Vespa crabro
Vespa crabro
Il calabrone, conosciuto anche come aponale o cravunaro rosso (Vespa crabro Linnaeus , 1761) è un grosso imenottero della famiglia Vespidae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Animalia, Sottoregno Eumetazoa, Ramo Bilateria, Phylum Arthropoda, Subphylum Tracheata, Superclasse Hexapoda, Classe Insecta, Sottoclasse Pterygota, Coorte Endopterygota, Superordine Oligoneoptera, Sezione Hymenopteroidea, Ordine Hymenoptera, Sottordine Apocrita, Sezione Aculeata, Superfamiglia Vespoidea, Famiglia Vespidae, Sottofamiglia Vespinae e quindi al Genere Vespa ed alla Specie V. crabro.
All’interno di questa specie sono state descritte le seguenti sottospecie:
– Vespa crabro crabro Linnaeus, 1758.;
– Vespa crabro vexator Harris, 1776.;
– Vespa crabro germana Christ, 1791.;
– Vespa crabro crabroniformis Smith, 1852.;
– Vespa crabro oberthuri Buysson, 1902.;
– Vespa crabro flavofasciata Cameron,1903.;
– Vespa crabro altaica Pérez, 1910.;
– Vespa crabro caspica Pérez, 1910.;
– Vespa crabro birulai Bequaert, 1931.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il calabrone è un insetto diffusi in Italia ed Europa centrale con la sottospecie germana. Tuttavia è innegabile la coesistenza in Lombardia di varianti con i tergiti di un giallo più chiaro e altre di un giallo virante al fulvo, inoltre nelle regioni meridionali, è presente anche la congenere orientalis L. Queste due specie sono facilmente distinguibili, perchè V. orientalis ha le mandibole rosse (e non gialle come crabro), la colorazione del torace e dell’addome è più chiara di crabro e le ali presentano sfumature violacee.
Morfologia –
La Vespa crabro è la più grande vespa sociale presente in Europa, dove si riconosce per avere un corpo massiccio di colore giallo, nero e ruggine, quasi glabro.
Le zampe sono robuste e misurano da 2,5 a 3,5 cm; il pungiglione è liscio e moderatamente aggressivo (meno delle Vespe).
La regina raggiunge normalmente i 35 mm di lunghezza, e in alcuni rari casi anche i 50 mm, mentre i maschi e le operaie misurano da 20 a 25 mm. I calabroni vivono in nidi esternamente a forma di sfera, costruiti con legno impastato con la loro saliva. Le colonie sono costituite da circa 100-300 esemplari.
Attitudine e Ciclo biologico –
Il ciclo biologico della Vespa crabro inizia in primavera quando una fondatrice si sveglia dall’ibernazione iniziando a costruire delle piccole celle in un luogo riparato e difficile da individuare. Incomincia così a deporre le uova che, finché non si svilupperanno, sarà lei ad accudire. In questa fase si parla di nido primario e rappresenta il momento ottimale in nell’ambito agricolo/apistico (valutando le ovvie considerazioni di natura ecologica) per cercare di catturare la futura regina con apposite esche.
Il nido, nella fase iniziale, si presenta come una semisfera vuota rivolta verso il basso e di pochi centimetri di diametro; all’interno di questa risiedono le prime cellette, che sono delle strutture esagonali e adiacenti rivolte verso il basso, ognuna contenente una forma di sviluppo: uova, che dopo circa 5-8 giorni diventano larve.
Il nido viene realizzato in una solida fibra vegetale che viene ottenuta impastando con la saliva le fibre di legno dei rami giovani di vari alberi a corteccia morbida, fino a ottenere una pasta modellabile, che, una volta indurita, sarà solida e dall’aspetto cartaceo.
Per questo motivo i nidi della Vespa crabro hanno consistenza cartacea, sebbene siano relativamente impermeabili e molto resistenti.
Un nido di calabroni di medie dimensioni può contenere anche 5000 cellette. Nelle colonie si distinguono: la regina (l’unica che si riproduce), le operaie, i maschi e le femmine fecondabili.
Le larve per cresce impiegano un periodo di 2 o 3 settimane occupando progressivamente il volume della propria cella; queste vengono nutrite con altri insetti, prevalentemente muscoli alari, cacciati e triturati dalla regina.
Successivamente le larve mature entrano nella fase pupale, creando un tappo sericeo per chiudersi all’interno delle celle prima di trasformarsi, nell’arco di un altro paio di settimane, in vespe adulte.
