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Euphorbia dendroides

Euphorbia dendroides

L’Euforbia arborea (Euphorbia dendroides L., 1753) è una specie arbustiva appartenente alla famiglia delle Euphorbiaceae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Sottoregno Tracheobionta, Superdivisione Spermatophyta, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Sottoclasse Rosidae, Ordine Euphorbiales, Famiglia Euphorbiaceae, Sottofamiglia Euphorbioideae e quindi al Genere Euphorbia ed alla Specie E. dendroides

Etimologia –
Il termine Euphorbia proviene da “Εὔφορβος Euphorbos” Euforbo, medico greco di Giuba II re della Numidia, che – secondo Plinio – scoprì le virtù medicinali di questa pianta; il nome Euforbo deriva da ἐῧ éu bene e da φέρβω phérbo nutrire o da φορβή phorbé nutrimento: ben nutrito. Secondo la Treccani dal latino classico euphorbium/euphorbia.
L’epiteto specifico dendroides viene dal greco δένδρον déndron albero e dal greco εἷδος eídos sembianza: d’aspetto arboreo.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
L’Euforbia arborea è una pianta diffusa nel bacino del Mediterraneo ad occidente fino alle coste della Spagna mediterranea e ad oriente fino all’Egeo; è presente, inoltre, nel Nord Africa in Algeria ed in Libia, in Palestina e nelle Isole Canarie. Questa specie si è naturalizzata in Australia occidentale e nel sud della California.
In Italia è presente sulle coste tirreniche, ioniche e basso-adriatiche (Liguria, Toscana, Sardegna, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia).
L’Euforbia arborea è una essenza termofila di origine tropicale, vive in ambienti aridi e soprattutto calcarei. Prospera in ambienti litoranei aridi e soprattutto calcarei, su scogliere e rupi presso il mare, da 0 a 700 m.

Descrizione –
L’ Euphorbia dendroides si riconosce per il suo aspetto arbustivo che si sviluppa tra i 0,4 e gli 1,8 metri. Porta molti rami rigidi di color rossiccio privi di foglie nella parte basale; i rami, se strappati, secernono un lattice bianco irritante al contatto con la pelle.
Nel periodo invernale e primaverile forma dei veri e propri cuscini sferici di colore verde. Nel periodo estivo si presenta sotto forma di arbusti privi di foglie e dall’aspetto scheletrico.
Le foglie sono di forma lanceolata alterne e di colore dal verde-glauco al rossiccio, lunghe fino a 7 cm; sono disposte nella parte superiore dei rami dove rimangono dalle prime piogge autunnali sino all’inizio dell’estate, epoca in cui si colorano di rosso prima di cadere.
Le infiorescenze sono ad ombrello con brattee (piccole foglioline alla base dei fiori) di forma romboidale, composte da fiori di color giallo-oro.
L’antesi è nel periodo tra febbraio e marzo.
I frutti sono delle capsule lisce (coccario tricarpellare) di 5-6 mm che contengono dei semi appiattiti, grigi, lisci, lunghi 3 mm. Maturano tra maggio e giugno.

Coltivazione –
Per quanto riguarda la tecnica di coltivazione si ricorda che questa pianta può essere propagata sia per seme che per talea.
Per la propagazione per talea bisogna attendere il termine della fioritura, mentre per quella tramite seme durante la stagione autunnale. In natura la disseminazione è garantita da un meccanismo di apertura a scatto del frutto che proietta i semi ad una certa distanza dalla pianta madre.
La messa a dimora delle piantine va fatta in autunno, di modo che durante l’inverno le radici avranno il tempo di crescere. Prima usare delle talee bisogna ricordarsi di utilizzare dei guanti, per evitare di entrare in contatto con il lattice irritante.
Per la messa a dimora bisogna preparare delle buche che siano leggermente più grandi del panetto di terra. Tra una piantina e l’altra va lasciata la distanza pari a metà della larghezza definitiva.
Se si sceglie di procedere con la coltivazione in vaso, bisogna preparare uno strato di ghiaia da sistemare sul fondo. In questo modo si avrà il giusto drenaggio alla pianta. il substrato, in questo caso, va preparato mescolando terriccio universale con della sabbia.
Per la potatura si ricorda che non è necessario procedere con questa tecnica se non per accorciare dei rami per evitare che la pianta si estenda troppo. Questa operazione è consigliata durante il periodo autunnale.

