Quanti pesticidi mangiamo senza saperlo
Quanti pesticidi mangiamo senza saperlo
In un’epoca in cui la salvaguardia della natura e del Pianeta, pur con tutte le sue difficoltà e contraddizioni, sono all’ordine del giorno, la questione della salubrità dell’alimentazione e, quindi, della salute umana è più ignorata e sconosciuta di quanto si creda, spesso e purtroppo anche in addetti ai lavori: Agronomi, Medici, Dietologici, ecc.
A dispetto di tante parole e tanti tentativi ogni qualvolta si scava al fondo sul problema emergono dati ancor più preoccupanti di quanto si possa pensare.
Ci riferiamo ad una ricerca effettuata da Legambiente, non molto tempo or sono, che rivela una situazione di salubrità di molti alimenti a dir poco allarmante.
Secondo questa ricerca anche se, secondo i parametri, solo l’1,3% dei campioni esaminati sia fuorilegge, il 34% di prodotti ortofrutticoli “regolari” è contaminato da uno o più fungicidi o pesticidi. Con punte, in alcune partite di peperoni che hanno raggiunto la presenza di 25 principi attivi.
Questa ricerca si è avvalsa di dati, su quasi 10.000 campioi, proventi da laboratori italiani pubblici accreditati per il controllo dei residui di prodotti fitosanitari negli alimenti.
La cosa drammatica (perché con la salute umana non si può usare un altro termine) è che anche se l’Italia ha adottato un Piano d’Azione Nazionale per ridurre il rischio associato ai pesticidi, questo strumento, ma lo si sa da tempo negli ambienti dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali, consente ugualmente che ogni giorno sulle nostre tavole arrivino prodotti agroalimentari di qualunque tipo con contaminazioni, spesso anche consistenti e gravi, di più residui dei trattamenti a cui vengono posti in campo, in serra o nel settore zootecnico, i prodotti di cui ci nutriamo e di cui si nutrono soprattutto le fasce più deboli, come i bambini e gli anziani, o meno abbienti che non possono permettersi di acquistare prodotti biologici; quindi oltre al danno la beffa.
Dai dati emerge poi che la presenza di più prodotti contemporaneamente sugli alimenti (multi residuo) è più frequente degli alimenti che sono contaminati con un solo prodotto (18 contro 15 %). Quindi a fronte di un 61% di campioni analizzati regolari e privi di residui di pesticidi, dall’altra a destare preoccupazione non sono i campioni fuorilegge, che rappresentano poco più dell’1% ma il 34%, per legge ritenuti regolari, ma al cui interno sono stati trovati uno o più residui di pesticidi.
Nei mesi trascorsi, insieme ad una rappresentanza di parlamentari e senatori ci siamo recati presso il Ministero della Sanità chiedendo che lo Stato Italiano, provvedesse, con una apposita norma, ad evitare questa oramai devastante situazione, sia per la salute umana che per l’ecosistema che, ogni giorno, perde pezzi a causa di un inquinamento sempre più spinto.
Infatti il vero problema è il cosiddetto “multi residuo”, che la legislazione europea non considera come non conforme se ogni singolo livello di residuo non supera il limite massimo consentito, benché sia noto da anni che le interazioni di più e diversi principi attivi tra loro possano provocare effetti additivi o addirittura sinergici a scapito dell’organismo umano.
Per questo motivo abbiamo chiesto:
– che lo Stato italiano, emani una norma che, a tutela dei consumatori e degli equilibri ecologici, ponga dei limiti molto stringenti sulla presenza dei principi attivi di pesticidi e del cosiddetto “multiresiduo”;
– che, oltre ai controlli effettuati dal Ministero, con i suoi organi periferici, soprattutto le grandi partite di prodotti agroalimentari viaggino o arrivino in Italia con un certificato di idoneità dei singoli principi attivi e multi residuale.
Questo anche perché, confrontando i campioni esteri e quelli italiani, quelli con più irregolarità e residui sono stati quelli esteri, con il 3,9% rispetto allo 0,5% di quelli nazionali. Il 33% presenta almeno un residuo contro il 28% dei prodotti italiani. Nei campioni di provenienza estera è la frutta la categoria in cui si osserva la percentuale più alta di residui: il 61% di tali campioni di frutta presenta almeno un residuo. Tra gli ortaggi, il 51% dei pomodori e il 70% dei peperoni esteri contengono almeno un residuo.