Queste saranno delle operaie, femmine sterili, dedite alla cura della colonia. La prima manciata di operaie, cresciute dalla sola regina, rimane di piccole dimensioni. Infatti, prima della loro emersione, è la sola regina che le nutre ed espande il nido.
Dopo la nascita delle prime vespe operaie, gradualmente la futura regina abbandona le mansioni iniziali e si dedica alla sola deposizione delle uova. La regina, nutrita dalle operaie, andando di cella in cella, depone uova e controlla che le larve siano tutte sue figlie, diversamente le uccide.
Il compito delle operaie è quello di: nutrici, toelettatrici, foraggiatrici, guardiane, costruttrici.
La dimensione massima della colonia si avrà verso il mese di settembre, quando anche la popolazione di operaie è al suo massimo. L’attività della colonia è molto frenetica, perché una covata consistente ha bisogno di essere nutrita.
Dal momento dello sfarfallamento delle prime operaie e dal primo piano di cellette, durante il periodo estivo, la colonia cresce sempre di più.
A questo punto la fondatrice, pienamente denominabile regina, subisce un aumento del volume addominale a fronte della necessità di deporre un numero di uova sempre maggiore. Le operaie di un nido maturo in agosto possono essere dell’ordine delle centinaia.
Giunti nel periodo di fine estate – inizio autunno, la regina cessa provvisoriamente di deporre le uova per lasciare alla sua prossima covata lo spazio necessario per crescere. L’ultima covata del nido, è però particolare; infatti non darà vita ad altre operaie ma a larve di vespe aploidi maschi, nate da uova non fecondate, e a vespe di sesso femminile che svilupperanno in nuove future fondatrici causa il maggior apporto di cibo da parte delle numerose operaie e la diminuzione dei feromoni di dominanza prodotti dalla regina originale.
Arrivati all’ultima covata, nel periodo di settembre, inizia il declino del nido. Le nuove regine e i maschi, ora molto numerosi a dispetto delle operaie, a ridosso dell’inverno avviano il periodo degli accoppiamenti. Ogni femmina fertile copula con un maschio preferibilmente di un’altra colonia, dopodiché incomincia ad accumulare grasso corporeo tramite liquidi zuccherini per prepararsi ad affrontare la stagione fredda. Se tutto andrà bene, le femmine fecondate saranno le regine dell’anno successivo.
Nello stesso periodo la vecchia regina, giunta al termine della sua capacità procreativa, si allontana dal suo regno e muore di vecchiaia, attorno a settembre-ottobre. Dopo di essa, progressivamente, anche le operaie muoiono e la colonia si dirige rapidamente all’estinzione a causa del mancato ricambio generazione.
A fine stagione i maschi e l’ultima nidiata di vespe immature (larve di maschi o ultime femmine ritardatarie) possono sopravvivere sino all’arrivo dell’inverno, periodo che in ogni caso non riescono a superare.
Così, per la carenza di manodopera delle operaie, le ultime larve deperiscono per inedia, non più curate. Questa è la principale causa, assieme ai resti di cibo in decomposizione, del forte odore di marcio e ammoniaca caratteristico delle colonie mature, che si può avvertire aprendo un nido sviluppato.
Le uniche vespe che sopravvivono nel periodo invernale sono le fondatrici che sono nate poco dopo i maschi e destinate ad andare in una sorta di letargo, dal quale si risvegliano la primavera successiva, per tentare di fondare nuove colonie.
Dopo l’estinzione della colonia rimarrà l’involucro cartaceo del nido e le cellette abbandonate che, spesso vengono saccheggiate da formiche o utilizzate come rifugio invernale da altri insetti come rincoti, coccinelle o qualunque altro insetto che in fase di adulto svernante cerchi rifugio. Non di rado, alcune femmine fecondate possono passare l’inverno sul nido, assieme agli altri animali ospiti.
I calabroni, come per molti altri tipi di vespe, possono recare ingenti danni alle coltivazioni frutticole, come pere, mele, prugne e uve. Una colonia di calabroni può compromettere irrimediabilmente l’intera produzione di un melo in poco tempo, spesso erodendo solo la parte più matura del frutto per poi passare ad attaccarne un altro.
I calabroni europei sono onnivori e come tali mangiano diverse altre specie di insetti molti dei quali sono considerati infestanti e quindi in questo senso essi apportano un beneficio a giardini e coltivazioni. A ogni modo, essi risultano dannosi nella misura in cui sono soliti nutrirsi anche di api domestiche (che cercano di portare vive nel nido per darle in pasto alle larve) compromettendo la riproduzione della specie, danni alle arnie, la produzione di miele e soprattutto l’impollinazione dei fiori.
