Monsone
Monsone
Il monsone è un vento periodico e ciclico, caldo, caratteristico dell’Oceano Indiano, che incide profondamente sul clima del subcontinente indiano dell’Indocina e dell’Estremo Oriente.
Il termine monsone proviene dall’arabo mawsim che significa “stagione”, a rimarcare il suo andamento stagionale.
Il cambiamento di direzione del vento, che avviene in maggio e in ottobre, porta con se cicloni tropicali molto violenti, i cosiddetti tifoni, che hanno spesso effetti devastanti sulle coste dell’Oceano Indiano.
Durante l’estate, i monsoni provocano un clima umido e tropicale, con piogge intense e prolungate mentre, nella stagione invernale, mantengono un tempo asciutto e soleggiato. A provocare questi venti è la differenza di temperature tra le massa d’aria di origine continentale e quelle di origine oceanica: un fenomeno di particolare rilievo in tutto il sud est dell’Asia, dal Banghadesh all’India e, sia pure con minore intensità, nel nord dell’Australia e in alcune zone dell’Africa e dell’America Latina.
Il clima caratterizzato dal ciclo monsonico è caratterizzato da una temperatura e da una situazione tipicamente tropicali, caratteristico dell’Oceano Indiano, che si verifica due volte l’anno. I monsoni soffiano, come detto, all’inizio dell’inverno e per tutta l’estate, provocando una temperatura che non scende mai sotto i 18 – 20 gradi, scarse escursioni termiche durante l’anno e durante il giorno, e una forte umidità estiva, con piogge violente e persistenti.
I monsoni estivi soffiano da giugno fino ad autunno inoltrato e, arrivando dall’Oceano Indiano, si scontrano con le correnti fredde di origine himalayana, inondando di pioggia tutta la pianura del Gange, la regione dell’Assam e il golfo del Bengala.
L’India costituisce il luogo più soggetto alle influenze del clima monsonico, tuttavia un fenomeno simile, con piogge e venti stagionali, si verifica anche nelle aree centrali dell’Africa e in alcune regioni dell’Australia e del Sudamerica, con il conseguente sviluppo di una vegetazione tipica delle aree tropicali.
Attualmente si tende a ricondurre i monsoni alle grandi strutture zonali della circolazione atmosferica: la cella di Hadley e la cella di Ferrel. Il monsone invernale sarebbe quindi una normale corrente degli alisei che spira da nord-est a sud-ovest quando i cicloni equatoriali e la fascia dei venti occidentali si spostano verso sud oltre l’equatore, mentre il monsone estivo sarebbe dovuto all’accentuato spostamento a nord della zona di convergenza intertropicale e al penetrare quindi nell’emisfero settentrionale delle strutture bariche e delle circolazioni proprie dell’emisfero meridionale.
La circolazione al suolo dei monsoni è stata anche messa in relazione con la circolazione in quota, in particolare con le correnti a getto e con i fenomeni di convergenza e divergenza che influiscono sulle situazioni bariche al suolo.
Gli oceani si raffreddano meno dei continenti e diventano zone di bassa pressione verso le quali spirano i monsoni invernali, provenienti dalla terra e quindi portatori di aria secca. Il monsone invernale, che spira da dicembre a febbraio-marzo, contribuisce a rendere il clima mite e gradevole.
Durante l’inverno, l’enorme massa continentale dell’Asia si raffredda, mentre l’Oceano Indiano e l’Oceano Pacifico meridionale, mari equatoriali, mantengono le loro acque piuttosto calde: sulla massa continentale si forma un’enorme zona di alta pressione, sul mare una zona di bassa pressione. Perciò le masse d’aria si spostano dalla terra verso il mare, e quindi in inverno venti secchi e abbastanza freddi spirano dall’interno dell’Asia verso l’Oceano Indiano.
In estate si ha una inversione del fenomeno: l’insolazione riscalda il continente molto più dell’oceano, per cui la distribuzione della pressione si inverte: bassa sul continente ed alta sull’oceano. Di conseguenza si inverte anche la direzione dominante dei venti, che ora spirano dal mare verso terra. La risalita dell’aria marittima, umida, lungo i rilievi, ne provoca il raffreddamento con conseguente condensazione del vapore ed intensissime precipitazioni. Le zone monsoniche, nonostante la siccità invernale, nell’arco dell’anno sono le più piovose del pianeta.
L’influenza dei monsoni non è solo nei riguardi del clima ma, ovviamente, anche nei confronti della vegetazione. I prodotti della zona monsonica sono perciò quelli che si adattano bene ad un clima umido: piante da cui si estrae il caucciù, il teck, l’ebano, per non parlare del riso, del tè della canna da zucchero e del cotone.
Ricordiamo che il monsone è un vento presente su altre zone della Terra: il Golfo di Guinea, il Golfo del Messico, le coste del Venezuela, l’Australia, la Somalia, e, in Europa, la Penisola Iberica e anche alcune zone della Russia settentrionale, sono tutte aree soggette a clima monsonico.
Guido Bissanti