Erica arborea
Erica arborea
L’Erica arborea, o radica o scopa da bosco (Erica arborea L., 1753) è un arbusto sempreverde, appartenente alla famiglia delle Ericaceae.
Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Ordine Ericales, Famiglia Ericaceae e quindi al Genere Erica ed alla Specie E. arborea.
Etimologia –
Il termine Erica proviene dal greco ἐρείκω ereíko tritare, sbriciolare: per l’habitat di sfasciumi. L’epiteto specifico arborea viene da árbor albero: con portamento arboreo.
Distribuzione Geografica ed Habitat –
L’ Erica arborea è una pianta distribuita nell’Africa settentrionale e centro-orientale, nell’Europa meridionale, e nelle Canarie. In Italia ha una distribuzione peninsulare con popolazioni presenti anche oltre lo spartiacque appenninico; inoltre è presente anche nelle isole dove costituisce un elemento tipico della macchia mediterranea, soprattutto degli habitat delle regioni costiere italiane ed in ambienti con suolo siliceo e/o acido. Inoltre è una pianta a crescita lenta che predilige le esposizioni soleggiate.
Descrizione –
L’Erica arborea si riconosce in quanto è un arbusto sempreverde, a portamento quasi sempre eretto, alto fino a 4 metri, con corteccia bruno-rossastra e rami giovani dall’aspetto piumoso.
Le foglie sono aghiformi di colore verde-scuro di 3-5 mm con margine dentellato, molto resistenti al freddo invernale.
I fiori sono campanulati di 2-4 mm, di colore bianco-crema e riuniti in ricche infiorescenze terminali.
I frutti sono costituiti da capsule contenenti numerosi piccoli semi.
L’antesi è nel periodo tra marzo e maggio.
Coltivazione –
Questa pianta arbustiva perenne, si adatta molto bene alla coltivazione nei climi mediterranei, dove non richiede cure eccessive.
Bisogna avere cura, comunque, di metterla dimora in un terreno acido, adeguatamente lavorato, così da renderlo sufficientemente soffice, collocandola in zone ben arieggiate. Per la coltivazione in vaso, può essere utile preparare un substrato in cui ci siano delle foglie secche, un po’ di sabbia e di torba. La qualità del terreno è fondamentale per la sua crescita e sopporta bene le temperature invernali, se queste non scendono al di sotto dei 7 gradi. L’equilibrio idrico le viene garantito da innaffiature costanti e verificarsi ogni quindici giorni ma non devono essere eccessivamente abbondanti. Per una crescita ottimale è necessario che le acque di irrigazione siano priva di calcare.
Usi e Tradizioni –
Un tipico uso della radica sono le ramificazioni di eriche legate in fascina che vengono utilizzate per fare scope, motivo per cui questa pianta veniva chiamata scopiglia; inoltre un tempo, queste ramificazioni, potevano costituire le coperture e le pareti di abitazioni povere e capanni.
Il legno rossiccio di erica arborea è duro e pregiato, ed è il materiale più utilizzato nella costruzione dei fornelli da pipa. La parte utilizzata per ottenere la pipa è quella nodosa della base, in angolo, il cosiddetto “ciocco”.
Per questo scopo l’arbusto di Erica arborea deve avere almeno 50 anni perché il ceppo raggiunga il volume minimo necessario. L’assorbimento massiccio del silicio dal terreno, rende il ceppo ignifugo. I “ciocchi” forniscono un legno durissimo, inalterabile, leggero ed estremamente resistente al calore, che fa della radica di Erica un materiale adatto alla costruzione di pipe. Un operaio può estrarre e ripulire fino a 150 kg di ciocco al giorno.
La lavorazione dei ciocchi è lunga e laboriosa: dopo l’estrazione procedendo con due strumenti: uno, detto “maniscure”, con il quale si liberano le radici e l’altro, detto “pennato”, con cui si ripulisce il ciocco liberandolo dalle parti guaste e dandogli una forma tondeggiate.
Effettuata questa prima lavorazione per impedire che i ciocchi si fessurino profondamente, vengono messi sotto uno strato umido di terra; vengono poi tagliati in “abbozzi”, quindi bolliti in pentoloni di rame per eliminare il tannino che potrebbe creare delle crepe durante l’essicazione, e per dare al legno un colore più carico, in seguito messi ad asciugare e stagionare in luoghi a temperatura ed umidità costanti anche per diversi anni. La particolarità della materia prima, il tipo di lavorazione, artigianale, rendono le pipe tutte differenti fra loro. Vi sono inoltre pezzi unici da collezione, ricavati da placche di radica perfette e con caratteristiche estetiche particolari, che presentano venature armoniose, fiammature, occhi di pernice, disegni eccezionali, per cui ogni pezzo acquista la sua unicità.
