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Proprietà ed usi del Ginepro sabina

Proprietà ed usi del Ginepro sabina

Il Ginepro sabina o semplicemente Sabina (Juniperus sabina L., 1753) è una specie arborea della famiglia delle Cupressacee, originaria dell’Europa, dell’Asia e dell’America settentrionale, si trova in Italia sulle Alpi e negli Appennini dai 1000 m fino ai 3000 m. questa pianta contiene olio essenziale con sabinolo, sabinene, cardinene, pinene, citronellolo, furfurolo, alcol metilico, un glucosile, la pinipricrina, una resina, un tannino, acido gallico.
In questa scheda vedremo proprietà ed usi del Ginepro sabina con le indicazioni e controindicazioni del suo utilizzo.
Diciamo subito che tutta la pianta è velenosa anche con esito mortale. In passato veniva utilizzata in fitoterapia, per le sue proprietà emmenagoghe, abortive e irritanti, queste ultime sfruttate per patologie cutanee. Il facile sovradossaggio porta a metroragie, nefriti emorragiche, violenta irritazione del tubo digerente, con bruciore della bocca e della gola, vomito, diarrea, dolori addominali, che possono aggravarsi con la perforazione intestinale ed, inoltre, congestione degli organi encefalici, emorragie retiniche, stasi, crampi, e poi paralisi. Oggi viene utilizzata invece come pianta ornamentale nei parchi e nei giardini.
La Sabina era già nota come pianta medicinale, nell’età greco-romana e di essa era nota anche la tossicità.

Già Dioscoride e Plinio conoscevano la sua azione emmenagoga ed abortiva ed era da essi consigliata nella terapia delle infiammazioni, delle ulcere ed anche del carbonchio. Successivamente, nel Medioevo, Carlo Magno contribuì a diffonderne l’uso comprendendola fra le droghe inscritte nel suo «Capitulare», di cui era resa obbligatoria la coltivazione.
Anche attualmente, nella medicina popolare di alcune paesi, specialmente del Nord-Europa, la Sabina viene purtroppo usata criminosamente a scopo abortivo, nonostante le conseguenze gravi e spesso letali cui può dar luogo.
La sua azione fortemente irritante sulla cute e sulle mucose del tubo gastroenterico e dell’emuntorio renale, rende l’uso incauto di questa droga particolarmente pericoloso, tanto che il suo impiego in medicina umana è oggi completamente abbandonato.
Anche il suo uso in medicina veterinaria, per via interna, è oggi molto limitato, mentre trova ancora alcune indicazioni per uso esterno, sotto forma di polvere, come irritante locale, nelle ulcere atoniche, nell’alopecia seborroica, nei condilomi, nelle infiammazioni sinoviali, nelle idropi delle guaine tendinee o della capsula articolare metatarso o metacarpo-falangea (mollette), ecc.
Internamente, a piccole dosi, sola od associata ad altre droghe, può essere impiegata, sempre in medicina veterinaria, per eccitare l’appetito e la ruminazione, per favorire la digestione, la diuresi ed anche per ottenere un’azione afrodisiaca o ecbolica.
Ove vengano usati con le dovute cautele, i preparati di Sabina si sono dimostrati praticamente utili per favorire il secondamento, specialmente nei grandi animali, iniettandola sotto forma di infuso o di estratto fluido diluito, direttamente nella cavità dell’utero.
L’azione della Sabina è dovuta principalmente al suo olio essenziale, ma è difficile dire quale dei suoi componenti ne sia il maggior responsabile.

L’attività più caratteristica dei preparati di Sabina e del suo olio essenziale, è certo quella di provocare le contrazioni dell’utero, azione che fu però poco studiata.
L’intossicazione che consegue invece alla somministrazione di preparati di Sabina a dosi elevate, si manifesta con gastroenterite più o meno grave, diarrea, vomito, coliche, poliuria; se la dose è molto elevata, oltre l’intensificarsi della suddetta sintomatologia, si osserva eccitazione dei centri nervosi, ipotermia, bradicardia, indebolimento dell’attività cardiaca, stupore, fino al coma e morte.




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