Ruolo Ecologico –
La Vespa crabro che, come detto, è il più grosso Vespide europeo.
Nel linguaggio comune col termine calabrone, vengono spesso erroneamente identificati anche l’ape legnaiola (Xylocopa violacea) e il bombo terrestre (Bombus terrestris).
I calabrone è un insetto prevalentemente carnivoro, predatore di altri insetti tra cui diverse altre specie di vespe e di api. Non disdegna però la polpa della frutta e i nettari zuccherini e ciò contribuisce a spiegare la sua sgradita diffusione in aree agricole.
Pur essendo un insetto prevalentemente diurno, svolge anche attività parzialmente notturna se attirato dalle luci artificiali che ha imparato essere altrettanto gradite a varie sue prede, e lo si può trovare attivo anche in autunno inoltrato. questo insetto, nei riguardi dell’uomo è tendenzialmente indifferente e cerca di sottrarsi con rapida fuga o nascondimento ai tentativi di abbattimento tuttavia questi insetti possono diventare molto aggressivi se messi alle strette o, come si è detto, in vicinanza del nido.
Le femmine di questo insetto sono dotate di pungiglione, le cui punture (conseguenti a una reazione difensiva dell’animale) possono essere molto dolorose per gli esseri umani e per giunta liberano feromoni che informano dell’attacco in corso gli eventuali altri calabroni in zona, talvolta provocandone l’intervento in gruppo. Come nel caso delle altre vespe e delle api, il veleno inoculato ha effetti solo locali e transitori per la maggior parte delle persone, ma può provocare nei soggetti allergici reazioni anafilattiche anche mortali.
Per quanto sopra detto i calabroni sono spesso soggetti a distruzione attraverso la demolizione dei nidi, talvolta necessarie, e quindi si presenta come una specie potenzialmente a rischio.
Per questo motivo, in alcuni paesi europei, come nel caso della Germania, una legge del 1º gennaio 1987 sancisce che incendiare dei nidi di calabrone è illegale, e comporta il rischio di incorrere in una multa.
Tuttavia nel caso in cui la presenza elevata della Vespa crabro determini particolari problemi alle api o a coltivazioni si può procedere al suo contenimento numerico. In generale la soluzione migliore è quella di individuare i nidi e segnalarli alle autorità (vigili del fuoco, assessorati all’agricoltura, all’ambiente, alla salute).
Anche le istituzioni e associazioni apistiche sono ovviamente concentrate sopratutto alla eradicazione delle Velutine o calabroni asiatici (Vespa velutina Lepeletier, 1836) ma non sottovalutano la presenza del calabrone.
Per la cattura dei calabroni si possono utilizzare alcuni tipi di trappole; queste possono essere:
– adesive (tipo vischio), auto costruite;
– per annegamento; realizzate con un contenitore per l’esca e un coperchio di vario tipo che consenta l’ingresso ma non l’uscita dell’insetto nocivo, sia già pronte in commercio, sia completamente auto costruite, sia con uno dei tappi in commercio avvitato su contenitore alimentare standard (bottiglia o vaso in vetro);
– meccaniche passive (specifiche per apicoltori), cassetti aggiuntivi alle arnie, reti, ecc.;
– luminose a ventola o griglia folgorante (come per le zanzare una lampada a luce fredda-azzurrognola attira gli insetti verso un aspiratore o una rete folgorante);
– farmacologiche (veleni): solo per interni infestati dagli insetti nocivi o soggetti a loro incursioni, da non usare all’aperto perché sostanze nocive anche per le api;
– biologiche: piante carnivore specializzate in mosche e calabroni asiatici (in fase sperimentale).
Guido Bissanti
Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Russo G., 1976. Entomologia Agraria. Parte Speciale. Liguori Editore, Napoli.
– Tremblay E., 1997. Entomologia applicata. Liguori Editore, Napoli.
Fonte foto:
– https://inaturalist-open-data.s3.amazonaws.com/photos/261347860/original.jpg
Sostituite l’immagine all’inizio dell’articolo, non so bene se sia Vespa vulgaris o V. germanica, quello di cui sono sicuro è che non è assolutamente una V. crabro
Buongiorno, grazie per la cortese segnalazione; c’era un errore nel file archivio che abbiamo prontamente corretto.