Usi e Tradizioni –
L’ Euphorbia dendroides è una specie caratteristica della macchia e della gariga mediterranea costiera, che in tali condizioni vitali subisce il fenomeno della estivazione, cioè ha la fase vitale (produzione di foglie fiori e frutti) in inverno fino alla primavera. Quando le condizioni vitali divengono critiche per il caldo e l’arido in estate, si ha una fase di completa stasi della vegetazione, inclusa la caduta delle foglie.
Questa pianta si riproduce generalmente per impollinazione anemogama, ma esistono casi documentati anche di impollinazione zoogama da parte di insetti, nonché da parte di sauri, come la lucertola balearica Podarcis lilfordi, che visita Euphorbia dendroides per nutrirsi del suo nettare altamente concentrato.
L’Euphorbia dendroides è un “relitto terziario” che probabilmente, in un clima di tipo tropicale, era diffuso in un’area ben più vasta di quella che occupa oggi, e che sparì da molte zone con le glaciazioni dell’Era Quaternaria o Neozoica.
È l’unica specie del genere Euphorbia a portamento arbustivo presente nel bacino del Mediterraneo, quindi facilmente distinguibile dalle altre congeneri. Siccome esistono altre 9 specie di Euphorbia che hanno questo medesimo portamento e sono tutte endemiche delle Isole della Macaronesia; questo farebbe supporre che anche la E. dendroides abbia avuto origine in questi arcipelaghi.
Per quanto riguarda la sua salvaguardia non esistono note di protezione, anzi a volte è considerata infestante, ma è comunque inserita in parecchi siti di salvaguardia della biodiversità.
Per quanto riguarda i suoi principi attivi e le sue proprietà, nei semi di questa pianta troviamo tocoferolo, acidi grassi (in particolare acido linoleico), steroli. Inoltre sono presenti saponine, euforbone, cera vegetale (cera candelilla), di- e tri-terpeni, resine.
Non si conoscono usi cosmetici per questa specie, che contiene un latice irritante. Sulle mucose, soprattutto quelle degli occhi, minuscole gocce possono provocare irritazioni dolorose e persistenti; talvolta l’irritazione si può verificare per semplice nebulizzazione nell’aria del latice stesso, ad esempio, quando si taglia la pianta.
La specie è comunque oggetto di ricerca per l’attività antiossidante del tocoferolo, in essa presente.
Il latice secreto dalla pianta è tanto urticante che può venire utilizzato, al pari del latice del Ficus carica, per bruciare i porri e le verruche.
I semi e la polvere delle radici hanno proprietà purgative ed emetico-catartiche. Per uso esterno sono rubefacienti (provocano arrossamento della pelle), revulsive ed urticanti, proprietà che un tempo venivano utilizzate per curare i dolori reumatici.
Nella medicina popolare di un lontano passato pare che il latice, molto diluito, venisse usato, per via interna, come energico purgante e, a diluizioni ancora maggiori, come emetico.
Proprio per le caratteristiche e proprietà del lattice, l’Euphorbia dendroides è annoverata tra le piante ittiotossiche.
Un tempo questa specie veniva utilizzata per la pesca di frodo d’acqua dolce.
Era impiegata, inoltre, era anche impiegata per la depurazione di vasche ed abbeveratoi dalle sanguisughe e dagli insetti acquatici infestanti. Successivamente al trattamento, per un certo periodo, l’acqua non poteva venire utilizzata per abbeverare gli animali, dato che questi la rifiutavano.
Si ha notizia che certi popoli orientali la usassero contro il morso dei serpenti.
Da molte popolazioni africane, il latice era considerato una specie di siero della verità: inoculato nelle pupille dei presunti colpevoli, se questi fossero rimasti anche temporaneamente accecati, come accadeva puntualmente, i malcapitati venivano considerati responsabili dei delitti ad essi attribuiti.
Infine una nota di ecologia di questa pianta. In caso di incendi la parte aerea delle piante viene completamente distrutta, a causa dell’alta combustibilità del legno. Dopo il passaggio del fuoco, tuttavia, l’Euphorbia dendroides tende ad espandersi notevolmente grazie sia alla ricostituzione della chioma, preferibilmente di individui giovani, sia alla propagazione per seme. Il fuoco dunque sembra favorire la propagazione di questa specie, tanto che un lungo periodo senza incendi può ridurne la presenza nella vegetazione di un territorio, in quanto le giovani piante hanno notevoli difficoltà di sopravvivenza con la progressiva chiusura delle chiome della vegetazione circostante.

Modalità di Preparazione –
Non ha usi alimentari in quanto tutta la pianta è tossica.

Guido Bissanti

Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.




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