Senza qui entrare in polemiche, che non costruiscono nulla, stiamo aspettando che il Ministero si pronunci in tal senso.
Ritornando ai dati emersi, durante questo dossier, la frutta è la categoria alimentare in cui sono stati trovati più tracce di pesticidi contemporaneamente. Secondo le analisi, solo il 36% dei campioni esaminati è risultato privo di residui. L’1,7% è irregolare e oltre il 60%, nonostante sia considerato regolare, presenta uno o più di un residuo chimico.
Tra i prodotti più contaminati troviamo:
– le pere (64%);
– l’uva da tavola (61%);
– le pesche (57%);
– le fragole (54% di campioni regolari con multiresiduo e un 3% di irregolarità).
Inoltre, alcuni campioni di fragole, anche di provenienza italiana, presentavano fino a 9 residui contemporaneamente. Situazione simile anche per l’uva da tavola, che è risultata avere fino a 6 residui.
A questi dati si aggiunga che i campioni di papaya sono risultati tutti irregolari per il superamento del limite massimo consentito del fungicida carbendazim; il che pone una questione, che abbiamo già posto al Ministero e cioè quella dell’arrivo, tramite Paesi esteri di principi Attivi non più consentiti o consentiti entro certi limiti in Italia.
Preoccupante anche il caso degli ortaggi, non solo per i numeri che adesso vedremo ma anche qui per una ulteriore questione etica: chi decide di mangiare vegano, per una questione etica, di fatto contribuisce, indirettamente, ad aggravare il problema.
I dati dicono che, da una parte, il 64% dei campioni non presentava alcun residuo. Dall’altra, sono state trovate significative percentuali di irregolarità in alcuni prodotti, come l’8% di peperoni, il 5% degli ortaggi da fusto e oltre il 2% dei legumi, rispetto alla media degli irregolari per gli ortaggi (1,8%). Inoltre nella maggioranza dei casi di irregolarità, si è dovuto riscontare il superamento dei limiti massimi di residuo consentiti per i fungicidi, tra cui il più ricorrente è il boscalid.
Di questi prodotti alcuni presentavano, come al solito la presenza contemporanea di più pesticidi.
Anche i prodotti di origine animale non ne escono bene: 11 campioni di uova italiane (il 5% del totale campionato) risultano contaminate addirittura da un insetticida fipronil conosciuto anche come fluocianobenpirazolo.
Sul fronte dei pesticidi più riscontrati si ha nell’ordine decrescente:boscalid, chlorpyrifos e fludioxonil, seguono poi metalaxil e captan (fungicidi) ed in sesta posizione troviamo l’imidacloprid, che è un insetticida neonicotinoide che è stato vietato nel 2019 per la tutela degli insetti pronubi.
Buone le notizie invece nel campo dei prodotti biologici analizzati, cosa che al momento tiene lontani i dubbi sulla validità di queste certificazioni e dei sistemi di certificazione. Infatti i 134 campioni analizzati risultano regolari e senza residui. Unica eccezione un campione di pere, di cui non si conosce l’origine, che risulta irregolare per la presenza di fluopicolide (ma le pecore nere ci saranno sempre e agli Organismi dello Stato preposti l’onere di trovare le truffe).
Tutto questo porta ad alcune considerazioni e conclusioni:
– sia a livello europeo che a livello nazionale bisogna cambiare completamente i sistemi di produzione e di certificazione, e di controllo, della qualità dei prodotti agroalimentari;
– il PAN (Piano d’Azione Nazionale) che è lo strumento per ridurre il rischio associato ai pesticidi è divenuto, così come è concepito, solo un ulteriore strumento burocratico di appesantimento per aziende agricole e tecnici ma non un reale sistema di salvaguardia della sicurezza alimentare.
Per questo motivo serve una radicale revisione olistica e multidimensionale dell’intera questione agroalimentare nazionale (ed ovviamente mondiale) prima che la questione agroalimentare ed ecologica ci esploda in mano (l’innesco è già purtroppo attivato) con conseguenze sulla stabilità politica dell’intero Pianeta di inimmaginabili proporzioni.
Guido Bissanti