Si riporta integralmente un passo di un vecchio manuale di scienze naturali degli anni venti: ”L’estrazione del ciocco avviene subito dopo il taglio del ceduo; gli operai addetti procedono con due strumenti: uno, detto maniscure, con il quale estraggono il ciocco e lo liberano dalle tenaci radici e l’altro, il pennato, con cui lo ripuliscono e lo liberano dalle parti guaste per dargli la forma rotondeggiante adeguata. Un operaio di comune capacità può estrarre e ripulire fino a 150 kg di “ciocco” al giorno. Dopo una prima lavorazione viene tenuto sotto uno strato umido di terra per prevenire screpolature e profonde.
La produzione varia moltissimo; negli ericeti della Maremma, con rotazione di 40-50 anni, si ottiene una quantità di prodotto grezzo per ettaro che oscilla dai 500 ai 1.500 kg. I “ciocchi” migliori si ottengono da piante con vegetazione aerea stentata e che crescono sui versanti esposi a sud.
In fabbrica i “ciocchi” vengono conservati in ammassi sotto tettoie; la resa di lavorazione è del 25-30% e da una tonnellata di “ciocchi” di media qualità, si ottengono circa 4.000 abbozzi aventi le seguenti dimensioni: spessore 2,8 cm, altezza 3,2 cm, lunghezza 5,5 cm.. Se il prodotto grezzo è di buona qualità e le maestranze sono qualificate si possono ottenere anche 5.000 abbozzi per tonnellata. Vengono posti in commercio 25 tipi diversi di abbozzi, corrispondenti alle diverse dimensioni delle pipe.
Dopo la preparazione gli abbozzi vengono fatti bollire per 12 ore per dare al legno una tinta più carica ed uniforme e per eliminare parte dei tannini.”
Oggigiorno la raccolta è regolata da leggi, permessi e autorizzazioni, mentre la fase di lavorazione è pressoché invariata. Colpisce, invece, la dimensione e le misure degli abbozzi descritti: sicuramente all’epoca le pipe erano più piccole di quelle odierne.
La parte inferiore della ceppa, invece, era “cotto” (combustione interrotta) nella carbonaia nel bosco, per ottenere un carbone in grado di sviluppare molto calore. Il carbone da legno d’erica era richiesto nelle officine dei fabbri per la forgiatura del ferro.
Un tempo per ottenere i bozzoli per la filatura della seta, i bachi erano posti, spesso, su rami di erica.
I fiori hanno interesse officinale e la pianta è medicinale. L’infuso delle sommità fiorite è ritenuto diuretico, disinfettante ed antireumatico; anticamente si credeva che avesse la virtù di guarire i morsi delle vipere.
Inoltre hanno azione antisettica per la presenza di arbutina; come tali si usano nei casi di cistiti, specie quelle prostatiche.
Viene spesso associato per lo scopo anche a Malva Purpurea, Fumaria e Menta, e sono da preferire ad altri preparati, quali l’Uva orsina, specie nelle cure di lunga durata, in quanto non tossici.
I fiori hanno anche uso apistico: sono bottinati dalle api, se ne ottiene un ottimo miele monoflorale, è una buona pianta mellifera, per il periodo di fioritura ha più umidità rispetto ad altri. Il miele è amarognolo, ma molto apprezzato nonostante sia duro e richieda una difficile lavorazione resa ancora più difficoltosa dal fatto che la sua fioritura precoce e si ha già verso maggio.
Modalità di Preparazione –
Con i fiori di Erica arborea si possono preparare delle tisane. Si può preparare una tisana per la cistite cronica che si ottiene distribuendo un cucchiaio colmo di fiori di erica in un litro di acqua in decotto per 15 minuti. Va consumata a tazze nella giornata, lontano dai pasti.
È opinione diffusa che si possa curare anche il raffreddore con una unica tazza di tisana molto calda prima di coricarsi, addolcita con tanto miele e con un 50% di cognac. Se il raffreddore non passa, per lo meno questa tisana può riscaldarci nei periodi invernali.
Guido Bissanti
Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.
Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.