siepi, dove predilige suoli ricchi di nutrienti, debolmente acidi e cresce fino a 1700 m s.l.m..
Descrizione –
Il rovo comune è una pianta arbustiva spinosa che può raggiungere i 2–3 m di altezza ed altrettanto in larghezza per la presenza dei lunghissimi getti che annualmente si sviluppano dalle radici.
Le foglie sono decidue, composte da 3-5 foglioline, con lamina ovata o obovata e margini seghettati e spinosi e apice acuto.
I fiori sono ermafroditi, di colore biancastro o rosato e raggruppati in infiorescenze a racemo.
L’antesi avviene intorno al mese di giugno.
I frutti sono delle piccole drupe raggruppate, di colore rosso nelle prime fasi di crescita e successivamente nere a maturazione.
La maturazione dei frutti si ha a partire dal mese di agosto.
Coltivazione –
Anche se il rovo comune è una specie spontanea ed, in certe condizioni, infestante è una pianta che può essere coltivata per la produzione dei frutti.
La messa a dimora viene fatta in genere a fine inverno. In questo periodo, prima dell’impianto, bisogna effettuare una vangatura a 30-40 cm di profondità ed eseguire una concimazione con letame maturo (500 q/ha). I sesti d’impianto sulla fila sono di 1-1,5 m, mentre tra le file sono necessari almeno 2,5-3 m permettendo il passaggio dei mezzi e lo sviluppo dei polloni nell’interfila. Sulla fila si utilizza la pacciamatura con film plastico nero per prevenire il problema delle erbe infestanti; durante la stagione il telo va tagliato lungo la fila per favorire l’emissione dei polloni dalla base o dalla radice delle piante.
Le forme d’allevamento normalmente adottate sono a controspalliera, con l’ausilio di pali e fili in quanto i tralci necessitano di legature. La potatura si effettua nel tardo autunno o inverno, tagliando i tralci vecchi che hanno già prodotto e lasciando i polloni nuovi per l’anno successivo, raccorciandoli al massimo 3 m e diradando quelli in eccesso. Il rovo, essendo una pianta molto rustica, non necessita di concimazioni. L’irrigazione va praticata in caso di terreni molto leggeri o qualora si verificassero prolungati periodi di siccità, la massima richiesta idrica è in corrispondenza dell’ingrossamento dei frutti; irrigazioni esagerate portano ad un eccessivo rigoglio vegetativo con ottenimento di more troppo acquose.
La raccolta è scalare per cui è effettuata a più riprese, a distanza di 4-5 giorni; vengono depositate in piccoli contenitori di cartone o di plastica dentro i quali saranno commercializzate per il consumo fresco. Le more devono essere completamente mature staccandosi con facilità; i frutti troppo maturi risultano eccessivamente molli sotto la pressione delle dita quindi vanno scartati, mentre se mostrano una certa resistenza alla trazione si considerano ancora immaturi, nonostante la completa colorazione.
Usi e Tradizioni –
Il Rubus fruticosus, i cui frutti sono chiamati comunemente more, è una pianta utilizzata da tempi remoti e Virgilio così ne scrive: “è tempo di intessere canestri leggeri con virgulti di rovo”. Narra la leggenda che Satana, cacciato dai cieli, precipitò in un boschetto di rovi. Era l’11 ottobre, ed ogni anno in tal giorno il maledetto esce dall’inferno, e torna sulla terra per scagliare la sua maledizione contro il pungente cespuglio. Da questo momento le more non sono buone, perdono il sapore, si coprono di ragnatele e di muffa. Se volete quindi andare a raccogliere more, fatelo per tempo, perché non c’è gita che diverta di più, che renda allegri e felici.
Frutto sacro a Saturno, maltrattato dal linguaggio dei fiori che gli attribuisce l’invidia, uno dei peccati capitali, il rovo è amato dai poeti, che lo ritengono degno di adornare il regno dei cieli. Cresce nei luoghi assolati e polverosi, non gli importa di avere vicini calcinacci, desolazione e rovine. I contadini non lo amano perché è infestante, e dicono: “Concedetegli uno spazio e vi arriverà fino in camera”.
I Romani masticavano le foglie come astringente per le emorragie gengivali.
Il frutto è molto acido quando non è maturo, a volte legnoso, è eccellente solo quando è maturo.
La mora ha proprietà depurative, diuretiche, antireumatiche e dissetanti e la droga usata sono le foglie ed i frutti.
Fra le curiosità segnaliamo che:
-le more più dolci sono le prime a maturare;
-se si va per more e ci si ferisce, per fermare il sangue schiacciare qualche frutto e applicarlo in luogo.
La pianta è utilizzata anche per delimitare proprietà e poderi, con funzioni principalmente difensive, sia per le numerose e robuste spine che ricoprono i rami, sia per il fitto e tenace intrico che essi formano, creando una barriera pressoché invalicabile.
Altre funzioni delle siepi di rovo sono nella fornitura di polline e nettare per la produzione del miele spesso mono floreale, essendo una pianta mellifera, molto bottinata dalle api.
Tra i principi attivi presenti indichiamo: tannini idrolizzabili, acidi organici isocitrico, malico.
Modalità di Preparazione –
Le more del rovo comune, oltre al consumo fresco, possono essere destinate alla surgelazione, per la preparazione di sciroppi, liquori, marmellate, gelatine, torte, gelati, sorbetti, per aromatizzare l’aceto e come coloranti per alimenti.
I frutti si prestano ad essere usati per fare delle ottime marmellate che, dopo la cottura, vengono passate con il filtro per togliere i semi. È tuttavia importante sapere che la parte di zucchero non deve essere inferiore al 60%, onde evitare problematiche con il botulino (Clostridium botulinum); oppure le more vanno cotte in una padella ove si sia aggiunto il 30% di zucchero, un pizzico di vaniglia e mezzo bicchierino di rhum, cuocendo finché la marmellata non raggiunga una discreta densità. La marmellata risulta ottima sopra i dolci, panna cotta e gelato.
Con le more si può preparare inoltre un’ottima gelatina di more; per fare ciò bisogna prendere delle more mature, farle cuocere con tanta acqua da coprirle. A cottura ultimata, versare in una garza di lino e fare colare il succo. Quindi aggiungere lo zucchero nelle proporzioni di un terzo del succo stesso. Fare bollire il tutto finché non si raggiunge la consistenza desiderata.
Ottima è la grappa alle More; per prepararla bisogna versare su 250 g di more ben pulite un litro di grappa; aggiungere una scorza di limone e un pezzetto di cannella. Lasciare a macerare al sole per una ventina di giorni. Filtrare. Una buona stagionatura ne migliora il prodotto.
Infine consigliamo la preparazione del dolce di more. Bisogna impastare 250 g di farina e 150 g di zucchero con 150 g di burro tagliato a pezzi; aggiungere 2 tuorli d’uovo e un pizzico di sale. Terminato l’impasto lasciar riposare. Mettere a macerare 250 g di more nello zucchero. Aggiungere una mela affettata. Stendere la pasta in una tortiera. Disporre le fettine di mele e infornare a 180°. Dopo 15 minuti circa la cottura è ultimata: versare le more. Lasciare qualche minuto nel forno spento, ancora caldo.
Guido Bissanti
Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.