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Come coltivare il farro in maniera biologica

Come coltivare il farro in maniera biologica

Con il termine farro (dal latino far), si intendono tre differenti specie del genere Triticum, e cioè:
– farro piccolo o farro monococco (Triticum monococcum);
– farro medio o farro dicocco o semplicemente farro (Triticum dicoccum);
– farro grande o farro spelta o semplicemente spelta (Triticum spelta).
Questo antenato del frumento è stato utilizzato e coltivato dall’uomo come nutrimento fin dal periodo neolitico. Il farro rappresenta il più antico tipo di frumento coltivato.
In questa scheda vedremo come coltivare il farro in maniera biologica considerando che la tecnica colturale del farro è molto simile a quella del grano.
Per le caratteristiche morfologiche e fisiologiche del farro i principali problemi connessi alla sua coltivazione si possono avere in pianura, soprattutto nei terreni fertili, dove le migliori condizioni climatiche e le maggiori disponibilità nutrizionali possono determinare un’eccessiva altezza della pianta, la fragilità della spiga, che possono condizionare sia le operazioni di raccolta che di brillatura.

In genere in questi casi si ha una perdita di qualità dei prodotti (minore resistenza alla cottura). Per questo motivo è bene scegliere delle aree più marginali, con terreni più poveri, dove la coltivazione del frumento è più sconveniente. Il farro va poi inserito in rotazione in successione a specie leguminose proprio per utilizzare la fertilità residua lasciata da queste coltivazione. Un’altra soluzione percorribile, essendo il farro una pianta molto rustica, è quello di farle succedere un altro cereale anche in terreni fertili ed in presenza di rotazioni più ampie. L’utilità del farro in queste rotazioni è legata al fatto che, essendo una specie con esigenze nutrizionali molto inferiori a quelle degli altri cereali, può soddisfare completamente il suo fabbisogno nutrizionale con la fertilità residua delle precedenti coltivazioni soprattutto in presenza di rotazioni con presenza di una buona densità di coltivazione con leguminose.
Per quanto riguarda le lavorazioni del terreno bisogna operare con la tradizionale preparazione del letto di semina tramite un’aratura e le successive operazioni di affinamento. Vista l’elevata rusticità del farro è possibile preparare letti di semina grossolani, sostituendo anche l’aratura con lavorazioni ridotte, come la fresatura e l’erpicatura, soprattutto con la precessione di colture che rinnovano le caratteristiche dei terreni. Questo ovviamente abbasserà i costi di produzione.
Il periodo di semina è identico a quella del grano, o anche leggermente posticipata; quindi inizia a fine novembre e fino a tutto dicembre anche in funzione della latitudine dove vi trovate e dell’andamento stagionale. Si può seminare sia a spaglio a file, anche in considerazione dell’attrezzatura cui si è in possesso con densità di semina che può oscillare da un quintale a 1,2 quintali per ettaro. Semine più dense sono opportune dove il controllo delle infestanti è più complesso. Infatti il farro, avendo una crescita iniziale piuttosto rapida, ed elevata capacità competitiva nei confronti delle infestanti (anche per la sua taglia più elevata che lo avvantaggia), si può seminare leggermente più fitto ma soprattutto anche anticipatamente per permettere alla coltura di coprire velocemente la superficie. Per questo motivo la coltivazione del farro ricopre caratteristiche di maggiore salubrità del farro, in quanto non necessita di trattamenti chimici anti-infestanti e, quindi più facilmente coltivabile in biologico. Per la raccolta del farro si consideri che questo ha un ciclo vegetativo leggermente più lungo del frumento per cui la trebbiatura va effettuata mediamente sino alla metà di luglio. Si ricorda che la trebbiatrice deve essere regolata per ridurre al minimo le perdite per rottura e sgranatura delle spighe, che sono più fragili di quelle del frumento.




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